La vera forza di Mattia Pecis? Un pensiero che va oltre la cucina e getta luce sui custodi “nascosti” del suo lavoro, dai contadini ai pescatori. È così che Cracco Portofino rifugge da sempre lo slogan “lusso sostenibile” e il gourmet washing.
Crediti fotografici: Vincenzo Moraca
Un pensiero provocatorio me lo concedete. I ragazzi di Ultima Generazione troverebbero sopra Portofino un sacco di letame - di vacca, di capra, di asino, di gallina e anche di piccione - da sversare a loro piacimento. Peccato che il frutto evacuatorio, non serva a protestare, bensì a nutrire i terrazzamenti dei Fescion Farmers, un duo composto da Fabio e Federica che, udite, udite, coltivano e raccolgono in modo continuativo per il ristorante Cracco a Portofino. Troppa fatica arrivare fin lassù? Ai cred. Ogni giorno i fescion compiono questa fatica per portare avanti una tradizione agricola che rischia di essere mangiata dalla montagna.

Fescion fa sorridere. E questo è assolutamente il senso del loro nome. Quelli vestiti meglio sono i vegetali e i fiori nei loro campi, come il nasturzio che Mattia Pecis mi allunga intimandomi di mangiarlo. Che sorpresa scoprire come un fiore possa esprimere un gusto pungente, quasi piccante. Federica e Fabio, hanno scarponcini ai piedi, magliette da battaglia. Sono contadini eroici che hanno trovato, più che un ristorante di lusso, una spalla su cui appoggiarsi. Di solito si sfrutta quella degli amici, qui ci andiamo vicino. Nella condivisione della fatica nascono le cose più inaspettate, le distanze si assottigliano, i pendii dei pregiudizi si appianano. La fatica è fashion.


Da quando Mattia Pecis guida il ristorante a Portofino, la parte vegetale ha sempre avuto un ruolo da protagonista. Vi rinfreschiamo la memoria con i nomi di Iva e Alberto, la coppia di anziani agricoltori che Mattia si era scelto come nonni acquisiti e che rifornivano le sue cucine di primizie terricole. La loro non più tenera età è ciò che naturalmente ha segnato un passaggio di testimone. Iva tuttavia è la responsabile dell’incontro tra Mattia e Federica. Qualche mese fa Federica si divideva tra i terrazzamenti dei Fescion Farmers e un vivaio, frequentato da Iva. Vedeva passare strane semenze e orecchiava le più strane richieste, di vegetali che mai si sarebbe immaginata in quei luoghi. Il tempo passa, le richieste di Iva non perdono la loro “esoticità”, allora Federica si decide. Va da Iva e le chiede del mandante. Iva le parla di Mattia. Federica, che ormai ha riposto la timidezza sottoterra, chiede a Iva di farglielo conoscere. Iva non se lo fa ripetere, presagendo forse già qualcosa, e li fa incontrare. Federica non sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Mattia ha uno zaino di Mary Poppins da cui estrae idee che farebbero vacillare chiunque.

Eppure, mentre scarpiniamo su e giù per i terrazzamenti, l’atmosfera è tutt’altro che tesa. Mattia e Federica ci mostrano le coltivazioni che hanno messo a terra, le piccole serre, i preparati per rendere quella terra fruttuosa e rispettosa. Anche il pesce fa la sua parte. Gli scarti che Mattia proprio non riesce a utilizzare o riciclare (intestino, altre interiora, lische), diventano parte del preparato da risorse naturali autoprodotte usato nei terrazzamenti. L’alga poseidonia viene usata per le patate. La patata viene seminata e sopra la terra viene lasciato uno strato di alghe. Il tubero è una spugna e assorbe i sali della poseidonia aumentando la sua sapidità. Questo permette di impiegare meno sale per la preparazione del piatto in cui queste patate sono utilizzate.

