Il fine dining è morto? Certo che no! Ferran Adrià, grande maestro della cucina, condivide le sue considerazioni e riflessioni su un tema d’attualità particolarmente scottante, offrendo spunti preziosi sul presente e sul futuro dell’alta gastronomia.
Foto di copertina: Madrid Culinary Campus
La notizia
Negli ultimi tempi sulle pagine delle più importanti testate enogastronomiche a livello nazionale ha trovato spazio un grande quesito: il fine dining è morto? Numerosi sono stati gli interventi di riconosciuti chef e dei maggiori esponenti del settore con opinioni più o meno discordanti. Lo stato di salute del fine dining è, attualmente, un tema molto discusso e travalica i confini italiani.

Al Madrid Fusión Alimentos de España pure Ferran Adrià, uno dei padri della rivoluzione gastronomica spagnola e mondiale, ha esposto il suo pensiero. Secondo Adrià il fine dining è tutt’altro che morto, ma vivo e vegeto e va analizzato a partire dalla sua essenza più profonda: la sociologia.

“Pare che solo oggi si scopra che la gastronomia è tutto. Il piacere di mangiare al ristorante, ma anche il cibo in sé. La grande attrattività del settore è scaturita dall’alta cucina. È necessario un piano strategico a livello nazionale che tenga conto dell'impatto che il fine dining e i suoi esponenti hanno avuto sulla società. È un’analisi che richiede un ottimo lavoro a livello sociologico, esempi chiari si trovano anche al di fuori dalla Spagna: il Perù, ne è l'emblema. È un caso che conosco molto bene perché ho partecipato al processo in cui un uomo, Gastón Acurio, ha generato un cambiamento sociale attraverso la cucina, dando forza al suo Paese. Oggi, i ragazzi e le ragazze vogliono diventare chef piuttosto che calciatori”, racconta a Sietes Canibales.

Adrià mira a sottolineare come il fenomeno gastronomico influenzi fortemente l'economia di ogni stato, sia che si consideri l’aspetto commerciale e turistico, sia tutti i settori che a cascata traggono benefici dal forte richiamo e fascino che oggi la cucina ha sull'intero sistema. Cita, quindi, la potenza di Redzepi nel far emergere la cucina scandinava così come la rivoluzione che l’ha visto protagonista negli anni ‘90. “Dovrebbe esserci una statua gigante di René Redzepi a Copenaghen, accanto alla Sirenetta. 25 anni fa, la Danimarca era un Paese in cui gli ultimi argomenti di cui si poteva parlare erano la gastronomia e l'alta cucina. È un qualcosa di sconvolgente se ci si pensa e le stesse considerazioni si devono fare per comprendere ciò che accadde in Spagna negli anni ‘90. Perché allora una dozzina di talenti spagnoli - che il tempo ha dimostrato essere straordinari - si sono riuniti proprio in quel momento? Ciò che è stato realizzato è pazzesco, avere quattro spagnoli tra i migliori chef del mondo, è paragonabile ad avere Federer, Nadal, Djokovic e Sampras in un’unica squadra. Questa rivoluzione è stata molto importante perché ha fatto sì che i bar di tapas, ad esempio, iniziassero a servire il vino al bicchiere. Ma c'è di più: MasterChef non esisterebbe se questa rivoluzione non avesse avuto un impatto sulla società. La maggior parte delle tecniche utilizzate oggi in cucina sono nostre. L'unione di noi chef, tutti amici, è stato fondamentale per quella rivoluzione, che avrebbe dovuto essere estesa alle amministrazioni pubbliche e alle aziende private. Non è populismo. Questa è la realtà. Si può essere competitivi senza essere dei bastardi. Rispetto, onestà, generosità e gratitudine sono stati e sono i nostri valori”.

Con l’excursus nell’ultimo trentennio della gastronomia mondiale Adrià vuole sottolineare l’importanza delle tradizioni e del loro studio, così come della profonda coscienza di tutto ciò che c’è stato prima. “È necessario fare un inventario non solo dell'alta cucina creativa, ma anche della straordinaria cucina tradizionale che esiste in Spagna. L'idea che un congresso come San Sebastián Gastronomika si concentri sulla tradizione è un successo. In passato non gli è stato dedicato né il tempo né lo studio necessari. Tutto deve essere valorizzato: sono molto insistente su questo punto, è necessario elaborare un piano strategico che tenga conto di tutto questo”.