I titolari Agnese Loss e Davide Saglietti fermano il bistrot di Gattinara per mancanza di personale. “I ragazzi escono dall’alberghiero chiedendo i weekend liberi: così non si riesce ad assumere. Ma vogliamo ripartire a settembre con una nuova formula”.
Foto di copertina a scopo puramente rappresentativo
C’è un silenzio insolito lungo corso Garibaldi, a Gattinara. Dove di solito i bicchieri tintinnavano e il profumo di piatti contemporanei si mescolava alle chiacchiere dei clienti, oggi resta soltanto l’attesa. Non un addio, ma una sospensione: il bistrot dei titolari Agnese Loss e Davide Saglietti, anime di Salsamentis, ha abbassato la saracinesca. Una pausa forzata, dettata non da scelte creative o cambi di rotta gastronomici, ma dalla mancanza di personale.
«Abbiamo due attività – spiegano –: l’Osteria Contemporanea continua il suo lavoro, ma il bistrot lo abbiamo dovuto fermare, perché non riusciamo a trovare camerieri di sala. Ed è davvero un peccato». Parole che sanno di frustrazione, ma anche di realismo: la crisi di manodopera nella ristorazione non è una meteora passeggera, è una costante che sta riscrivendo il modo di vivere (e di lavorare) in questo settore.
Cosa sta succedendo
La contraddizione è bruciante. In un’Italia che sforna diplomati dagli istituti alberghieri ogni anno, i locali faticano a reclutare giovani pronti a sporcarsi le mani di servizio e sacrifici. Saglietti e Loss lo raccontano senza giri di parole: «Molti ragazzi usciti dalla scuola non hanno voglia di mettersi davvero in gioco. Altri vogliono il fine settimana libero, altri ancora preferiscono impieghi aziendali che garantiscano più tempo libero».
Il mondo, certo, è cambiato. Le nuove generazioni chiedono un equilibrio che in sala o in cucina è ancora difficile trovare. Ma la sensazione, per chi vive di ristorazione, è quella di un cortocircuito: il mestiere del cameriere e dello chef nasce dal sacrificio e dall’imprevisto, non dalla prevedibilità dell’orario d’ufficio. La distanza tra domanda e offerta si allarga, e in mezzo resta un settore che arranca.
I titolari di Salsamentis non si sono arresi al primo ostacolo. Hanno investito tempo, attivato tirocini, accolto ragazzi appena usciti da scuola con l’intento di formarli. Ma la pazienza, raccontano, è mancata proprio da parte dei candidati: «Anche offrendo due giorni di riposo, previsti per legge, non si riesce a stimolare un vero interesse verso un percorso in ristorazione».

C’è poi il capitolo della correttezza, un tema che i due ristoratori toccano con amarezza. «Una persona doveva iniziare il sabato, non si è presentata e non ci ha avvisati. Dopo qualche giorno ha detto che aveva rotto il telefono, poi è sparita di nuovo». Episodi che lasciano il segno e che, se messi in fila, raccontano un cambiamento culturale: la professionalità non sembra più un requisito scontato.
La crisi in Italia
La vicenda di Gattinara non è una nota stonata isolata. In tutta Italia, dalla grande città al borgo, i ristoratori denunciano lo stesso problema: personale difficile da reperire, soprattutto nei ruoli di sala. Non si tratta soltanto di stipendi, ma di disponibilità a lavorare nei momenti in cui gli altri si divertono, nei fine settimana e nei festivi. È l’anima stessa della ristorazione a chiedere un diverso concetto di lavoro, e non tutti sono disposti a concederlo.
Questo corto circuito, dicono molti esperti, è lo specchio di una società che sta rinegoziando i suoi valori: tempo libero, benessere, stabilità. Elementi preziosi che cozzano con un mestiere nato invece sull’adattabilità, sulla velocità e sull’instancabile disponibilità.
Nonostante tutto, Agnese e Davide non alzano bandiera bianca. Hanno scelto di mettere il bistrot “in pausa”, non di chiuderlo definitivamente. L’Osteria Contemporanea prosegue, l’enoteca resta a disposizione su prenotazione, e l’idea è quella di rivedere il format a settembre, magari con una formula nuova. Nel frattempo, i due ristoratori non smettono di cercare: «Se qualcuno volesse farsi avanti, siamo ben disposti a raccogliere candidature. La nostra intenzione è ripartire».

Dietro la frustrazione si avverte una nota di speranza. Perché la ristorazione, nonostante le fatiche, resta un palcoscenico vivo, fatto di incontro e convivialità. E rinunciarvi del tutto non è un’opzione.
La storia del bistrot chiuso a Gattinara diventa così simbolo di un fenomeno che attraversa l’intero settore: un equilibrio da ricostruire tra chi cerca lavoro e chi lo offre, tra vecchie logiche di sacrificio e nuove esigenze di vita. Forse serviranno modelli diversi, formule innovative, nuovi contratti o un modo più contemporaneo di raccontare la bellezza (ma anche la durezza) di questo mestiere.