La logica del terrazzamento porta con sé la massima ottimizzazione degli spazi. Federica ci spiega la legge delle tre sorelle: zucchine, mais e fagioli vengono coltivati insieme per ottenere vantaggi reciproci. Il mais fornisce sostegno strutturale ai fagioli che sono dei rampicanti, inoltre protegge le sorelle dal vento. Il fagiolo è un azoto fissatore, così arricchisce e rende più fertile il suolo. La zucchina ha grandi foglie, copre il terreno come una pacciamatura, aiutando a mantenere l’umidità nel suolo e a prevenire la crescita di piante infestanti. All’interno di coltivazioni eroiche come quelle di Fabio e Federica, l’efficienza è sopravvivenza.

Intanto Ciro, il padre di Fabio, sta costruendo una carrucola per facilitare il trasporto delle cassette di verdura dal fondo alla cima. La sua voce borbottante è la testimonianza che niente è scontato in duecento metri di dislivello. Vorrebbe lasciare una chiave in ogni toppa - del pollaio, del magazzino degli attrezzi, della stalla dell’asino e della vacca e di ogni porta che si trova nel percorso da su a giù - perché quando capita che te ne dimentichi una, potete immaginare anche il dislivello dei santi che invochi. Ho fatto bene a portarmi un cambio d’abito per il pranzo. Anche se i segni di sudore e di terra sono le premesse di quello che Mattia trasforma e co-crea ogni giorno. Da un terrazzamento a una terrazza. Dal fianco della montagna al fronte mare. Sotto di noi sciamano turisti a cui basta anche solo un’ora di bellezza. Lassù, dai fescion, c’è stato un momento in cui le api hanno sciamato fuori dalle arnie, facendo risuonare la loro presenza comunitaria.

Forse sta qui la differenza, tra quelli che si accontentano dello slogan lusso sostenibile, che non richiede molto impegno e che suona quasi come gourmet washing, e chi invece ha un brusio nella testa, che non gli permette di accontentarsi. Mattia ha insistito perché vedessi il dietro le quinte e conoscessi i custodi del suo lavoro. Ha voluto mettermi davanti la sua comunità, fatta di umani che non si concepiscono da soli anche se a volte sembrano solitari, come uno chef di talento o una responsabile di sala, in un luogo che per sei mesi brulica e per altri sei guarda solo la sua bellezza riflessa nel mare. Simone Lucini, sous chef, Valeria Corona, responsabile della struttura, e Sara Olivieri, mâitre, ne fanno parte. Assieme a loro tutta la squadra che lavora a Portofino, messa insieme da Mattia e da Carlo Cracco, secondo cui la condivisione e la vita comunitaria sono un bene necessario, non di lusso.

Anche i fescion farmers fanno parte della squadra, così come alcuni pescatori di Portofino che ormai si permettono di chiamare Mattia anche durante il servizio, per consegnargli pesche eccezionali. Come quando succede una cosa pazzesca e non riesci a trattenerti, devi subito chiamare o scrivere a un amico per dirgliela. Sono cose normali, la strabordante umanità che rompe anche le reti più fitte, quelle che spesso ci costruiamo da soli per mettere al sicuro la nostra libertà. E invece finiamo per imprigiornarla in branchi di abitudini, in scivolosissimi scogli di “tanto è così”. Alcuni clienti hanno chiesto a Mattia di raccontare di più, di fargli vedere cosa c’è dietro.

Viva i ficcanaso, viva quelli che non si accontentano di sedersi, anche quando pagano. Quando vai da Cracco a Portofino - e non solo lì sia chiaro e grazie a Dio - non vai a mangiare in un finedining esclusivo. Se ti metti ad ascoltare, se per un attimo osservi davvero quello che sta andando in scena, percepirai il momento di alta formazione che ti viene servito. E d’un tratto la tua prenotazione diventa una convocazione, un partecipare con. Mattia è lo chef con lo zaino, non credo se lo toglierà mai. Conviene a tutti rispolverare il proprio e metterselo sulle spalle.

