Dove mangiare in Italia Ristoranti di tendenza

Il “nuovo Nin” vola alto sul Garda con un abile chef under 30: l’ascesa di Andrea De Lillo

di:
Martino Lapini
|
copertina nin

Andrea De Lillo è il nin, un ragazzo nemmeno trentenne, di Torbole, paesino poco più a Nord nella parte trentina del Lago. Andrea si è messo subito ad ascoltare. Da una parte la proprietà, dall’altra il territorio, non da ultimo Francesco Vuolo, maître che, dopo la dipartita di Giacomello e della sua brigata, ha scelto di rimanere. Sarà un nin, eppure le ossa sono più che formate: Osteria Francescana, Locanda Margon, Berton, Relae, Amelia e Central. E il risultato si legge nel piatto.

"Who are you to wave your finger? You must have been outta your head". Questi versi di The Pot dei Tool sono un esplicito omaggio a Manuel Dalla Bona, titolare assieme a Massimiliano Consolini del Belfiore Park Hotel di Brenzone sul Garda. Manuel e Max si sono incontrati sul cammino dell’ospitalità, correndo su due rette non lineari e incidenti. Max è figlio d’arte. Dall’occhio clinico che rivolge ai suoi clienti e dalle attenzioni, anche molto operative, che riversa su tutta la struttura mi chiedo se in albergo non ci sia proprio nato, oltre ad averci passato tanto tempo a causa del lavoro dei genitori. Manuel arriva dalla sala, per lui il servizio è relazione, coccola, experience. La sua più grande paura probabilmente è la noia del cliente e, di riflesso, la sua.

Sculture IRS 4222
 

Nessuno dei due ondeggia le dita per lamentarsi, nessuno dei due ha la presunzione di sentirsi arrivato. Nessuno dei due mette l’io davanti al tu. Nessuno dei due ha avuto paura di cambiare passo, anche quando il passo ha strappato un iniziale scroscio di applausi.

L'hotel e il ristorante

Con Manuel ci conosciamo sul pontile davanti all’hotel. O meglio, io sono sul pontile, lui a cavallo di una moto d’acqua. Mi dice salta su. Mi infilo il giubbotto salvagente. Mi consiglia di non tenere le mani sulle barre laterali del mezzo, per non aumentare il rischio di volare in acqua - piacere di conoscerti, ripeto tra me e me. Suggerisce di tenere la mano sinistra sulla barra e di far passare il braccio destro sotto il suo, per ancorare la mano a una delle estremità del suo giubbotto. Penso: finiremo in acqua entrambi. Poi dà gas. Il pelo dell’acqua scorre come un timelapse. In un attimo siamo di fronte a una vecchia limonaia sulla sponda opposta del lago, quella lombarda. Dato che ormai siamo ben oltre il confine della formalità, anche io do gas e lascio andare un filotto di domande per inquadrare l’attività che Manuel e Max conducono da qualche anno. Adrenalina prima delle interviste, segnatevelo.

ristorante NIN 4
 

Mancano poche ore alla cena presso il ristorante stellato NIN - se state pensando ai Nine Inch Nails siete fuori strada - quello è il focus della mia visita. Eppure qualche chilometro di distanza - seduto su un jet ski è un dettaglio - aiutano a dare una prospettiva più olistica anche a un menù degustazione, a rendere più chiaro l’orizzonte della compresenza ristorante gourmet slash hotel di lusso, pairing che nel nostro paese si ritrova in diverse realtà. Brenzone è un paese che si estende per diversi chilometri, lungo la costa degli ulivi, al centro tra l’urbanizzata Peschiera e la caotica Malcesine. Con i piedi nell’acqua, il Monte Baldo osserva sornione, influendo sulla biodiversità senza urlare. Un microclina aperto a chi lo ascolta e a chi vuole mettersi in gioco. A chi non ha bisogno di spazi altisonanti, di terroir che riempiono le bocche e le guide. Spoiler: nel corso della cena, il monte verrà citato diverse volte sia dal personale di sala che dallo chef.

