"Oggigiorno il gioco è farsi conoscere, non cucinare e guadagnare."
L’opinione
L'acclamato giornalista gastronomico Ignacio Medina, ex direttore di 7 Caníbales, lancia un monito severo sullo stato attuale del settore in America Latina e Spagna. Forte dei suoi 43 anni di esperienza, Medina sostiene che nell'alta ristorazione contemporanea sia "più importante farsi vedere che cucinare e fare affari redditizi." Ritiratosi dal "fronte" del giornalismo attivo per dedicarsi a curare libri e alla consulenza, Medina non rinuncia a una critica schietta sulle derive del mondo culinario, focalizzandosi in particolare sull'eccessiva influenza delle agenzie di comunicazione e sul declino della creatività autentica a favore di un lusso ostentato. Secondo Medina, la scena gastronomica, specialmente in America Latina, è dominata dalle "mamme star", ovvero le grandi agenzie di comunicazione che "dettano le regole" ai ristoratori. Il loro obiettivo non è promuovere l'eccellenza culinaria, ma la visibilità a tutti i costi. "Oggigiorno il gioco è farsi conoscere, non cucinare e guadagnare," afferma Medina. Il giornalista rivela che ci sono ristoranti che "spendono 300.000 dollari all'anno in promozione" e che, per ambire alla lista, è necessario "ingaggiare i loro servizi."

Questo sistema, a suo dire, altera la percezione della qualità. Se la partecipazione a una lista "rappresenta un ulteriore 30% di clienti all'anno," ci si deve chiedere se il successo sia dovuto alla qualità della cucina o alla proiezione mediatica. Medina è categorico nell'affermare che "Il destino dell'informazione gastronomica (non chiamatela giornalismo) è nelle loro mani." Per Medina, figure come Gastón Acurio hanno fatto molto di più per la diffusione delle cucine latinoamericane rispetto a qualsiasi lista. Medina non risparmia critiche nemmeno agli chef e alla direzione intrapresa dall'alta cucina. Parla di una "controrivoluzione culinaria globale" dove pochissimi sono gli chef interessati alla creatività. La cucina è diventata uno strumento per generare molti guadagni, portando a ristoranti costosi con poca attenzione dietro le quinte.

L'ossessione per ingredienti di lusso, come caviale, frutti di mare e tartufi, spesso non è giustificata né contribuisce all'armonia del piatto. "L'unica emozione che interessa allo chef è attirare l'attenzione," mentre "L'unica emozione che interessa al cliente è sentirsi privilegiato." Questa dinamica ha trasformato l'esperienza gastronomica nell'"emozione del potere attraverso la cucina, perché i prezzi stanno diventando sempre più accessibili a meno persone." Medina affronta anche il tema del servizio e della crescente tendenza alla "narrazione" eccessiva dei piatti. Quando i camerieri si trasformano in attori che devono spiegare dieci o dodici ingredienti sconosciuti in un singolo boccone, la narrazione "è andata oltre ed è diventata insopportabile." L'equilibrio per Medina risiede nella sostanza: vuole sapere del prodotto, della stagione e della lavorazione, ma se ogni volta si dovesse sedere e farsi spiegare la storia delle 3.000 varietà di tuberi, "mi sparerei. Preferirei non andare a mangiare fuori."