Molto popolare sui social, lo chef Eloi Spinnler ha deciso di rompere il silenzio sulle violenze e le umiliazioni subite in cucina quando era solo un apprendista di 13 anni. Oggi, a 30 anni, è titolare di due ristoranti e ha fatto della tutela del benessere dei suoi dipendenti una missione.
Foto di copertina: ©Pierre Lucet Penato
Chef di formazione, imprenditore e volto noto dei social media, Spinnler si distingue per il suo approccio manageriale basato sul rispetto e sulla valorizzazione dello staff. Nei suoi video, seguiti da oltre 250.000 follower su Instagram, è facile riconoscerlo grazie all'iconico astuccio in pelle arancione in cui conserva i suoi coltelli. Tuttavia, dietro il suo successo si cela un passato difficile, segnato da esperienze traumatiche che lo hanno spinto a voler cambiare il sistema.
"Sono stato vittima di molestie a 13 anni”
"Ho subito molestie nel mio primo anno di apprendistato," racconta Spinnler a francetvinfo.fr. "Ero giovanissimo, avevo solo 13 anni. Porto ancora molta rabbia dentro di me.” Uno degli episodi più umilianti riguarda un gesto noto nelle scuole francesi con il nome di "olive": un collega più grande infilò un dito nelle sue natiche sopra i vestiti, senza il suo consenso, per coglierlo di sorpresa. "Questo non ha niente a che fare con un ambiente di lavoro", denuncia lo chef. "Un adulto di 22 anni non ha assolutamente il diritto di fare una cosa del genere a un ragazzino di 13 anni.”

"Cucchiai roventi e sportelli del frigo sbattuti sulle braccia”
Ma questo episodio è solo la punta dell'iceberg. La ristorazione, per lungo tempo, ha normalizzato la violenza nei confronti degli apprendisti. "Prima di arrivare a certi estremi, c'è tutto un meccanismo di accettazione della violenza", spiega Spinnler. "Cucchiai scaldati fino a diventare roventi, sportelli del frigorifero sbattuti sulle braccia degli apprendisti, schiaffi, strattoni alle orecchie, insulti, frasi umilianti come 'Non vali niente, non arriverai mai da nessuna parte’." Sebbene le mentalità stiano cambiando, lo chef sottolinea come sia ancora fondamentale prestare attenzione a questi problemi. Lui stesso, nei primi anni della sua carriera da chef, ha rischiato di perpetuare il modello tossico di cui era stato vittima. "Nel mio primo incarico da capo, lavoravo troppo, ero stressato e non mi sentivo supportato. Un giorno ho urlato contro un mio dipendente e l'ho visto tornare in cucina con le lacrime agli occhi. Mi ha distrutto.”

Un nuovo modello di gestione per proteggere i dipendenti
Consapevole di queste dinamiche, oggi Spinnler si impegna a creare un ambiente di lavoro sano e rispettoso. Insieme al suo socio Benoît Piante, ha adottato diverse misure per tutelare il benessere mentale e fisico dei suoi dipendenti nei due ristoranti che gestisce. Una di queste è un sistema di timbratura elettronica, che non serve solo a controllare i ritardi, ma anche a monitorare il numero di ore lavorate. "Ci permette di capire quante ore effettivamente fanno e, in base a questo, possiamo adattare i turni", spiega lo chef. "Prima lavoravano quattro giorni alla settimana, ora stiamo cercando di ridurli a tre giorni e mezzo.” Oltre a una migliore gestione dei turni, Spinnler ha introdotto un sistema di premi legati ai profitti dell'azienda e sta valutando la possibilità di offrire sessioni di coaching per il benessere psicologico dello staff. Il suo sogno? Creare un "bollino di qualità" per i ristoranti che rispettano una carta del benessere sul lavoro.

Un settore in difficoltà: il problema del turnover
Le iniziative di Spinnler potrebbero aiutare a migliorare l'immagine di un settore che fatica sempre più a reclutare e trattenere i propri dipendenti. Nel 2024, secondo Lightspeed, la durata media di permanenza di un lavoratore nella ristorazione in Francia è di soli due-tre anni. Inoltre, il tasso di turnover è allarmante: secondo l'INSEE, mentre la media nazionale è del 15%, nella ristorazione si arriva al 44%. In un'industria che spesso brucia i suoi lavoratori, il modello di gestione di Spinnler potrebbe rappresentare un nuovo punto di partenza. "Trattare bene il proprio staff non dovrebbe essere un'eccezione, ma la norma", conclude lo chef.