La riflessione dei fratelli Adrià presso il grande congresso spagnolo: entrambi riconoscono come spesso, negli anni, la cucina abbia adombrato il servizio, componente fondamentale dell’esperienza gastronomica.
L'opinione
Per decenni, la ristorazione d’alta gamma ha raccontato una storia in cui gli chef erano gli unici protagonisti, divinità dei fornelli osannate dai media e dal pubblico. Ma in questa narrazione, un elemento fondamentale è rimasto troppo spesso in ombra: la sala. Un’ingiustizia che, forse, è finalmente arrivata al capolinea. A riconoscerlo apertamente sono stati i fratelli Adrià in occasione di Madrid Fusión, nota la testata 7Canibales. Da un lato Ferran, padre della rivoluzione culinaria degli anni ’90: “È stata colpa nostra”, ha ammesso, un’autocritica rara nel settore. Mentre la cucina spagnola ridefiniva i confini della gastronomia, la figura del cameriere restava relegata ai margini. L’energia creativa esplodeva nelle cucine, mentre la sala si vedeva progressivamente sottratta di visibilità, ridotta quasi a un ruolo ancillare. “Non gli abbiamo lasciato più spazio”, ha aggiunto Adrià, sottolineando un aspetto fin troppo trascurato della grande rivoluzione gastronomica.
Se qualcuno avrebbe potuto ribaltare questo squilibrio, quello era Juli Soler. Geniale, irriverente, capace di accogliere gli ospiti con una maglietta dei Rolling Stones e una sigaretta tra le dita, il leggendario maître de elBulli ha rivoluzionato il concetto stesso di ospitalità. La sua prematura scomparsa ha lasciato un vuoto che, nonostante la presenza di figure di spicco come 'Pitu' Roca, Sara Fort, José Polo, Abel Valverde e Joan Carles Ibañez, non è mai stato davvero colmato. La verità è che la sala ha sempre vissuto all’ombra della cucina, priva di quella narrazione eroica che ha consacrato gli chef come star mondiali.
Eppure, l’esperienza gastronomica non è mai stata solo una questione di tecnica ai fornelli. Come ha dichiarato Albert Adrià durante un dibattito a Madrid Fusión, “il servizio rappresenta il 70% del valore dell’alta cucina”. Un’affermazione che ribalta la prospettiva dominante e ci ricorda che, al livello più alto, la qualità dei piatti è data per scontata: è l’interazione umana, la capacità di leggere il cliente, di trasmettere emozioni attraverso il servizio, a fare davvero la differenza.
Il messaggio lanciato dai fratelli Adrià non è passato inosservato. Il direttore del congresso, Benjamín Lana, ha raccolto il guanto di sfida, annunciando che nel 2026 Madrid Fusión dedicherà un’edizione speciale alla riscoperta della sala, per restituirle finalmente il posto che merita. Sarà l’inizio di una nuova rivoluzione? Forse sì. Dopo decenni in cui la cucina ha catalizzato tutta l’attenzione, è arrivato il momento di riconoscere che l’alta gastronomia è, prima di tutto, un lavoro di squadra.
