Per Carnero, il menù degustazione ha creato una "gabbia" di regole, orari, e un'imposizione che ha finito per allontanare una parte della clientela, compresi i suoi fedelissimi.
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C'è aria di cambiamento radicale nell'alta cucina di Malaga. Lo chef Dani Carnero, mente creativa dietro insegne acclamate come La Cosmopolita e La Cosmo, ha acceso un faro di dibattito nel panorama gastronomico spagnolo con una decisione audace per il suo ristorante stellato, Kaleja: l'integrazione di un menù à la carte rielaborato, in risposta a quella che definisce una "richiesta a gran voce" dei suoi clienti. La mossa segna una presa di posizione contro il dominio del menù degustazione e in favore di una cucina più autentica e immediata. La decisione di Carnero è particolarmente significativa poiché Kaleya detiene una stella Michelin, con standard spesso associati al format-degustazione. Lo chef è consapevole del rischio, ma non si fa intimidire. "La Michelin è la migliore. La Michelin riempie il ristorante, ma non deve diventare un vincolo," afferma in una recente intervista a 7Canibales.
Carnero sfida la percezione che una stella imponga delle restrizioni, sottolineando come spesso siano gli chef stessi a auto-imporsele. "Abbiamo paura di fare qualsiasi mossa, anche se penso che questa mi darà ragione, ne sono quasi convinto." Il ritorno a un menù più dinamico e meno "pianificato" gli permette di riabbracciare i suoi piatti iconici, come il famoso calamaro mutton kru e i peperoni arrostiti, che erano stati messi da parte. "Se chi viene da Kaleja chiede la tortilla di granchio ragno, perché non posso servirgliela? Dov'è specificato?" si chiede, con un'aria di sfida. "Se sei un bravo cuoco, sei bravo ovunque, giusto?" A partire da questo autunno, Kaleja non sarà più ancorato esclusivamente al rigido percorso di degustazione. Carnero ha introdotto un'opzione flessibile "3+1" o "4+1" (antipasto, tre o quattro portate principali a scelta, piatto principale e dessert a €85), mandando in pensione il menù degustazione corto e snellendo quello lungo da 19 a 12 portate.
Carnero non usa mezzi termini nel definire la motivazione del suo ripensamento. "Non possiamo più negarlo: il pubblico lo chiede a gran voce. Vuole più libertà," Per lui, il menù degustazione aveva creato una "gabbia" di regole e un'imposizione che ha finito per allontanare una parte della clientela, compresi i suoi fedelissimi. Le ragioni sono anche altre: "Abbiamo imposto veti sugli orari, sui vestiti, sull'uscire a fumare o andare in bagno durante il pasto". Troppo, a suo avviso."Torno alle origini, ad ascoltare la gente," spiega, citando l'esempio di un amico che non veniva a Kaleja perché "non se lo poteva permettere" ma che poi spendeva cifre maggiori mangiando in piedi altrove. "Quindi non è una questione economica. È libertà! Ce lo stanno dicendo davvero."
Oltre alla libertà, c'è anche una ragione pratica e filosofica. Carnero avverte una stanchezza generale per la cultura dello star chef. "La gente si è stancata di così tanti nomi? È stanco di noi. È sempre la stessa cosa," dichiara. "Ci è stata data quest'aura enorme, così tanto Masterchef e così tanta storia, così tanto egocentrismo." Per Carnero, l'obiettivo non è più la "creazione" forzata, ma l'autenticità e la freschezza. "Mi interessa più capire che creare," confessa. La speranza è che i "Pepes," i clienti locali, tornino a sentirsi a casa, liberi dalle aspettative. L'articolo 2 del nuovo manifesto di Kaleja, quindi, sembra essere un ritorno al piacere semplice e diretto della buona tavola. "Non mi interessa pensare mentre mangio. Ci sono altre cose nella mia vita a cui pensare. Quando mangio, mangio." La sfida è lanciata: il nuovo Kaleja riuscirà a mantenere la sua stella scommettendo sulla libertà del cliente e l'autenticità dello chef?
