La cucina, secondo Enrique Olvera, è pur sempre la nostra storia: un ponte tra ciò che eravamo e ciò che potremmo diventare, senza dimenticare le basi.
Lo chef
“La cucina non è ancorata al passato. Deve evolversi, adattarsi, ma sempre con rispetto e sincerità. Quando abbiamo aperto Pujol nel 2000, l’idea era semplice: dimostrare che la cucina messicana poteva raggiungere gli stessi livelli di qualsiasi altra gastronomia. Inizialmente utilizzavamo molte tecniche moderne per rivisitare i piatti della tradizione, col tempo siamo tornati a qualcosa di più immediato, di più diretto, come la griglia o la carbonella”, confida a Food&Sens Enrique Olvera, uno dei più importanti ambasciatori della cucina messicana sul palcoscenico della gastronomia mondiale. Diplomato al Culinary Institute of America, negli anni di formazione viene a contatto con il movimento neo americano e con chef del calibro Thomas Keller, arricchendo il suo bagaglio culturale e affinando il suo talento con l’obiettivo di tornare in Messico e sublimare la cucina delle sua terra.
Nel 2000, inaugura Pujol a Città del Messico, ristorante dove celebra ed esalta piatti tradizionali messicani come tacos e tortillas -ricette che, spesso, nell’immaginario comune, sono relegate a cibo veloce ed economico. Il profondo legame con il Messico, i suoi ingredienti e le sue ricette hanno portato Olvera a interpretare la cucina come un vero e proprio veicolo per raccontare la storia del suo Paese e l’evoluzione del suo popolo. Emblematico è “Mole Madre, Mole Nuevo”, piatto in cui viene servito un mole - tipica salsa messicana ottenuta dalla lavorazione di peperoncini pestati, spezie e aromi - invecchiato per più di 1.500 giorni accanto a uno fresca, a significare la ciclicità del tempo.
“La cucina non è né passato né futuro. È ciclica. Ogni volta che realizzi la stessa ricetta sei una persona diversa. È un processo in perpetuo movimento, come il rapporto con le nostre radici. Se non ci evolviamo rischiamo di perdere ciò che rende viva la nostra cucina. Evolversi, però, non significa rinunciare a tutto”, racconta. Quella di Olvera è una missione in cui innovazione e tecnologia trovano spazio senza, tuttavia, essere mai fini a se stesse, ma con l’unico obiettivo di tramandare le tradizioni culinarie messicane. “In cucina utilizziamo, sì, tecniche moderne, ma solo se servono a valorizzare gli ingredienti, non se snaturano la loro essenza!”, spiega. Se la tradizione è focale nella cucina di Olvera altrettanto lo è il rapporto con i produttori locali senza i quali lo chef non potrebbe esprimersi. “Il rapporto con i produttori è fondamentale. Garantiscono la qualità, ma soprattutto la sostenibilità degli ingredienti. Alcuni prodotti come il chayote o alcune varietà di mais sono in declino. Se non li usiamo, scompariranno”.
In quest’ottica oltre a Pujol e altri ristoranti come Cosme, Atla, Damian, Eno e Criollo nel 2018, Olvera, ha inaugurato Molino “El Pujol”, per preservare la tradizione delle tortillas fatte a mano con mais locali in collaborazione con piccoli agricoltori messicani. “Siamo i custodi di una storia, ma anche gli artefici del suo futuro. Ogni ricetta, ogni tecnica, ogni ingrediente racconta qualcosa. La cucina è un ponte tra ciò che eravamo e ciò che potremmo diventare”.