Il progetto nasce da un incontro tra due visioni affini: da un lato l’accoglienza sartoriale e il gusto impeccabile dell’hotel 5 stelle lusso, rinnovato nel 2011, diretto da Cristina Vascellari, con l’identità culinaria dello chef Valentino Cassanelli del ristorante Lux Lucis, dall’altro la vocazione cosmopolita, urban e avveniristica di Patrick Pistolesi.
Il Drink Kong a Forte dei Marmi
Sotto il cielo terso della Versilia, sulla sommità dell’Hotel Principe Forte dei Marmi, nasce Sky Kong, una collaborazione d’eccezione che intreccia ricercata ospitalità con la vibrante creatività di uno dei cocktail bar più acclamati d’Italia: Drink Kong, punto fermo della scena romana e attualmente al 33° posto nella classifica dei “World’s 50 Best Bars”. Il 67 Sky Lounge, con vista impareggiabile che spazia dalle Alpi Apuane al Mar Tirreno, si trasforma così per tutta l’estate in una tappa dedicata alla mixology d’autore, Drink Kong porta a Forte dei Marmi un po’ del suo Kong Factor, così definisce la sua estetica la classifica mondiale dei migliori bar. Grazie all’estro visionario di Patrick Pistolesi, fondatore e anima del bar romano, l’elegante rooftop diventa scenario di una proposta unica che mescola ricerca, storytelling e cocktail dalla forte personalità.


Accolti in un’atmosfera sofisticata, tra luci soffuse e arredi contemporanei, i cocktail si fanno racconto, rito, memoria liquida. Il progetto nasce da un incontro tra due visioni affini: da un lato l’accoglienza sartoriale e il gusto impeccabile dell’hotel 5 stelle lusso, rinnovato nel 2011, diretto da Cristina Vascellari, con l’identità culinaria dello chef Valentino Cassanelli del ristorante Lux Lucis, dall’altro la vocazione cosmopolita, urban e avveniristica di Patrick Pistolesi.


"Sono un semplice barista, per metà irlandese e per metà romano, che beve come un irlandese e mangia come un romano, innamorato del Giappone - così si racconta Patrick -In Irlanda i pub sono una sorta di estensione del salotto di casa e lì ho imparato cosa significa convivialità.” Quest’anno sono ventotto anni di carriera per lui e da sette anni ha aperto Drink Kong, un progetto internazionale che a Roma ancora non esisteva, L’idea era di creare qualcosa di fruibile da tutti, a differenza degli speakeasy che escludono, che avesse una qualità superiore agli street bar, con la giusta proporzione fra grandi classici della miscelazione e tanta ricerca.

Pistolesi è ipnotico quando spiega l’essenza del bar e si capisce che sono concetti nel suo dna, quando dice che il bancone è pura evocazione di emozioni, e che è il luogo dove la motivazione ad andare è la più lontana dal bisogno primario che si soddisfa, cioè la sete. "Con un drink vai ad aprire cassetti di evocazione" - spiega - "lo storytelling di un barman può produrre un momento catartico, o trasformarsi in momenti di regressione infantile. E succede a tutti, perché il bancone è in qualche modo una livella, lì seduti lì siamo tutti uguali.” È la prima volta che Drink Kong si cimenta in una collaborazione così lunga che però è stata accettata con enorme entusiasmo da entrambe le parti: “Ci ha dato la possibilità - dice Patrick - di far capire che la nostra filosofia, che nasce street, è declinabile in versione posh-kong per ambienti sofisticati come Il Principe.”

Dall’altra parte, lo chef Cassanelli e il suo team erano già fan del bar romano: “Tre anni fa eravamo a Roma con Sokol e Pietro [sommelier e sous chef del Lux Lucis ndr] per un evento finito la sera tardissimo - racconta Cassanelli - quindi siamo andati da Drink Kong e siamo rimasti tutti e tre folgorati dai loro cocktail, ne ricordo uno ai funghi incredibile.”
I drink e la cucina di Valentino Cassanelli

Fra i drink che si potranno gustare per tutta l’estate a Sky Kong, alcuni sono grandi classici del locale romano, come Canova, che rievoca tutta l’essenza del Mediterraeno, dove, assieme al gin compaiono rosmarino, timo, basilico, olive nere, limone e Gaijin con whisky, ananas e miso rosso trattato con pochissimo zucchero per estrarne le note di caramello.



