Chef

Elio Fernandez: “Giovani, imparate a fare i brodi prima delle sferificazioni”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina elio fernandez

Nella trattoria di famiglia ha ricavato uno stellato fedele alle origini, che oggi affianca un locale di cucina contaminata, una bottega e un laboratorio per i salumi. “Il mondo rurale è il futuro”, afferma lo chef asturiano. “La provincia è dove si produce; mancano sostegni e occupazione, ma credo arriveranno”.

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La sua è stata la decima stella delle Asturie.Un riconoscimento che comporta più lavoro, più riconoscimenti, più prenotazioni, più personale, più qualità nel servizio e molta emozione personale”, commenta composto Elio Fernandez, chef del ristorante Ferpel a Coaña. “Le aspettative crescono. In un buon ristorante, sono quasi sempre soddisfatte. Ma in uno stellato sono molto alte. Ora che abbiamo una stella, dobbiamo lavorare come se puntassimo alla seconda, in modo da mantenere la prima sempre in alto”.


Figlio d’arte, Elio Fernandez è cresciuto nella popolare trattoria dei suoi genitori, senza mai dubitare che la continuità fosse la strada. Dopo gli studi, ha poi compiuto le sue esperienze in giro, in Spagna e in Svizzera, prima di rientrare a casa e ricominciare a dare una mano. Inizialmente in punta di piedi, poi portando la sua visione contemporanea e d’autore. Che però non smette di ispirarsi alla tradizione e alla campagna. “Il mondo rurale è il futuro”, rivendica. “Amo la cucina della nonna, le minestre, le fave, le lenticchie, le uova al chorizo con le patate e molto pane”.


E di fatto, nonostante la giovane età, Fernandez sembra ragionare fuori tempo rispetto a tanti coetanei. “La mia cucina è umile, plurale e innovativa. Dico sempre che dobbiamo innalzare i prodotti poveri che abbiamo intorno fino al cielo. È ciò che fa grande un cuoco. Se usi il caviale, un gambero di Denia o i percebes galiziani, basta metterli in bocca. Sono prodotti che non danno problemi, se ben cucinati. Ma fare in modo che un ingrediente semplice sorprenda, è più complicato. Non è impossibile né difficile, ma serve creatività”.


I giovani che arrivano per fare pratica dicono che si aspettavano una cucina molto più ‘difficile’. Vedono i film che si girano, secondo cui l’alta cucina sarebbe complicatissima e dittatoriale, che stiamo sempre sferificando o con l’azoto liquido in mano. Ma non è così, è tutto molto più semplice. La base di ogni buona cucina, alla fine, è la casseruola. Che tu mangi delle lenticchie buonissime o una sferificazione di lenticchie in un tre stelle, la base alla fine è la stessa. Stufare è la cosa più importante, per quanto possa precedere altre tecniche di alta cucina o più costose. Noi non facciamo altro, per esempio facciamo un brodo di pollo con un altro brodo di pollo e arriviamo al terzo con gli avanzi. Significa concentrare il gusto ed estrarre tutto ciò che si può da ossa, ritagli e grassi. Bisogna alleggerire, ma non del tutto, altrimenti otterremmo brodi ‘lavati’ come quelli che si facevano un tempo, quando mancava la carne e si cuocevano le ossa due volte per la minestra”.


Dopo il covid, la stella paradossalmente ha rallentato i piani. Il secondo locale Loloka di cucina contaminata, dai tacos ai bao, alla pizza, ospitato nella casa dei nonni, va a gonfie vele, tuttavia manca il personale. Poi ci sono la bottega gourmet con vini, formaggi e piatti in barattolo e il laboratorio di salumi. “Vorremmo aprire un terzo posto, ma aspetteremo quest’anno, perché dopo la stella il lavoro e il battage ci stanno impegnando abbastanza”.

Fonte: 65ymas.com

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Foto di copertina: @El Comercio

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