Essere donne in cucina è ancora una sfida, ma la solidarietà femminile è la soluzione. Ne è convinta la chef Lucía Freitas, che dice: “La pandemia ci ha aiutato a cercare la conciliazione fra vita e lavoro”.
La notizia
Tengono banco, nell’attualità, le esternazioni di una nota stilista sulla discriminazione professionale delle donne in età fertile. Ma tutto il mondo è paese e ogni lavoro ribadisce la stessa sfida. Ne sa qualcosa Lucía Freitas, chef stellata di Santiago de Compostela e ragazza madre di Mauro, un bambino di 6 anni. Era in lagrime dopo essere stata mollata dal socio e co-chef quando ancora allattava. Ma per fortuna la vita può riservare sorprese: è stato a stretto giro che nel suo ristorante A Tafona è capitato per caso un imprenditore americano originario della Galizia, desideroso di portare a New York un po’ dei suoi sapori e delle sue tapas.Entusiasta, le ha proposto di aprire insieme il suo secondo ristorante, Tomiño a Little Italy. E la cifra proposta era così astronomica, che le ha consentito di ristrutturare e rilanciare anche la casa madre, godendo di una popolarità rinnovata. È stato il giro di boa di una carriera, che oggi la vede protagonista della scena spagnola: un anno dopo è arrivata la stella, mentre Tomiño incassava il bib gourmand. Ed è recente la notizia del riconoscimento quale Chef del Futuro da parte dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Al successo Lucía lavorava invero da tempo. Dopo la scuola di cucina a Bilbao, scelta sull’onda di una travolgente passione domestica, coltivata col padre e davanti alla televisione, aveva compiuto esperienze cruciali con i più bei nomi di Spagna: Jordi Butron, Andoni Luis Aduriz, i fratelli Roca. Know-how avanguardista che oggi le piace applicare ai vegetali comprati ogni mattina presso il mercato cittadino o raccolti nell’orto di famiglia: sono i suoi “cromatismi”, monocromi dedicati ai colori della stagione di impronta minimalista, quasi haiku commestibili. Non senza qualche reminiscenza della corposa cucina tipica locale, soprattutto in inverno, che si tratti di stufati o di empanada.
Le difficoltà, come accennato, non sono mancate. Per una donna, lamenta Lucía, il settore resta ostile: quasi impossibile uscire dalla pasticceria, tanto per cominciare. “Molti chef raccontano volentieri di come la loro cucina sia stata ispirata dalle mamme e dalle nonne. Ma quando chiedi loro quante donne abbiano in brigata, puoi solo metterti a ridere”. Per questo, come una suffragetta della cucina, si batte in consessi come Feminas e Mujeres en Gastronomia affinché le donne facciano squadra, privilegiando scambi professionali e collaborazioni in rosa, preferibilmente territoriali. E di fatto i suoi dipendenti sono donne, con una solo eccezione.
Sono consapevolezze che la pandemia ha acuito, consentendole di trascorrere intere giornate in casa col figlio: “È stata la prima volta che mi sono sentita sua madre e non una zia, che va ogni tanto a trovarlo. Prima non riuscivo neppure a portarlo a scuola, perché lavoravo ininterrottamente. Ma per essere felici in cucina, bisogna esserlo anche fuori…. A questo proposito la pandemia è stata molto positiva, perché tutti noi vogliamo una vita più grande del nostro lavoro. Significa che devo alzare i prezzi per assumere più persone, in modo che non facciano orari folli. La mia squadra è la mia famiglia”.
Può aiutare anche qualche piccola regola, come l’impossibilità di ordinare il degustazione dopo le 21,30, per evitare di trascinare l’orario di chiusura. Oggi poi Lucía ha aperto un terzo locale, Lume, nel mercato cittadino, bar gastronomico dedicato a tapas variamente tradizionali. Ma già è stato annunciato un Lume Next Door, dedicato alla griglia, alla pizza e al gelato.
Fonte: bbc.com
Trovi qui l'articolo cliccabile
Foto nell'articolo: Crediti A Tafona
Foto di copertina: Crediti Mero Alfonso