Gli stuzzichini in abbinamento sono a cura di Cassanelli e riproducono in chiave finger l’identità del ristorante Lux Lucis, Stella Michelin dal 2017, come l’insalata alla brace e le penne al pomodoro, aglio nero e miso.
La sinergia creativa tra chef Valentino Cassanelli e il progetto Sky Kong si fonda su un’intesa profonda e sulla condivisione di un’idea comune di talento come vocazione luminosa, da coltivare con rigore e visione.


Cassanelli è figura emblematica di una nuova generazione di cuochi capaci di coniugare radici e orizzonti. Dopo le esperienze fondamentali da Nobu a Londra e presso la brigata di Carlo Cracco, a soli ventotto anni viene chiamato a guidare la cucina del Lux Lucis, al rooftop del Principe, dimostrando fin da subito una padronanza matura e una creatività fuori dal comune.

Alla base della sua traiettoria vi è una concezione corale del lavoro, dove la squadra ricopre un ruolo fondamentale. In questo, il sodalizio decennale con Sokol Ndreko, maître e sommelier di rara finezza, si rivela paradigmatico: un’intesa costruita sull’armonia tra competenza e naturale eleganza, al servizio di un’ospitalità che non conosce sbavature.

In un luogo sospeso fra mare e monti — da un lato il litorale versiliano, dall’altro Modena, terra natale dello chef, oltre le Alpi Apuane — Cassanelli dà forma a una delle proposte gastronomiche più audaci e visionarie del panorama italiano. La sua cucina non si piega alle convenzioni, rifugge la prevedibilità, predilige geometrie irregolari, suggestioni laterali, ingredienti dimenticati, e un immaginario che pare immune alle contaminazioni della banalità.

A guidarlo, una poetica dell’inaspettato, un culto dell’originalità intesa come disciplina ed è proprio su quella linea sottile, tra intuizione e metodo, che si muove Cassanelli, al quarto piano dell’hotel.
Lo chef cura la proposta gastronomica dell’intero universo Principe, dalla prima colazione fino alla tavola in riva al mare. Curatissima è la selezione mattutina di formaggi e salumi, tra cui spicca per voluttà un irresistibile salame di Montignano, assolutamente peccaminoso. Mentre al Bagno Dalmazia, della medesima proprietà, la sua cucina assume il tono di un disinvolto pranzo “pieds dans le sable”, senza mai rinunciare alla profondità gustativa. Da ceci e gamberi fritti, fino al sontuoso pacchero alla puttanesca di ventresca di tonno, passando per il polpo alla brace, nobilitato da una incisiva laccatura in salsa barbecue.


Al ristorante Lux Lucis i menu degustazione, uno tutto vegetale, sono la trasposizione in bocconi di alta cucina di quanto si gode dalla vista del roof top, “Per tutte le nostre proposte - spiega lo chef - che si tratti di chi si ferma per un piatto, o chi fa lo chef table, cerchiamo di farlo con la massima leggerezza, senza forzature, perché lo scopo principale è fornire felicità.” E ci riescono pienamente.

Si parte con un consommé di panzanella, una sorta di sublimazione della tradizione toscana, con i profumi dell’orto estivo e l’essenza del pane, lontano dalla matericità dell’originale, in forma liquida.
Il percorso enologico curato dal preparatissimo sommelier Piero Ghiri si delinea su un principio guida dove si riscontra grande bevibilità in vini complessi, come per il Ripa di Sopravento di Vittorio Graziano, figura di culto nell’universo della rifermentazione in bottiglia e maestro del Lambrusco più autentico. In questa etichetta, elaborata secondo i canoni dell’antica metodologia ancestrale, con un perlage finissimo e note di spezie dolci e frutti esotici. I grissini sono al profumo di pane Marocco di Montignoso con lardo di Colonnata e arrivano insieme a una focaccina di patate e porro affumicati, da intingere in burro alle acciughe ed emulsione di amarena

