"Vedo persone con un curriculum e con una formazione incredibile... ma senza anima. Non ti guardano negli occhi, non sanno ‘leggere’ i tavoli. E questo non si può insegnare. O ce l'hai o non ce l'hai".
L'opinione
Nel cuore di una Madrid che pulsa a un ritmo frenetico, dove la marea gastronomica porta nuove mode a ogni stagione, emerge una figura che non si affida alle correnti, ma salpa con la bussola della sua filosofia. Paco Patón non è qui per avere ragione; è qui per rendere felici i suoi clienti. Veterano della sala, proprietario de La Fonda de la Confianza, Patón incarna un'arte che non si insegna, ma si possiede: quella del servizio con anima. La sua storia non ha l'aroma delle scuole di alta cucina, ma l'odore delle bancarelle del Rastro e il rumore delle spazzole nei garage di Vallecas, una "scuola di vita". La sua non è stata una scelta di privilegio, bensì un'ascesa per necessità iniziata negli anni '80, quando un maître sosteneva che la lavastoviglie fosse "un'invenzione del diavolo". Con oltre trent'anni di esperienza, ha guidato sale prestigiose e lavorato al fianco di giganti come Ángel León, ma la sua essenza è rimasta intatta: la convinzione che la sala sia il cuore pulsante di un ristorante. "Il servizio è un atteggiamento verso la vita", dice ai microfoni de La Razòn.

La Fonda de la Confianza non è solo un ristorante, ma un'idea tradotta in mattoni e sapore. Il nome è una promessa: la fiducia come filo invisibile che lega la cucina al cliente. Un progetto nato non senza battaglie, come le "bollette impossibili" e gli errori che gli sono costati migliaia di euro. "Non siamo una grande azienda", racconta Patón, la cui missione è "pagare gli stipendi, non arricchirci". E in questo spazio di onestà, la cucina non cerca di stupire, ma di accogliere. I sapori sono come vecchi amici: un paté di fegatini che conquista, carni cotte sulla griglia con maestria, prodotti che non urlano, piuttosto sussurrano ricordi. "Volevo qualcosa di molto tradizionale. Nei bar di una volta, c'era sempre una griglia per la carne. Solo questo, prodotti ben trattati".

Paco Patón rivendica la sala come un palcoscenico di emozioni, un luogo dove l'anima ha più valore di un certificato. "Si parla molto di lauree, certificazioni, scuole", riflette. "Tuttavia, vedo persone con un curriculum e con una formazione incredibile... ma senza anima. Non ti guardano negli occhi, non sanno ‘leggere’ i tavoli. E questo non si può insegnare. O ce l'hai o non ce l'hai". È l'essere "ben serviti, essere ascoltati, sentirsi importanti eppur non a disagio." Nonostante una lunga carriera come manager e consulente, la sua identità rimane salda, nobile e semplice: "Non ho bisogno di definirmi direttore operativo, manager o cose del genere. Essere un cameriere è ciò che mi ha sempre reso felice."