Ristorante NIN 003
 

La conversazione con Manuel prosegue un paio d’ore dopo al bar dell’hotel, condotto con ritmo e gentilezza da Alejandro Rodriguez. Gli chiedo la cortesia di preparare un cocktail con il mezcal, mi confida che è il suo spirit preferito e, come da copione, mi serve un suo signature davvero memorabile. È la giornata delle coincidenze. La musica di sottofondo porta al confronto musicale. Con Manuel mi espongo sui Tool, pensando che si sarebbe passati oltre velocemente. Lui invece si scopre la manica della camicia e mi mostra un segno inequivocabile: i Tool non solo li conosce, li venera. Da lì le parole vanno in discesa. Non mi nasconde che la Stella Michelin era un obiettivo di entrambi i soci. La chiamata a Terry Giacomello non è arrivata per caso. Ad obiettivo raggiunto il rischio personalizzazione è forse la cosa che è venuta più a galla, anche dell’entusiasmo, e la sostenibilità è finita un po’ troppo in balia della corrente.

ristorante NIN 7
 

NIN, che vuol dire ragazzo, è arrivato a maturazione forse troppo in fretta, rischiando una indipendenza troppo indipendente. Il ristorante è pur sempre un corpo non estraneo al Belfiore Park Hotel. Sventolare troppo le dita (wave your finger) fa perdere il focus sul lavoro di squadra. Manuel, oltre ad amare lo champagne, ne è un conoscitore profondo, arrivato al punto di esserne selezionatore. Le sortite nella regione del re dei metodi classici, per lui sono un appuntamento fisso un paio di volte all’anno. Uno dei suoi compagni di viaggio, guarda caso è il fratello di Andrea De Lillo, attuale chef del ristorante. Nasce così, probabilmente durante una bevuta, il tentativo di fare un passo indietro per farne due avanti.

Lo chef e il team

DSC 8079
 

Andrea De Lillo è il nin, lui sì un ragazzo appena trentenne, di Torbole, paesino poco più a Nord nella parte trentina del Lago. Andrea si è messo subito ad ascoltare. Da una parte la proprietà, dall’altra il territorio, non da ultimo Francesco Vuolo, maitre che, dopo la dipartita di Giacomello e della sua brigata, ha scelto di rimanere. Sarà un nin, eppure le ossa sono più che formate: Osteria Francescana, Locanda Margon, Berton, Relae, Amelia e Central. Andrea è un ragazzo di lago che, per il suo fine dine, ha scelto un approccio secondo il principio della trattoria: la valorizzazione di quello che ti sta intorno. “Anche il ristorante gastronomico, per come lo vedo io, deve essere un po’ influenzato dalle esperienze e dalle culture che si scoprono in giro, ma dovrebbe rappresentare, alla massima potenza, quello che è il territorio circostante”.

Chef Andrea De Lillo 1
 

Trovare il pesce siluro in carta non è stato certo un caso. Andrea ha dato del pazzo al pescatore che ne aveva già buttati via più di 20 chilogrammi e adesso, quando li pescano o rimangono impigliati nelle reti, se li fa portare. Ha capito come pulirli e come lavorarli al meglio, ci ha trovato anche un lato positivo: il siluro non ha lische tra le fibre della carne, ma solo una grossa lisca centrale. Ricavarne filetti, tranci e porzionarlo è più semplice. Andrea lo mette in cella a frollare, lo utilizza per salumi, per tartare, per salse e brodi. Quando quello che offre il territorio è qualcosa di sporco e cattivo, puoi girarti dall’altra parte o guardarlo in faccia e fare un tentativo per valorizzarlo. “Il mio raggio d'azione è di circa 80 km quadrati intorno al Lago di Garda. La relazione più interessante che stiamo costruendo da alcuni mesi è quella con i pescatori.

Chef Andrea De Lillo
 

Loro non possono avere una vera costanza nel pescare, soprattutto a causa dei diversi fermo pesca che coinvolgono specie diverse per preservarle durante il momento dell’ovulazione. Due settimane delle sarde, un mese del persico, un altro per tinche e carpe. I pescatori sono dislocati lungo tutto il lago. In diverse zone si pescano specie diverse. A nord l’acqua è più pulita e profonda. Tendenzialmente sono dei menefreghisti, se il pesce non lo vendono se lo mangiano. Serviva andare a conoscerli, a raccontargli il nostro lavoro. Per ciò che riguarda i prodotti caseari c’è la Latteria del baldo, una piccola realtà famigliare qui sopra che fa caciotte, ricotte e semistagionati. Mi appoggio al mercato di Assenza per frutta e verdura e poi c’è Fragoliamo, l’azienda di proprietà dell’albergo in cui coltiviamo more, mirtilli, lamponi e fragole e ultimamente anche quattro diverse varietà di pomodori”.

