Una cifra che sembra fatta apposta per sollevare sopracciglia e infiammare dibattiti, ma che per il suo creatore non è solo provocazione, bensì “un’esperienza per pochi, non per caso, ma per scelta”.
Foto del burger in copertina: @pexels, Daniel Reche
Il prodotto
Quando l’arroganza del fuoco incontra la pazienza del tempo, possono nascere creature insolite. Alcune bruciano in fretta, altre si lasciano scolpire con lentezza fino a diventare leggenda. È in questa seconda categoria che si inserisce una provocazione gastronomica nata tra la brace e la vanità, tra la carne e la viralità: parliamo dell’hamburger più costoso del mondo, servito non in una mecca dell’alta cucina francese, ma nella grintosa, fumante, grigliatissima Cabrera de Mar, a pochi passi da Barcellona. Sotto il vessillo ardente del ristorante Asador Aupa, spiega InfoBae, lo chef e influencer Bosco Jiménez – alias BdeVikingo – ha acceso i riflettori su un panino dal prezzo da capogiro: 9.450 euro, rigorosamente su invito. Una cifra che sembra fatta apposta per sollevare sopracciglia e infiammare dibattiti, ma che per il suo creatore non è solo provocazione, bensì “un’esperienza per pochi, non per caso, ma per scelta”. Un dogma che suona come un mantra: “Il lusso non deve urlare. Deve essere irraggiungibile”.

Ma che cosa si cela davvero tra i due lati di questo enigmatico burger da quasi diecimila euro? Prima di tutto, è bene chiarirlo: non si prenota, non si ordina, non si cerca. Questo hamburger si concede solo a chi viene selezionato da una misteriosa lista privata, redatta e custodita dallo staff dell’Aupa. “Se ritenete di meritarlo, potete farne richiesta, e verrà valutata” si legge sul sito ufficiale. Ma nemmeno il denaro, da solo, basta. Occorre soddisfare requisiti non divulgati. Un ristorante, quindi, che non serve solo pietanze, ma mette in scena un rituale d’iniziazione per palati eletti. Il progetto ha richiesto otto anni di studio e chilometri di esplorazioni culinarie negli Stati Uniti, alla ricerca del “panino con il ripieno più costoso del mondo”. Una formula che suona come un ossimoro: non è il prezzo a fare il valore, ma il valore a spiegare (forse) il prezzo.

La ricetta è avvolta da una discrezione degna dei più blindati dossier diplomatici. Tuttavia, tre elementi fondamentali ne rappresentano la spina dorsale:
- Le tre migliori carni del mondo – non nominate, ma selezionate secondo criteri ignoti, che escludono ogni tentazione barocca come foglie d’oro o caviale gratuito.
- Il formaggio più raro d’Europa, custodito come un segreto di famiglia.
- Una salsa ideata con un liquore di lusso, il cui nome rimane celato dietro un silenzio che sa più di marketing strategico che di romanticismo artigiano.
Tutto il resto è, letteralmente, fumo. E non nel senso negativo: quello di Aupa è l’aroma autentico della brace basca, che arrostisce carne e pesce su una griglia inclinata, in omaggio alla tradizione di Getaria, la patria del fuoco gastronomico in provincia di Gipuzkoa. Dietro questo progetto a cavallo tra performance, ristorazione e storytelling digitale c’è un personaggio dal passato singolare. Madrileno di origini basche, Bosco Jiménez, prima di diventare BdeVikingo, aveva un’altra battaglia da vincere: la sua. Nel 2019, con quasi 180 kg e una forte motivazione personale, inizia su Instagram un diario di trasformazione fisica. Ma è nel 2020, complice il lockdown, che la passione per la cucina prende il sopravvento, trasformando la sua pagina in un laboratorio carnivoro dal taglio ruvido e viscerale. Oggi vanta oltre 1,5 milioni di follower su Instagram e 1,1 milioni su TikTok. Una community che lo segue per i suoi tagli di carne spettacolari, l’estetica da guerriero norreno e una retorica che alterna spavalderia e rigore tecnico. Aupa, il suo ristorante aperto nel 2023, è l’estensione naturale di questo universo: brace, sangue e rispetto per la materia prima.

Il menu del ristorante – per chi non rientra tra i prescelti dell’hamburger dorato – è comunque un atto d’amore verso le radici basche. Dai pintxos al marmitako, dal baccalà al pil-pil fino alle leggendarie chuletas alla griglia, tutto è pensato per portare sul tavolo il sapore verace della Biscaglia. L’estetica è maschia, materica, senza fronzoli. Ma sotto l’apparente brutalismo gastronomico si cela un pensiero preciso: valorizzare la tradizione, celebrandone le tecniche senza museificarle. L’hamburger da 9.450 euro è una scelta che fa discutere. C’è chi lo considera un’opera d’arte contemporanea, un Banksy commestibile da raccontare agli amici miliardari. Altri lo vedono come una parodia del fine dining, un gesto teatrale che esaspera la tendenza a trasformare il cibo in status symbol. Ma qualunque sia la posizione, l’operazione di BdeVikingo funziona. Perché il suo panino non si mangia soltanto: si racconta. È un pezzo unico di cui non resta traccia se non nel ricordo (e nelle stories). Un atto di presenza in un mondo gastronomico sempre più bulimico, dove l’unico vero lusso rimasto è l’accesso.