Nel mondo della ristorazione, spesso dominato da gerarchie rigide e figure carismatiche che accentuano la centralità dello chef, la visione di Rubén Hernández Mosquero porta una ventata di novità. Lo chef spagnolo, intervistato dal programma Hoy por Hoy della Cadena SER, ha messo al centro della sua filosofia professionale un concetto semplice ma rivoluzionario: il successo non nasce dall’ego, bensì dalla collaborazione.
Per Hernández Mosquero, intervistato qui da La Vanguardia, assumere persone “uguali o migliori di me” non è una minaccia, ma una scelta strategica. Significa creare un team dove ogni individuo contribuisce con le proprie competenze, accrescendo il livello generale della cucina.
Il pericolo dell’ego e delle invidie
Nel corso dell’intervista, lo chef ha ribadito con forza come “l’ego e le invidie non facciano bene al business della cucina”. Parole che colpiscono in un settore in cui la competizione interna, l’ambizione personale e la ricerca di riconoscimento spesso dominano la scena.

La sua posizione si oppone a un modello tradizionale in cui il cuoco guida con autorità assoluta, talvolta alimentando rivalità più che spirito di squadra. Hernández Mosquero propone invece una gestione basata sul rispetto reciproco, la fiducia nelle capacità degli altri e la convinzione che un ambiente sano favorisca non solo i rapporti, ma anche la qualità dei piatti.
La collaborazione con Millán: un esempio concreto
Un passaggio significativo dell’intervista riguarda il rapporto con Millán, collega e figura più nota del panorama gastronomico spagnolo. In molti gli hanno chiesto se la popolarità di Millán lo infastidisse. La sua risposta è stata chiara: “Più va bene a lui, meglio va a tutti noi”.

Hernández Mosquero considera i successi di Millán come un valore aggiunto per l’intera squadra. Non c’è spazio per la gelosia, ma solo per la consapevolezza che ogni riconoscimento ricevuto da un membro rafforza l’immagine e la credibilità del gruppo nel suo insieme. Un atteggiamento che dimostra come la leadership autentica non abbia bisogno di predominare, ma sappia riconoscere e valorizzare i meriti altrui.
Un ambiente di lavoro che fa crescere
La cucina, sottolinea lo chef, è un luogo dove il lavoro di squadra è indispensabile. Ogni piatto che arriva in tavola è il risultato di una catena di gesti e di competenze, e se l’atmosfera è avvelenata da rivalità, il progetto nel suo complesso rischia di indebolirsi. Promuovere un ambiente collaborativo e sereno non significa rinunciare all’eccellenza, ma renderla più accessibile. Fidarsi delle capacità del team significa anche stimolare la creatività, aprire la strada a nuove idee e migliorare in modo costante.

Dalla gerarchia alla cooperazione
L’approccio di Hernández Mosquero segna una distanza dal cliché dello chef come figura autoritaria, quasi inaccessibile. La sua idea di leadership si fonda invece sulla cooperazione, sul rispetto reciproco e su un continuo scambio tra i membri del team. Si tratta di un modello che guarda al futuro: cucine dove i talenti non vengono soffocati dalla competizione interna, ma incoraggiati a esprimersi. Un contesto in cui non importa chi sia il più famoso, ma quanto il gruppo nel suo insieme sappia crescere, innovare e migliorarsi.
L’importanza delle relazioni umane
Infine, Hernández Mosquero ha sottolineato il valore delle relazioni personali. Il suo legame con Millán non è solo professionale, ma anche di amicizia. “Prima come capo e ora come amico”, ha raccontato, ricordando che in un ambiente di lavoro sano le relazioni umane diventano risorsa, sostegno e motore di crescita. La cucina, dunque, non è soltanto il luogo della tecnica e della creatività, ma anche uno spazio in cui costruire legami autentici. Ed è proprio questa la chiave che, secondo lo chef, può fare la differenza tra un progetto destinato a durare e uno che si sgretola sotto il peso degli individualismi.
