A Grottammare, i fratelli Marconi e lo chef Tommaso Melzi trasformano la memoria di famiglia in un’esperienza gastronomica itinerante, tra orto di proprietà e vista mare.
Famiglia ed evoluzione dei ricordi a tavola
La famiglia Marconi si muove lungo l’asse solido della memoria familiare, declinando la tradizione locale in chiave personale e moderna, con attenzione alla materia prima, molto spesso di produzione diretta. Gran parte degli ingredienti arriva infatti dall’impresa agricola di famiglia, situata a Massignano, a pochi chilometri dal ristorante. Un orto che oggi è anche un giardino storico riconosciuto dal Ministero della Cultura e dal FAI: un luogo che non è solo agricolo ma culturale e che rientra a pieno titolo nel racconto culinario.

Hortus, impresa agricola come manifesto
Il giardino degli agrumi, ora anche aperto al pubblico, e la fattoria di famiglia, ribattezzata Hortus, rappresentano il cuore produttivo dell’ecosistema di Attico sul Mare. Qui vengono coltivate le verdure e allevati gli animali da cortile protagonisti della carta. Ed è proprio da questa realtà che nasce uno dei tre percorsi degustazione: “Hortus giardino”, un menu che si propone come narrazione della biodiversità marchigiana attraverso piatti come l’anatra all’arancia bionda picena (l'arancia coltivata più a nord di tutta Italia).

Con Hortus si completa il trittico di menu proposti nel 2025: Ormai classici (un best of dei piatti iconici degli ultimi 18 anni); Connessioni (percorso a mano libera dove lo chef esplora contaminazioni e stagionalità); e appunto, Hortus (una riflessione sulla materia vegetale). Un menu che, in occasione del diciottesimo anno di attività, ha assunto forme tridimensionali grazie al lavoro degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Firenze che hanno omaggiato i tre archi simbolo di Grottammare, come skyline del borgo.
Il ristorante Attico sul Mare
Con il borgo antico alle spalle, affacciato sul ciglio di un colle e l’Adriatico davanti, questo indirizzo della buona cucina si colloca nel più classico dei paesaggi vacanzieri: una lunga distesa di palme, stabilimenti balneari attrezzatissimi tutti gli uni di fianco agli altri, bambini che giocano per strada, chi percorre la pista ciclabile e chi si gode la quiete del mare al calar del sole. L’atmosfera, come detto, è in pieno stile “vacanza italiana” eppure qui si scopre una cucina decisamente fine dining ma altrettanto di tradizione, seppur “evoluta”.

Gli spazi, ristrutturati con attenzione dall’architetto Luca Troiani, sono stati disegnati con linee pulite, colori tenui e sale circondate da grandi vetrate con affaccio sul mare, nonché tutte modulabili. Ogni ambiente infatti può trasformarsi in tanti spazi diversi, grazie ai pannelli amovibili in legno che consentono di creare piccole salette intime o spazi più aperti, secondo necessità. I pannelli ruotano anche attorno alla cantina a vista che ospita oltre 1.500 bottiglie (tutte a temperatura di servizio). Al centro della sala principale c’è poi un grande pianoforte nero a coda, che lascia presagire l’autentico spirito di Attico sul Mare. Ma andiamo con ordine. La cena ha inizio su in terrazza, dove c’ è la torretta panoramica che dà il benvenuto agli ospiti. Sì, perché come spiega Simone Marconi “Ci piace offrire un percorso itinerante, partendo dall’aperitivo in terrazza, per poi servire le portate principali in sala e terminare con una dolce coccola al bancone”. Qui, con un’impagabile vista sul Mar Adriatico di Grottammare (Bandiera Blu d’Europa dal 1999), vengono serviti gli amuse bouche. In accompagnamento, drink o vini miscelati consigliati da Sara Marconi, sommelier firmataria dal 2007 dell’ampissima e accurata carta dei vini.