Nel calice, un Trebbiano di struttura, profondo e complesso, H’ama di Valle del Sole, dalla bassa Val Freddana, dove si congiunge Camaiore a Lucca, con un sorso di vivace sapidità, con frutta tropicale densa e punteggiata da sfumature di timo e rosmarino, Nella zuppetta di arselle l’essenzialità del mollusco incontra l’intensità di un datterino disidratato, concentrato, quasi caramellato, mentre il beurre blanc intriso dell’umami sapido della bottarga di tonno, apporta al fondo cremoso una spinta marina.

Chiude con una vellutata cremosità, la nitida freschezza La Maestà della Formica, Malvasia, Trebbiano e Chardonnay, di Vignesperse: una giovane realtà sui pendii dell’alta Lucchesia, a Careggine, dove le vigne sparse, un tempo destinate alla produzione domestica, si estendono tra i 450 e i 1000 metri. Lo scampo appena scottato si appoggia su una crema di ceci dalla soavità terrosa, corroborato da un’intensa emulsione di pomodoro e crostacei, con il tocco arboreo dell’olio extravergine al cipresso con sfumature resinose. Un'elegante espressione langarola nel G.D. Chardonnay Damilano, con note di burro e miele d’acacia che evocano un Meursault dallo stile classico, mentre la speziatura di pepe bianco lo assimilano al Mâconnais. Una sottile piccantezza finale ne scandisce l’inaspettata bevibilità.

Il risotto Tom Yam è un’ode alla tradizione thai traslata nella sintassi del riso italiano: la zuppa asiatica si fa base di questo risotto audace, attraversato da una vivida acidità agrumata e da un piccante calibrato. A sublimare il piatto intervengono una salsa di riccio di mare affumicato e una lamella di tartufo nero, che donano profondità marina e umami raffinato. Una Malvasia atipica Abissale Vignedimare di Salina. Contrariamente al consueto andamento morbido delle Malvasie siciliane, “Abissale” incide per verticalità e tensione: il sorso è asciutto, salino, con accenni minerali che sfiorano l’idrocarburo, evocando per certi versi il carattere di un Catarratto etneo. La tigella, rivisitata in chiave croccante e leggera, si lascia attraversare da sentori iodati e marini. È l’incontro gustativo tra l’entroterra emiliano, terra natale di Cassanelli, e la costa tirrenica, espressione perfetta del concetto di salmastro.


Le carni sode e di grande pulizia gustativa del morone delle acque dell’Elba vengono esaltate dalla cottura alla brace e vivacizzate dalle diverse sfumature vegetali di ortaggi marinati. Nel Ratafià Champenois Solera 90-13 di Henri Giraud, Pinot Noir e Chardonnay vinificati e fortificati con acquavite, l’ossidazione controllata regala un bouquet di frutta secca, datteri, nocciola, e un’evoluzione aromatica che rievoca uno champagne ultraevoluto. Nel pre-dessert si parte dalla dolcezza vegetale della carota, proposta nature nei suoi tre colori, declinata in spuma e sorbetto a cui si unisce l’acidità pungente dell’olivello spinoso. Diverse consistenze e cromie per un trait d'union azzeccatissimo tra l'universo del salato e quello del dolce.

L’amaro del cioccolato stempera la dolcezza tropicale della banana nel dessert, mentre l’aromaticità balsamica del basilico aggiunge freschezza. Il limone chiude con un colpo di acidità sferzante, mentre i pinoli evocano la tradizione toscana con tocco sapido e tostato. Il finale non è semplicemente piccola pasticceria, “ma è la sintesi del nostro pensiero - racconta Cassanelli - che da una parte ricerca sempre un certo classicismo, sebbene nella più contemporanea delle accezioni, quindi finire il pasto con la frutta e l’altro tema è quello dell’impatto ambientale. Da moltissimi anni utilizziamo frutti e relative bucce disidratate a fare da contenitori delle friandises finali.” In questo caso una melagrana, leggermente resinata, che porge dei cioccolatini di cioccolato rosa con melograno e rosa.

