Le radici del successo di Ngo affondano in una complessa eredità culturale. Figlio di un padre cinese e una madre vietnamita, e cresciuto in Germania, ha assorbito un caleidoscopio di influenze, affrontando anche numerose difficoltà.
Dalle ceneri di un fallimento alla costruzione di un impero culinario, la storia di Duc Ngo è una testimonianza di resilienza, innovazione e di una continua ricerca di perfezione. Rifugiato vietnamita giunto a Berlino all'età di sei anni, Ngo ha saputo trasformare un'infanzia segnata dall'immigrazione in una forza propulsiva, creando un'identità culinaria che va oltre la semplice fusione. Oggi, con una quindicina di ristoranti tra Germania e Francia, non è uno chef tout court, ma un visionario che ha plasmato il panorama gastronomico berlinese, e non solo.

Nonostante un impero che macina successi e riconoscimenti, Duc Ngo ammette una ricerca insaziabile: la stella Michelin. Per lui, questo prestigioso simbolo non è solo un premio, ma la convalida di una vita spesa per l'eccellenza. "È come le Olimpiadi per un atleta," afferma, paragonando il riconoscimento della guida a un traguardo che certifica il massimo livello di performance. Questo desiderio di validazione esterna si affianca al suo approccio intrinsecamente emotivo alla cucina, un paradosso che dimostra come l'arte culinaria, per Ngo, sia una continua evoluzione tra passione interiore e riconoscimento esteriore.

Le radici del successo di Ngo affondano in una complessa eredità culturale. Figlio di un padre cinese e una madre vietnamita, e cresciuto in Germania, ha assorbito un caleidoscopio di influenze. La sua cucina è l'espressione di questa identità ibrida, arricchita da esperienze lavorative che lo hanno portato a esplorare sapori italiani, francesi, coreani e giapponesi. Per Ngo, la fusione non è una tendenza, ma un'identità profondamente personale. "Sono totalmente fuso da me stesso," confida, sottolineando come la sua cucina sia un riflesso autentico della sua storia. La strada verso la cima non è stata priva di ostacoli. Nel 2005, spinto dall'ambizione di conquistare la guida Michelin, Ngo apre un ristorante gourmet da 140 coperti. Un'impresa titanica che si rivela un completo fallimento finanziario. Ma invece di arrendersi, Ngo ha tratto la sua lezione più preziosa. Questo crollo gli ha insegnato l'importanza del ritmo, dell'emozione e della gestione aziendale. Ha capito che il gigantismo non è sinonimo di qualità e ha deciso di concentrarsi su locali più intimi e gestibili, come il suo acclamato Ryotei 893, un format che incarna perfettamente la sua filosofia di equilibrio tra cucina e business.

Oggi, Ngo si divide tra il ruolo di chef e quello di imprenditore. Ammette di aver imparato a gestire i suoi numerosi ristoranti come un'azienda, ma non ha mai perso di vista la sua vera vocazione: cucinare per le persone. La sua visione si fonda su un'idea semplice ma potente: il vero successo si misura nel riconoscimento degli ospiti. Quando le persone lasciano uno dei suoi locali con un sorriso e un "grazie, è stato incredibile," Ngo sa di aver raggiunto il suo scopo. La sua storia è un promemoria che, al di là dei premi e dei profitti, l'essenza della buona cucina risiede nel creare emozioni e condividere l'amore per il cibo.