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La Taberna de Romero: l’eden del prosciutto iberico guidato da un veterano 67enne

di:
Elisa Erriu
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copertina taberna de romero

Romero si muove dietro il bancone con la calma di chi conosce ogni centimetro del suo regno: taglia prosciutto iberico con la precisione di un artigiano e allo stesso tempo vigila sulla sala.

Foto nell'articolo a scopo puramente rappresentativo

Un pomeriggio qualsiasi a Cadice può iniziare con la brezza dell’Atlantico che s’insinua tra le strade, portando con sé l’odore di sale e il rumore scomposto delle onde. Basta seguire quel vento e ci si ritrova davanti a una piccola porta discreta, quasi timida, a pochi passi dalla Playa de la Victoria e dall’ospedale Puerta del Mar. Dietro quella soglia c’è La Taberna de Romero, un locale che non promette nulla di più di ciò che offre: buon cibo, senza orpelli, servito con onestà. Dal 2018, attesta El Paìs, Rafael Romero accoglie qui una clientela che non cerca la fotografia da condividere ma un piatto che lasci addosso il sapore vero di Cadice. Lo fa con il passo sicuro di chi conosce la ristorazione come si conoscono le maree: a volte generose, altre impietose.

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@Taberna de Romero

Romero non è un improvvisato. Figlio d’oste, ha respirato l’aria delle taverne sin da ragazzo, e per anni ha gestito locali più grandi e ambiziosi. Nei giorni buoni serviva 350 coperti al giorno, con una brigata di 25 dipendenti nella Zona Franca. Poi la crisi del 2008 ha fatto crollare tutto: “Le attività hanno iniziato a fallire e tutto è stato spazzato via. Sono rimasto senza niente. La banca ha rilevato il ristorante. Non voglio ricordarlo, ma è stato tremendo”. Dopo la tempesta, la scelta: ricominciare. Non più un ristorante gigante, ma un luogo piccolo, intimo, fatto su misura. Il posto perfetto si è presentato quasi per caso: un ex pub trasformato in taverna di quartiere, con cinque tavoli bassi, quattro alti, tovaglie a quadri e pareti che raccontano storie familiari attraverso le fotografie. Capienza massima: 35 coperti. Più che un ristorante, un salotto di mare.

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Un bancone, un prosciutto e un genero in cucina

Romero si muove dietro il bancone con la calma di chi conosce ogni centimetro del suo regno: taglia prosciutto iberico con la precisione di un artigiano e allo stesso tempo vigila sulla sala. La cucina, invece, è affidata al genero Raúl Morales, custode di un menù che sa di tradizione. Qui, il calamaro ripieno di tentacoli, prosciutto e uovo sodo è quasi un piatto bandiera (22 euro). Accanto a lui, specialità che giocano tutte sullo stesso registro: materia prima fresca e preparazioni semplici. Dal San Jacobo de presa bellota (22 euro) al medesimo taglio servito alla griglia o trasformato in polpette con salsa (15 euro). E ancora: vino Tío Pepe a 23 euro, fritti leggeri e stufati lasciati riposare per far assestare i sapori. Ogni mattina il locale si nutre di mare. Dalla Baia di Cadice arrivano orate e saraghi, da Conil le triglie e le acciughe, da Sanlúcar i gamberi, da Huelva vongole e gamberoni. I pomodori – serviti rigorosamente a temperatura ambiente, come si deve – si accompagnano al tonno (10 euro). Le vongole possono essere alla marinara o impreziosite dal fino sherry (23 euro). Non mancano piatti che profumano di casa: uova fritte con patate vere e prosciutto (13 euro), carciofi con prosciutto fresco (18 euro) e le immancabili tortillitas de camarones (2,50 euro).

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Chi preferisce il riso può ordinarlo su misura: con frutti di mare (17 euro), con guance di nasello e gamberi (22 euro), nero (17 euro) o con gamberi rossi (26 euro). La carta dei vini è corta, essenziale, senza voli pindarici: classici scelti con criterio e proposti a prezzi accessibili. Romero non fa filosofia, ma parla chiaro: “Non posso vendere una bottiglia che costa 18 euro a 42 euro. La metto a 29. Né posso vendere un pesce che costa 10 euro a 30; lo vendo a 15. Guadagno meno, ma fidelizzo i clienti. La qualità viene prima di tutto”. Una lezione che sembra banale, ma che spiega perché questa piccola taverna abbia conquistato un seguito costante senza bisogno di marketing o pagine social.

Una pensione che può attendere

A 67 anni, Romero non pensa alla pensione. «Qui mi occupo del mio ego personale, trovo la mia realizzazione. Cosa farò se andrò in pensione, passeggerò sulla spiaggia?». La sua risposta è dentro la taverna stessa: un locale senza insegne appariscenti, dove si viene per un bicchiere di vino onesto, una chiacchiera tra amici, un piatto di pesce cucinato come si deve.

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Fuori, il vento continua a soffiare. Dentro, le voci dei clienti si mescolano al rumore dei piatti, mentre Romero affetta con calma un altro prosciutto, come se ogni fetta fosse una promessa mantenuta: quella di non tradire mai il gusto delle cose semplici.

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