Ferran Adrià, pioniere della gastronomia mondiale, riflette sulle storture del settore. Dall'utopica immagine degli chef, creata dai media, ai salari dei camerieri parigini fino all'influenza delle cucine straniere in Spagna. Sottolinea l'importanza della conoscenza e della costante capacità di mettersi in discussione per restare competitivi in un mercato in continua trasformazione. Nonostante non abbia frequentato l’università, la sua dedizione allo studio e alla ricerca rimane una parte essenziale del suo successo.
Crediti foto di copertina: Ben Hider
La notizia
Ferran Adrià, uno dei personaggi più influenti del mondo food, se non il più rivoluzionario, continua a riflettere sul panorama odierno, anche se si è ritirato dalla cucina attiva dopo la chiusura del suo iconico ristorante, El Bulli, nel 2011. Nelle sue recenti interviste, ha affrontato diverse tematiche, tirando le somme di ciò che sta accadendo nel mondo della gastronomia contemporanea.
“L’immagine che ci propinano degli chef è totalmente utopica, i media tendono a idealizzare la figura, presentandola spesso come una sorta di artista visionario, una rockstar che vive in un mondo di creatività pura, senza tener conto delle difficoltà reali e delle sfide quotidiane che il mestiere comporta” afferma a Elle. “Non ho ancora visto The Bear perché non sono abbonato a Disney+, ma so che la gente è arrabbiata, il protagonista si recherà in Danimarca piuttosto che in Spagna, evidentemente non siamo stati bravi a venderci all’estero”.
In effetti, ci sono sfide significative legate alla gestione di molte attività del food & wine, come la sostenibilità, la qualità del servizio, e la capacità di innovarsi in un mercato altamente competitivo. Tuttavia, è anche vero alcune realtà riescono a distinguersi grazie a una organizzazione attenta e puntuale. “Certo, i salari non sono ancora minimamente adeguati, ma presto dovremmo raggiungere gli standard della Francia. A Parigi, ad esempio, i camerieri arrivano a guadagnare fino a 4mila euro al mese; ovviamente dipende dal tipo di locale, alla posizione e all'esperienza del personale, ma la situazione è questa", riflette Adrià, secondo cui lo staff di sala in altri paesi dovrebbe comunque percepire il doppio.
“La Spagna negli ultimi anni è stata influenzata dalla cucina tradizionale asiatica, messicana e peruviana, mentre la tecnologia, e tutto ciò che ne consegue, non ha contribuito a migliorare il settore. Solitamente utilizzo Instagram per informarmi su tutte le novità, apprezzo il lavoro dei gastro influencers, ovviamente c’è un limite, i commenti professionali dovrebbero lasciarli a chi se ne intende, e quando esagerano smetto di seguirli”.
Adrià non ha frequentato l’università, nonostante ciò, si alza tutte le mattine alle sei per studiare per circa cinque ore di fila: “La conoscenza è tutto, io non sono un genio, ma mi applico nel quotidiano”. Il mito ha costruito la sua carriera proprio sulla costante capacità di rimettersi in discussione. Ogni suo progetto nasce dall’idea che non esistono limiti definitivi, ma solo opportunità per esplorare nuovi orizzonti. Questa filosofia lo ha portato a evolversi continuamente. La sua ricerca lo spinge a non fermarsi mai, reinventando sé stesso e la sua concezione della gastronomia contemporanea.