ristorante NIN 8
 

Francesco Vuolo è l’altro nin, rimasto probabilmente perché fra nin ci si intende subito. Quando gli chiedo quale sia il cliente che apprezza di più risponde quello che sta al confronto, che fa domande e che sa attendere le risposte, anche quelle che non aveva già in testa. Ogni appunto e feedback da un cliente così è una ricchezza che migliora sia sala che cucina. “I miei genitori hanno un ristorante pizzeria in provincia di Varese, c'è da 50 anni. Quello che vorrei rubare sempre di più dalla mia famiglia è il modo in cui mio padre e i suoi fratelli si relazionano con i dipendenti. Riescono a far sentire tutti essenziali. E infatti lavorano ancora con loro da 30 anni. Ho avuto l’onore di lavorare anche all’Enoteca Pinchiorri, un ambiente dove era presente più impostazione, anche nella dinamica del rispetto. Poi sono passato in un altro ambiente molto familiare in Francia, come sommelier presso il ristorante della famiglia Leflaive a Puligny-Montrachet. Queste esperienze hanno forgiato il mio modo di lavorare in sala. A me non interessa essere chiamato maestro, voglio essere chiamato Francesco”.

ristorante NIN 3
 

Di fronte a ragazzi che si approcciano al colloquio chiedendo quanti sono i giorni di riposo e quale lo stipendio, imporsi non è più il metodo vincente. L’era del cameratismo è definitivamente finita. Non significa che si passa automaticamente ad essere una grande famiglia, piuttosto che ognuno sente la possibilità di esprimersi e di crescere dentro una responsabilità. La paura dell’over working bussa quando uno si sente solo, anche se circondato da cinque o sei persone in uno spazio di pochi metri quadri. Oppure quando la performance è l’unica cosa che conta. Il microclima di una cucina è il respiro della comunità che ci vive, nell’accelerazione del servizio o nel pasto della brigata, nella dedizione o nel momento di cazzeggio, nell’applauso o nella correzione. Andrea cita la frase che era appesa in cucina al Relae, move fast and get shit done, come a dire: porta a termine il lavoro bene e velocemente. Quella frase tuttavia conviveva con un’umanità davvero accogliente. “C’era un livello umano impressionante, lo staff mangiava egregiamente tutti i giorni, con attenzione per allergie e intolleranze. Il sabato a pranzo si apriva sempre una gran bottiglia di vino per celebrare il nostro sabato. Fritz Kola biologica e bicchieri di vino, si stava da dio”.

ristorante NIN 6
 

I piatti

Andrea tiene fede a quello che mi ha raccontato e mi fa immergere in un blend dei suoi due menù degustazione, Radici e Venti e Correnti, in cui non può che riflettersi il lago e quel gigante gentile del Monte Baldo, sia per le parti proteiche che per quelle vegetali, mai solo di contorno. In Siluro, leche de Tigre, cipolla il lago è il background di una favola marvelistica. Il villain pesce siluro colpisce per la consistenza e il morso, il leche de tigre, realizzato anche con la sua testa e le pinne, per l’intensità.

2 EntreAperitivo Brodo radicchio di campo tacos 18
 
2 EntreAperitivo Brodo radicchio di campo tacos 7
 
6 Cevice di Siloro 7
 

Coniglio, birra e senape è un piatto della tradizione domenicale del territorio che Andrea trasforma in una porchetta gourmet. Il coniglio viene disossato, speziato e arrotolato. Poi cotto a vapore, affettato, glassato con il suo fondo e caramellato in salamandra. La parte amara arriva da una riduzione di birra rossa sfumata con purea di castagne, messa alla base del piatto, si aggiungono semi di senape e germogli di mizuna, romice sanguineo e senape rossa, il tutto condito con aceto al dragoncello e olio degli ulivi di proprietà. Alleggerimento del coniglio perfettamente riuscito senza alleggerire la dose di appagamento. Il pairing con la Brett-Elle Oude Geuze del birrificio Lambiek Fabriek ha tenuto per troppo tempo Francesco Vuolo al tavolo, a discutere con il sottoscritto, suscitando un'alzata di sopracciglio dello chef - si scherza eh. Il confronto effettivamente c’è stato. Senza troppo pudore ho manifestato al maitre che l’acidità estrema della birra overcontrastava la golosità del coniglio. Inoltre la birra era nome omen, nel senso che davvero odorava come un vino brettato e forse di più (riporto la descrizione di un sito specializzato di birre: note legnose di scorza di limone, aceto di mele, assieme ai classici ma lievi sentori rustici quali cortile, cuoio, carte da gioco e cantina). Dialogando è emerso un abbinamento alternativo, con una Schiava trentina.

