“Abbiamo molto da raccontare e dobbiamo farlo bene. In questo senso, necessitiamo di meno focus sui modelli stellati e più attenzione alle realtà quotidiane. È importante poter contare su figure mediatiche nel settore, ma è ancora più importante spiegare il mestiere concreto alla maggior parte dei giovani che sceglie questa strada".
L'opinione
Se c’è una figura che oggi incarna l’anima vibrante, collettiva e coraggiosamente concreta della nuova cucina spagnola, quella è senza dubbio Nino Redruello. Non solo chef, non solo imprenditore: da poco anche presidente dell'Associazione Spagnola di Cuochi e Pasticceri (FACYRE), subentrando alla tenace Pepa Muñoz. Con lui, si apre un nuovo capitolo che non punta a una rivoluzione mediatica, ma a un ritorno alle fondamenta vere del mestiere. Redruello, erede di una lunga tradizione familiare con la "Familia La Ancha", non è tipo da proclami roboanti o da riflettori puntati. Il suo approccio, piuttosto, è quello del costruttore silenzioso, di chi sa che la cucina è fatta di mani che lavorano, cuori che pulsano e teste che calcolano anche, ormai, più fogli Excel che ricette. «All’inizio ho detto di no», confessa con la trasparenza disarmante che lo contraddistingue a 7 Canibales, raccontando di quando Pepa Muñoz e Diego Olmedilla gli proposero di assumere la guida della federazione. Ma poi qualcosa ha scattato: «Mi sono reso conto che era un’opportunità rara per restituire qualcosa a un settore che mi ha dato tanto».

La sua missione? Semplice, almeno sulla carta: tendere la mano a ogni singolo chef del Paese, dalla costa galiziana fino all’ultimo villaggio andaluso. Raggiungerli, ascoltarli, capirli. E poi agire. In un’epoca in cui la ristorazione è stretta tra margini risicati, carenze di personale e nuove sfide legislative, Redruello sa bene che centralizzare è il passato. Il futuro, invece, si costruisce dal basso, dalle comunità locali e dai problemi veri. Redruello non ha nulla contro la gastronomia d’autore. La rispetta, la conosce. Ma sa che non è l’unico orizzonte possibile. «Abbiamo bisogno di meno modelli stellati e più attività quotidiane», afferma. Ed è forse questa la frase che meglio sintetizza la sua visione. Non si tratta di demolire l’immagine dello chef-celebrità, ma di ridefinire la scala di valori: insegnare ai giovani che la cucina è sì passione e creatività, ma anche impegno, equilibrio e resilienza.

Per rendere il settore attrattivo per le nuove generazioni, Redruello punta dritto sulle scuole di formazione: luoghi chiave dove raccontare — con onestà e con fascino — cosa significa davvero fare questo mestiere. «Bisogna essere creativi, reinventarsi, entusiasmare. E soprattutto, lasciare che i team si esprimano». Il carisma non si impone, si trasmette. E quando chi lavora in cucina è felice, questo entusiasmo si percepisce in ogni piatto. C’è poi il tema scottante della sostenibilità economica. Aprire un’attività nel settore alberghiero oggi, in Spagna come altrove, è un’impresa che richiede nervi saldi e visione. «Ogni aspetto del settore è cambiato rispetto a trent’anni fa. Ora bisogna occuparsi del back office tanto quanto dei fornelli. E se non lo fai, non sopravvivi», osserva Redruello con lucidità. E non è una questione di pessimismo: è una chiamata alla professionalizzazione e alla collaborazione. Nessuno, sottolinea, verrà a salvare il settore dall’alto — tantomeno l’amministrazione pubblica. Quindi? Collaborare. Creare alleanze. Guardare alla vita con occhi nuovi, adattare i modelli di business, magari introducendo servizi più flessibili, orari diversi, formule ibride. Ripensare tutto, sempre.

Redruello appartiene alla quarta generazione di una famiglia che ha fatto della ristorazione una ragione di vita. Ma questo non gli impedisce di capire — e anzi, abbracciare — la rivoluzione silenziosa in atto: quella che chiede equilibrio tra vita e lavoro. «Oggi puoi avere una carriera e anche una vita: giocare a padel, uscire con gli amici, avere un partner. E questa è una splendida notizia». La nuova riforma del lavoro in Spagna, che ridurrà l’orario settimanale a 37,5 ore, non sarà una passeggiata per le imprese. I prezzi saliranno, e la classe media — il cuore pulsante del consumo nei ristoranti — potrebbe faticare a sostenere il colpo. Ma per Redruello, lamentarsi non serve. Serve invece adattarsi, ancora una volta. Pensare nuovi formati, nuove idee. La creatività, anche qui, fa la differenza.

E nonostante le mille sfide, Redruello guarda con ottimismo al presente e al futuro della cucina spagnola. Tra i nomi che cita ci sono Paco Morales, Dabiz Muñoz, Diego Guerrero, Ángel León. Eppure, più che celebrare, Redruello invita a proteggere e rafforzare: la cultura gastronomica spagnola, dice, deve restare un elemento identitario forte, un’attrazione non solo per i turisti, ma per le generazioni a venire. La sua visione è chiara: non c’è futuro senza radici, né eccellenza senza verità. La nuova era della gastronomia spagnola, con lui al timone di FACYRE, ha tutto il sapore di una rivoluzione silenziosa, fatta di ascolto, concretezza e passione condivisa. Meno luci abbaglianti, più fari puntati sui volti e le mani che, ogni giorno, danno davvero forma alla cucina del domani.