I piatti
Mattia non ha mai usato carne nei suoi menù. Prima di questo. Sarebbe andato avanti su questa stessa linea - pesce e vegetali - se non avesse incontrato un ex cuoco diventato allevatore sui monti sopra Ventimiglia. Pochissimi capi e pazze idee. Da lui prende anche alcuni rifermentati. Quando ha assaggiato la carne dei suoi agnelli, la decisione è stata semplice. Agnello e totano è un piatto in cui carne e pesce si completano perfettamente. L’agnello è crudo, perché “cuocerlo sarebbe stato come rovinarlo”, marinato in salsa koji, bacche di coriandolo fermentato e un po’ di fondo di agnello. Si aggiunge del finocchietto selvatico per stratificare anche la parte amara e poi si copre con un carpaccio di totano gigante, marinato nel finocchietto. Timo selvatico e santoreggia sono la primavera on top. La callosità del totano, la delicatezza dell’agnello, l’aromaticità dei fiori. Completamente.


Orto è la sintesi del featuring tra Mattia e i Fescion Farmers, un condensato di complessità vegetale che esprime tutta la freschezza di chi professa un’unità agricola più che un’azienda che sfrutta il terreno. Il piatto si presenta come uno scrigno in cui poter infilare anche la pianta simbolo di questa stagione, la taccola. Una crema di mandorle crude, quasi uno yogurt, succo di carote e zucca come effetto dolcificante e poi un concerto di verdure dell’orto, crude, alla brace e in carpione. Taccole, piselli, ravanelli, fiori di sambuco e petali di rosa e un fiore di nasturzio con all’interno del nasturzio fermentato tre anni, che pareva un gel di whisky torbato. Fate l’amore con il sapore del vegetale.

Prima di raccontare altre idee creative di Mattia, c’è un risotto da incorniciare. Riso, crema di ricci, gamberi e ruta. In un ristorante di livello, davanti al mare, è qualcosa che per certi versi potrebbe essere un classico. Nel profondo del nostro cuore speriamo che questi classici siano davvero intramontabili e che non si ceda a una cancel culture qualunque. Un piatto monumentale, per esecuzione, in cui la ruta fa vibrare anche la parte amara, in assonanza con la dolcezza dei gamberi e la sapidità dei ricci.

Scarola è un piatto che nasce per ottenere una doppia consistenza. La scarola viene farcita con una tapenade e poi cotta alla brace. Viene appoggiata su un fondo di salsa prescinseua. Il crudo dell’orto con trentadue varietà di insalata e fiori, fa da cappello fresco alla scarola. Una spruzzata di aceto balsamico di rosa, ottenuto dalla macerazione dei petali, chiude la seconda chicca vegetale del menù di Mattia.


Il dessert merita un affondo, così come il pescato. Una triglia di scoglio così deliziosa non l’avevano mai assaggiata. Mattia arriva al tavolo con la padella. La triglia è aperta a libro, la pelle è croccante. Già così gli occhi sono sazi di una cottura perfetta. L’assaggio provoca quel leggero movimento della testa all’indietro, per portare gli occhi al cielo forse, per ringraziare la fine del mare davanti a noi. Abbinata alle verdure dell’orto è un piatto per cui schiumare, una tempesta perfetta.

Anche in chiusura Mattia prova a dare il colpo di pinna. Millefoglie di alga è un piatto audace nell’ideazione e nell’esecuzione anche se non totalmente appagante. La partenza rispondeva alla provocazione di realizzare una millefoglie senza burro né farina. Mattia, Simone e i ragazzi puntano sulla lattuga di mare, alga che si raccoglie in abbondanza nelle calette vicine. Le alghe sono dissalate, condite con sambuco ed essiccate in forno. Tra gli strati una crema diplomatica e un caramello salato. Un finale davvero croccante se non fosse per l’eccessiva tendenza dell’alga ad attaccarsi ai denti e al palato una volta inumidita.

Cracco Portofino è un’unità ristorativa, il frontespizio di una comunità di uomini e donne che negli argini di convenzioni, ruoli, servizio impeccabile e cucina instagrammabile impone la sua tempesta umana imperfetta. Quella che vuoi tornare a incontrare, anche senza mangiare.
Cracco Portofino
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