Attualità enogastronomica

Cyrus, il gourmet con stipendi tutti uguali: “Qui niente distinzioni fra chef e camerieri”

di:
Elisa Erriu
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COPERTINA CYRUS

Da Cyrus, il team di sala e quello di cucina ricevono lo stesso stipendio. Tutti guadagnano un salario annuale equo – attorno ai 75.000 dollari – che garantisce dignità, continuità e partecipazione collettiva.

Foto di copertina: @danielle.kinney.imagery

La notizia

Nel silenzio ovattato di una sera californiana, tra i filari ordinati che si rincorrono sulle colline della Sonoma County, il tempo si piega con grazia, le regole si sciolgono come cioccolato caldo e l’arte dell’accoglienza diventa narrazione. Qui si trova Cyrus, che più che un ristorante è una storia in movimento, una pièce teatrale a più atti che inizia con un brindisi e si conclude con un desiderio lanciato nel cuore liquido di una fontana di cioccolato alta otto piedi. Qui, Nick Peyton non è solo il maître, è il regista silenzioso di un'esperienza che ha cambiato le regole del fine dining – con garbo, ironia e una precisa volontà: eliminare la soggezione, moltiplicare il piacere.

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Dimenticate l’austerità impolverata dei maître d’hôtel degli anni '70, quelli che – come ricorda lo stesso Peyton – trattavano l’ospite come un supplice. “Dovevi dimostrare di essere all’altezza del ristorante, ed era tutto completamente capovolto,” racconta alla Michelin con una schiettezza che profuma di rivoluzione gentile. Oggi il suo approccio è radicalmente diverso: formale nei gesti, informale nell’anima. Meccaniche rigorose, certo, ma umanità calda, sorrisi autentici e dialoghi sinceri con ogni ospite. In una parola: empatia. Da Cyrus non si cena, si viaggia. Il pasto è una "Dining Journey", un’odissea gastronomica orchestrata con precisione teatrale. Si comincia nella Bubbles Lounge, un salotto panoramico sospeso sopra i vigneti dell’Alexander Valley. Qui il tramonto colora i calici e introduce l’ospite in un’atmosfera che sa di casa, di festa tra amici. Una bollicina, un boccone leggero, e poi – con grazia e ritmo – l’invito a varcare la soglia della cucina.

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È proprio lì, nella sala cuore dell’intero progetto, che avviene la magia più inaspettata: dodici ospiti prendono posto attorno a un tavolo a ferro di cavallo, immersi nell’azione frenetica e affascinante dei cuochi al lavoro. Gli chef – e non solo i camerieri – servono direttamente i piatti, raccontano ingredienti e ispirazioni, rispondono a domande. Un’interazione vera, che cancella i confini tra sala e cucina, tra chi serve e chi riceve. Si prosegue nel glass box, la sala da pranzo trasparente dove la natura entra senza chiedere permesso. Il servizio diventa più classico, i piatti si succedono in sette portate curate nei minimi dettagli. Ma è l’ambiente, aperto alla luce e all’aria della California, a continuare il racconto di leggerezza e libertà. E poi arriva l’epilogo, poetico e dolcissimo: la Chocolate Room. Un rifugio per l’anima golosa dove tutto si scioglie – il palato, le difese, la giornata. Cioccolata calda, praline da portare via, il menu della serata e una piccola moneta di cioccolato da lanciare nel flusso continuo della fontana: un ultimo gesto simbolico, come un sigillo di un’esperienza che ha il sapore dell’indimenticabile.

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@Jesse Cudworth

Per Peyton, che ha iniziato tra i tavoli del Fairmont Hotel e ha scalato i ranghi del servizio fino a diventare una vera icona dell’accoglienza californiana, la rivoluzione passa anche dal linguaggio economico. Da Cyrus, il team di sala e quello di cucina ricevono lo stesso stipendio. Tutti guadagnano un salario annuale equo – attorno ai 75.000 dollari – che garantisce dignità, continuità e partecipazione collettiva.Anche chi lavora ai fornelli sa come spiegare un piatto, sa accogliere una domanda, sa mettersi in gioco con l’ospite,” spiega Peyton. È questo spirito condiviso che rende l’esperienza unica: un ristorante dove tutti si sentono coinvolti e dove nessuno si prende troppo sul serio. La collaborazione con lo chef Douglas Keane dura da oltre vent’anni, una simbiosi tra sala e cucina che ha attraversato epoche e rivoluzioni gastronomiche. “Abbiamo iniziato da un piccolo ristorante di quartiere, ma sognavamo in grande,” ricorda Peyton. Con il primo Cyrus, aperto nel 2005, hanno fatto le prove. Con la riapertura nel nuovo spazio, hanno riscritto le regole. E oggi, il riconoscimento del MICHELIN Guide California 2025 Service Award non è solo una medaglia, ma la conferma di un approccio profondo e coerente che ha saputo cambiare volto all’accoglienza.

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Il fine dining può essere spettacolare senza essere freddo, può essere raffinato senza risultare snob. Può, anzi, deve rispondere al desiderio dell’ospite, senza imporgli una narrazione preconfezionata. “Ognuno arriva con un motivo diverso: un anniversario, un affare, un viaggio gastronomico. Il nostro compito non è lasciare un marchio, ma farli sentire elevati, ricaricati,” dice Peyton. E quando a fine serata qualcuno chiede un abbraccio, allora sì, significa che l’obiettivo è stato raggiunto. Non si tratta solo di portare un piatto al tavolo. Il servizio, nel mondo secondo Nick Peyton, è un’arte relazionale fatta di intuizioni, empatia, rispetto. Il gesto è tecnico, certo, ma lo spirito è libero. Cyrus è l’esempio perfetto di come la grande ristorazione del futuro sarà costruita sull’incontro autentico, su esperienze che sanno essere immersive senza diventare invadenti, preziose ma non pompose, calorose senza perdere eleganza. In un’epoca in cui l’ospitalità rischia di diventare algoritmo, Cyrus sceglie di restare umano. E lo fa con una grazia disarmante.

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