Un connubio tra Oriente e sapori di montagna, in una continua ricerca di gusto che sfiora l’umami, il balsamico e l’affumicato. Una meravigliosa passeggiata nel bosco dei sapori.
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Il ristorante
A Livigno esiste un posto che si presenta come un’oasi inaspettata. Si sale le scale dell’hotel Sporting e ci si trova Al Peršéf, un ristorante capace di mettere immediatamente il cliente a suo agio. Rigore, tranquillità e un suggestivo pass a vista in cui il curioso (e soprattutto goloso) ospite può osservare la brigata e lo chef al lavoro. La cucina di Attilio Galli è sincera, ricca di sfumature che non sono riconducibili a un luogo ben preciso, appunti di viaggio che sfiorano l’Oriente, per approdare poi alle meraviglie che offre la montagna livignasca.
«Quando siamo partiti volevamo usare quello che non conoscevamo- spiega lo chef- eravamo già orientati alla ricerca dell’umami, poi pian piano ci siamo avvicinati al territorio, per essere sempre più consapevoli che raccontare ciò che conoscevamo da piccoli, è più semplice e soprattutto interessante». L’impronta orientale è quindi sempre presente, ma ora il disegno di cucina di Galli si orienta verso la scoperta di nuove sfumature della propria terra.
«In questo nuovo menu l’idea è quella di far uscire da ogni piatto il balsamico del bosco e che l’oriente sostenga questo sapore. È una sinergia, vogliamo valorizzare i prodotti locali alpini ma con l’aiuto dell’umami- e continua- ci saranno tante erbe, stiamo facendo foraging più o meno una volta alla settimana, è una pratica splendida che libera la mente e arricchisce il piatto».
La degustazione
Nel nuovo menu i sapori sono definiti, dritti come lame di gusto. Quello che è stato fatto è innanzitutto lavorare molto sull’affumicato. «Ci viene dato dall’aroma delle piante, dallo speck- racconta Galli- in molti piatti c’è un bel sottofondo affumicato che sta molto bene con la soia o con l’agrodolce. Perfetto anche in abbinamento con i grassi, come il burro, la panna d’affioramento, il latte, ma anche un pesce come l’anguilla».
Nella degustazione convivono quindi sapori come il balsamico, l’affumicato, ma viene utilizzata molto anche la tecnica della fermentazione, con cui si conservano castagne, noci nere, ma anche l’aglio. «Noi puntiamo tanto anche sul recupero e sull’utilizzo di parti meno nobili, come per esempio il ragnetto (lo spider Steak), ossia il fianchetto, un taglio poco conosciuto perché ce n’è poco e perché è molto difficile recuperarlo».
E seguendo la stessa filosofia nasce anche un piatto molto particolare e amato dallo chef, ossia il Coniglio, che viene realizzato usando ogni parte anatomica dell’animale ed è strutturato in più portate. E se c’è la sublimazione della carne, c’è anche quella vegetale. Prova ne è un piatto che emoziona molto Galli, composto solo ed unicamente da erbe di montagna. «Quando un ospite si trova davanti questa portata è come se venisse portato in mezzo a un bosco pieno di profumi».
Dentro ai piatti
Ci sono delle portate che rimangono storiche e insostituibili nel percorso degustazione del ristorante. Si tratta per esempio dello Spaghetto affumicato, in menu da ben quattro anni. «Mi capita che alcuni clienti vengono al ristorante e mi diano carta bianca, ad una sola condizione: che questo piatto ci sia sempre. Qui il segreto è tutto nel brodo».
Un alto cardine della cucina di Galli è il Primordiale, ossia un’idea di pizzocchero. «Abbiamo un nostro campo dove coltiviamo il grano saranceno- spiega lo chef- usiamo le foglie, prima che vadano in germinazione per fare una crema condita poi con del burro. La foglia di verza viene legata come un arrosto, cotta quasi in confit in questo burro aromatico e poi viene fatta la cagliata (con ricotta, ottenuta da latte fresco di mungitura ndr.) che appare sotto forma di granita».
In un piatto che sa senza dubbio di territorio, interviene la pesteda a dare il tocco finale, usata nell’emulsione di foglie di saraceno. «Questo è uno dei nostri signature- confessa Galli e continua - Quest’anno ci sarà un evoluzione, andremo anche a far germogliare i semi del grano saraceno e faremo una bevanda che arricchirà la spuma di latte. Verrà poi utilizzato anche il saraceno decorticato, messo nel piatto bollito e condito con olio alla salvia».
Un’altra portata che senza dubbio ha tratteggiato il pensiero creativo di Attilio è stato il Radicchio. «Utilizziamo sempre quello di stagione, dal ceriolo, al tardivo, al rosa di Gorizia. È un piatto nato dall’idea di voler mettere un sapore come l’amaro, in una soluzione acetica/agrodolce (ottenuta con aceto di pomodoro, melograno, sambuco ndr.) lasciata a macerare per dieci giorni. Dall’ emulsione di santoreggia, si crea poi un olio che viene montato con l’aggiunta di crème fraîche per dare grasso al radicchio. Vengono poi fatte essiccare le bacche di sambuco e rese polvere». A colorare il piatto di gusto c’è poi la meravigliosa cagliata di pinoli, ottenuta frullando questi frutti e aggiungendo latte di pinolo siberiano. C’è poi il lampone fermentato, che dà la parte acidula al piatto. Una creazione che, nel suo tripudio vegetale, dà una soddisfazione piena all’ospite, che nell’equilibrio di questa preparazione, trova completo godimento.
Ma a toccare le corde delle emozioni, dulcis in fundo, arriva il Bondighibinet, un tipico dolce a base di arachidi che ha sempre allietato i bambini di Livigno. «Questo è un bel ricordo del 6 gennaio nell’infanzia di tutti i ragazzini che sono nati e cresciuti qui. Durante questa giornata, si va per case, un po’ come ad Halloween e si chiede un pensierino- e continua- Un tempo si regalavano mele, arachidi, mandarini… ed è proprio per questo motivo che ho voluto usare tutte queste materie prime, per riportare quello che ho vissuto da piccolo in fine dining».
E in questo meraviglioso messaggio che sa di poesia c’è tutta la filosofia del Ristorante Al Peršéf e di Attilio Galli: far affiorare emozioni, in un percorso che valorizzi il territorio e la sua connessione con il mondo, in una sinfonia di sapori capace di regalare, ad ogni boccone, preziose suggestioni di gusto.
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