5 Insalata di Coniglio 1
 

Gnocchi ortica, vino macerato, limone è un piatto magistrale, le ortiche si raccolgono nei dintorni, con punte morbide e non troppo coriacee. La pasta di ortiche viene unita alle patate con uova e parmigiano. La salsa acida alla base è realizzata a partire dal Contame, garganega macerata di Nevio Scala, che viene ridotto con scalogno e pepe, portato a specchio e sfumato con della panna molto grassa del Caseificio Baldensis. Le olive nere in salamoia sono sbriciolate sugli gnocchi assieme a una polvere di ortiche. Si chiude con sottili dischetti di limone del garda candito. Un piatto che educa sull’acidità, che rende l’acidità golosa. L’abbinamento con l’oslavje di Radikon, perfetto.

andrea de lillo Gnocchi ortica 9
 

Sarde, grano saraceno, dashi e Carpa, Olivello spinoso, Koji sono due altri primi piatti in cui il pesce di lago esce dalla comfort zone dei ristorantini con la bella veranda per cimentarsi con sfide più ostiche. E il pesce di mare, muto.Il primo è un ramen di grano saraceno che rispecchia Torbole, paese d’origine dello chef, dove si fanno i bigoli con le sarde di lago, ricetta estremamente salata, una prova al limite della sopportabilità palatale. Andrea lo trasforma in un delicato gomitolo di tagliolini che rende omaggio alla sarda, con un garum concentrato senza essere respingente, un dashi fatto con tutti i pesci che rimangono dalle lavorazioni (persico, siluro, luccio) a cui si aggiunge katsuobushi di pesce di lago. Il classico uovo marinato del ramen qui è di quaglia, per prolungare l’idea di delicatezza e aggiungere una nota di esclusività.

7 Sarde grano daschi ramen alla torbolana 4
 

Il secondo piatto è una carbocarba. Nasce dopo aver osservato che, post cottura, le uova della carpa assumono un colore praticamente uguale a quello della crema della carbonara. Da qui il tentativo di realizzare una carbonara di lago, sotto forma di raviolo, con uova di carpa, bilanciate con pecorino e trentingrana. I filetti della carpa in mousselin con una parte di fumetto costituiscono il ripieno del raviolo, la ventresca invece fa la parte del guanciale. Il piatto è ultimato con foglie di santoreggia e un pepe verde di Sichuan tagliato con koji di riso.

andrea de lillo Tinca 1
 
andrea de lillo Agnello 1
 

Con Francesco e Andrea finiamo a parlare anche dei loro datori di lavoro. Quando definisco Manuel come la sregolatezza della coppia, entrambi sorridono e annuiscono. Max di conseguenza è il genio dell’accoglienza. Insieme sono complementari, insieme danno vita a un tipo di supporto mai banale e mai “scrutatore” verso un ristorante che non agita mai le mani per richiedere attenzione. Piuttosto si lascia agitare dal lago, dal Baldo e da una silenziosa irrequietezza che al Nin e al Belfiore Park hotel, si respira praticamente dappertutto.

andrea de lillo Gelato all olio e capra 3
 

Contatti

Nin- Park Hotel Belfiore

Via G. Zanardelli, 5, 37010 Brenzone sul Garda VR

Telefono: 045 742 0179

Sito web

Ultime notizie

mostra tutto

Rispettiamo la tua Privacy.
Utilizziamo cookie per assicurarti un’esperienza accurata ed in linea con le tue preferenze.
Con il tuo consenso, utilizziamo cookie tecnici e di terze parti che ci permettono di poter elaborare alcuni dati, come quali pagine vengono visitate sul nostro sito.
Per scoprire in modo approfondito come utilizziamo questi dati, leggi l’informativa completa.
Cliccando sul pulsante ‘Accetta’ acconsenti all’utilizzo dei cookie, oppure configura le diverse tipologie.

Configura cookies Rifiuta
Accetta