Si inizia con l’oliva ripiena di polpa di brodetto alla sanbenedettese, fritta in panatura di lische essiccate del brodetto stesso. C’è poi il fegato di merluzzo lavorato a mo’ di foie gras e travestito da aperitivo all’italiana. Il tutto è avvolto da una sorprendente gelatina al Campari, scorza di arancia e fondo di granella di noccioline; per ultimo, il tacos di semi misti farcito di ricotta salata e verdura di stagione dell’orto (zucchina alla scapece o carciofo alla brace, a seconda del periodo). Un benvenuto che definisce subito la propria dichiarazione d’intenti: territorio, italianità e tradizione rinnovata. Tornati nella sala principale, tra tavoli minimal e tovagliati bianchi, prende piede il menu vero e proprio. Innanzitutto, pane di farine semi integrali macinate a pietra, servito con burro soffice alla pizzaiola. Accanto, un omaggio nonché rivisitazione della scultura ovoidale, posta sul Lungomare Nord di San Benedetto del Tronto, dell’artista Dino Campana. Una cialda di pane sfogliato riprende la citazione: “Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare” riadattato simpaticamente in “preferisco Attico sul Mare”.

Si parte poi con le presentazioni dello chef in un piatto che ricorda le origini della sua famiglia: carpaccio di ricciola in carpione dalla Sicilia al Piemonte. La ricciola affumicata in legno di rovere gode poi di contrasti di masticabilità grazie alla sua pelle croccante e ai capperi essiccati. La polpa delle arance bionde picene e la maionese artigianale ne donano grasso e acidità. La seconda portata è invece scandita da una clessidra. Messo in un pentolino il pesce fresco di giornata, viene poi cotto al vapore direttamente in sala. Il tutto mentre la clessidra, posta sul tavolo dell’ospite, scandisce ogni secondo con una pioggia finissima di granelli di sabbia. Una volta pronta, l’insalatina di mare viene assemblata nel piatto su una misticanza agli agrumi.

È l’ora poi di pane, pomodoro e salame. O meglio, di un’idea riadattata con buona tecnica ed estro. Tartare di tre varietà di pomodoro cotti alla brace, brodo di pane affumicato e scarti di pomodoro in infusione. In accompagnamento, un paninetto sfogliato alla ventricina (nella versione teramana, spalmabile e un po' più piccante). Il cucchiaio è previsto, ma lo chef consiglia: “va mangiato inzuppando il pane nel brodo, facendo la scarpetta!”


Proprio il cucchiaio ci conduce alla portata successiva, il sottobosco di bomboletti (lumachine di mare). Se tradizione vuole che si mangino con lo stuzzicadenti, è altrettanto solito farle mangiare ai bambini già sgusciate e “a cucchiaiate”. Proprio per rievocare questo ricordo di infanzia e la sua gestualità, i bomboletti alla sanbenedettese vengono avvolti da una sofficissima spuma di patate e funghi, punteggiata da pinoli tostati e sentori di salvia. La golosità dell’umami si fa spazio con i primi piatti: cavatelli alla quintessenza di mare, risottati in una sorta di spremuta di pesce dalla naturale sapidità, e tortelli alla puttanesca, dalla spingente nota affumicata della spuma di bufala e della crema di peperoni alla brace.


È però con la declinazione di “rombo dalla testa alla coda” che lo chef esprime ciò che ultimamente trova appassionante fare: recuperare tutto della materia prima. C’è la parte magra laccata nel suo fondo, la pinna marinata e tostata, la guancia essiccata avvolta da lattuga alla brace e la maionese con l’olio di cottura in esubero.

Forse al palato spinge troppo la parte grassa ma è presto detto perché c’è il sorbetto di sedano e avocado con insalatina di cetrioli, gin, menta e lime a rassettare il gusto prima del dolce. Sul finire, un cremoso di yogurt e cioccolato bianco, meringhe e lamponi ghiacciati coperto da un velo di rapa rossa con, accanto, un cubo ai tre cioccolati. Il saluto finale è al bancone, con il bignè espresso di chantilly all’anice verde di Castignano.

Tutto a un tratto però Simone intona le prime note al pianoforte, perché come ama ripetere “Da Attico sul Mare si viene per mangiar bene ma soprattutto per stare bene”.
CONTATTI
Attico sul Mare
Piazza Kursaal, 6 – Grottammare
Tel. 0735 736394 / info@atticosulmare.it