Top Chef

Marco Pierre White: "Dopo 22 anni chiuso in cucina avevo paura del mondo esterno”

di:
La Redazione
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Il nome di Marco Pierre White evoca immagini di alta cucina, premi e la personalità indomabile di un'icona degli anni '90. È stato il più giovane a conquistare tre stelle, il mentore di Gordon Ramsay e il simbolo di standard culinari intransigenti. Eppure, un recente evento all'HOTA (Home of the Arts) ha gettato luce sui retroscena della sua carriera.

Lo chef

Con le sue parole, riportate in un articolo di indailyqld.com, White si è mostrato riflessivo, pacato e sorprendentemente onesto, condividendo il suo percorso dai vertici della gastronomia a una vita più tranquilla, guidata dalla libertà e da una nuova filosofia. Le sue motivazioni sono la rara finestra su una scelta impensabile: abbandonare fama e stelle per la serenità.

La libertà: un ingrediente più prezioso delle stelle

Nel 1999, Marco Pierre White era all'apice del successo, guadagnando cifre astronomiche e lavorando oltre 100 ore a settimana. Nonostante questo, si sentiva in gabbia, intrappolato nella sua stessa reputazione. L'illuminazione arrivò in un momento di quiete: mentre pescava, rifletté sul fatto di essere "giudicato da persone che ne sanno meno di me".

marco pierre white Derek D Souza Photography
Derek D'Souza Photography

Il giorno dopo, senza ripensamenti, ruppe i ponti con la Michelin. Non aveva un piano, solo un desiderio di libertà. "Avevo molta paura del mondo esterno," ha ammesso, avendo trascorso 22 anni "come se fossi rinchiuso in un istituto o in gabbia" - la cucina. A 38 anni, White scelse la libertà, un valore che per lui superava qualsiasi riconoscimento. "Quando hai tre stelle Michelin, devi stare dietro ai fornelli," ha spiegato. "Ora, se voglio andare in America posso andare in America. Se voglio andare a pescare, vado a pescare."

La delusione dopo aver raggiunto la cima

"Quando ho raggiunto la cima della montagna, non ho più visto nulla." Questa frase riassume perfettamente l'essenza della sua ascesa. A 17 anni aveva un unico, ossessivo sogno: le tre stelle Michelin. Un obiettivo che, dopo anni di lavoro incessante, raggiunse nel 1995. Ma non era abbastanza. Voleva anche il massimo riconoscimento per il servizio in sala, che ottenne nel 1998, diventando il primo chef britannico a raggiungere quel traguardo. E poi? "La verità è che quando realizzi il tuo sogno... mi sono un po' perso. Non avevo una direzione," ha confessato White. L'emozione della sfida era svanita, sostituita da un senso di vuoto e noia. "Stai giocando una partita d'attacco, che è sempre la più emozionante," ha spiegato, suggerendo che una volta raggiunta la vetta, il gioco non era più lo stesso.

Marco Pierre White best chefs
 

Dall'insicurezza alla creatività: la filosofia in cucina

White ha offerto un consiglio inusuale a un giovane che si trasferisce in una nuova città: mettersi nelle condizioni di non avere abbastanza soldi per il biglietto di ritorno. Il motivo? La difficoltà, a suo avviso, alimenta la creatività. Questo lo ha costretto a superare gli ostacoli, trovando ispirazione non nel comfort, ma nel "caos emotivo" e nelle sue insicurezze. "Penso che il momento in cui ero più intelligente fosse quando ero dominato dalle mie insicurezze e dalle mie paure," ha detto, rivelando come le sfide personali abbiano plasmato il suo carattere e la sua arte. Per White, la cucina non è una ricetta, ma una filosofia. I cuochi più talentuosi, secondo lui, non sono ossessionati dalla tecnica, ma profondamente connessi agli ingredienti e alle loro tradizioni. Un grande cuoco deve rispettare la natura, infondere la sua essenza nei piatti e offrire una visione del mondo che lo ha ispirato.

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Derek D'Souza Photography

La fortuna e il segreto dei dadi Knorr

Nonostante il suo genio, White ha espresso una rara umiltà, attribuendo un ruolo cruciale alla fortuna. "L'ingrediente più sottovalutato della vita è la fortuna," ha affermato, sottolineando che il tempismo e gli incontri casuali sono stati fondamentali per il suo percorso. In un aneddoto ironico, ha persino elogiato l'umile dado da brodo Knorr, sostenendo che gli ha permesso di conquistare le sue stelle. "Se non fosse stato per Knorr, non avrei mai vinto tre stelle," ha scherzato, spiegando che i cubetti gli offrivano una flessibilità nel condire che il sale tradizionale non poteva dare. In un mondo che venera la fama, Marco Pierre White celebra la semplicità. In un settore ossessionato dalla perfezione, ci ricorda che la vera arte nasce dal cuore, dalla difficoltà e dalla libertà di essere se stessi.

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