Marco Pierre White e la battaglia per una cucina di qualità accessibile a tutti: si possono vendere grandi piatti a cifre ragionevoli, dichiarava già 30 anni fa il grande chef al Financial Times. Oggi quell’intervista fornisce ancora una chiave di lettura attuale dell’universo ristorativo.
Lo chef
Conosciuto come l’enfant prodige, lo chef rock star; noto per il suo essere spregiudicato e irriverente, per aver portato la cucina britannica all'attenzione internazionale e formato alcuni tra i più blasonati chef d’Oltremanica, Marco Pierre White non ha mai smesso di dire la sua. Nonostante fosse il 1999 quando, dopo 22 anni di totale dedizione alla cucina, annunciò il suo ritiro dalla prima linea per dedicarsi alla gestione di diversi ristoranti - oltre a partecipare a programmi tv e scrivere di food- il grande cuoco, ancora oggi, assume una netta posizione - da sempre lungimirante e anticipatrice dei tempi - su come dovrebbe funzionare il mondo della ristorazione. Palese è sempre stata la sua “ragionevole ossessione” per il rapporto qualità-prezzo, così come per la prevalenza della sostanza sull’estetica in qualsiasi tipo di proposta culinaria.
Partito da Leeds a soli 16 anni, dopo aver lasciato il liceo per formarsi in alcune tra le più prestigiose cucine stellate del Regno Unito - dove è riuscito a sviluppare la sua innata passione per la gastronomia - Marco Pierre White ha ricevuto la prima stella a soli 24 anni nel 1987 con l’Harveys, la seconda l’anno successivo e la terza, a 33, grazie all’apertura del Marco Pierre White all’interno dell’Hyde Park Hotel: stella che l’ha consacrato come il primo e più giovane chef britannico a ricevere il massimo riconoscimento dalla Rossa. Si può ben dire che il cuoco, conosciuto per la sua irriverenza e sfacciataggine, abbia da sempre ben chiare le dinamiche delle cucine fine dining (e non). “Sono pessimo? Alcuni lo dicono. Alcune persone criticano me e il mio lavoro, ma chi sono queste persone? Non ottieni due stelle Michelin se sei solo uno poco di buono. C'è di più", dichiarava al Financial Time già nel 1994 in tempi non sospetti (l'intervista è stata oggi ripubblicata a distanza di 30 anni, proprio per evidenziarne l'attualità nel tono e nei contenuti).
"Ecco un esempio. Una delle cose in cui credo, nei miei ristoranti, è il rapporto qualità-prezzo: cibo conveniente, ma a livello degli standard Michelin. Al The Canteen tutti gli antipasti costano 6,50 sterline e tutti i piatti principali 10,50. Le persone possono permetterselo. Ecco perché The Canteen guadagna oltre 70.000 sterline a settimana. Voglio raggiungere questo tipo di rapporto qualità-prezzo al The Restaurant (allora tre stelle Michelin, ndr). È troppo facile derubare i clienti. Purtroppo questo capita spesso. Il modo in cui guadagnerò i miei soldi è nel lungo periodo. L’ultima cosa che farò è mettere a repentaglio ciò che ho già”. Ora, con le varie steakhouse, i ristoranti già in attività e quelli che sta per aprire, il desiderio di rendere la cucina di qualità alla portata dei più è ancor più vivo e concreto. Pierre White non si è mai nascosto dietro a formalismi e convenzioni, è sempre stato un libro aperto, che non esita a esporre il proprio punto di vista risultando, tuttavia, a volte, indecifrabile ai più per il genio che ha in sé.
Quel genio, la perseveranza e il suo sogno di diventare chef l’hanno portato da un paesino del West Yorkshire a diventare uno dei maggiori esponenti della gastronomia mondiale. Forse proprio l’animo di quel ragazzino, arrivato a Londra con 7.36£ nel portafoglio, una scatola di libri e una borsa di vestiti, fa sì che ancor oggi Pierre White promuova concept più casual, che diventano un vero e proprio punto di riferimento per la comunità dove gustare ottimo cibo in un’atmosfera rilassata e conviviale. “Penso che ogni mio locale debba essere democratico, questo è molto importante per me", ha infatti dichiarato qualche mese riferendosi a uno dei suoi ultimi progetti.