Pasticceria

Dominique Ansel, dal localino di 100 m² a “re dei cronuts” con 250 clienti in fila

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina dominique ansel

Figlio di un operaio, il pasticciere francese Dominique Ansel nel 2013 ha creato un classico contemporaneo dell’arte bianca mondiale: il donut. Le file di golosi che ha attirato, dopo qualche difficoltà iniziale, gli hanno consentito di ampliare il laboratorio e la squadra. “Ma una singola creazione non deve mai impedire il progresso”.

Il pasticcere

Dominique Ansel è uno dei pasticceri più famosi del mondo: dalla sua immaginazione sono nati classici contemporanei come il cronut, crasi di croissant e donut, forse la specialità più dirompente dell’arte bianca mondiale recente. Dal momento del lancio sono trascorsi oltre dieci anni, ma lunghe code continuano a snodarsi di fronte al suo bancone, tanto resta popolare a New York. E lui le allevia offrendo con gratitudine cioccolata calda, limonata o madeleines. “In un decennio abbiamo creato oltre 120 gusti solo a New York, che salgono a 250 considerando le altre botteghe”, racconta in un’intervista a sogoodmagazine.com.

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Era il maggio 2013 e l’idea era quella di sfornare qualcosa di speciale per la festa della mamma (motivo per cui la prima versione fu rosa alla vaniglia). “La mia ragazza e socia, che ora è mia moglie, suggerì un donut, ma io sono francese… Non avevo una ricetta per il donut”. Furono necessari due mesi e dieci diverse versioni per l’eureka: Ansel impiegò la tecnica della laminazione per la pasta da croissant francese, ma variò le proporzioni fra gli ingredienti e adottò la conformazione a ciambellina tipica del dolcetto americano. “Lo abbiamo messo in carta. Un’amica blogger è passata, ha scattato e postato una foto e dopo tre giorni c’erano già 150 persone in fila prima dell’apertura. Non eravamo pronti per una cosa del genere”.

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Ai tempi avevo solo quattro dipendenti, due cuochi e due baristi, con un laboratorio di 100 metri quadrati. E all’improvviso c’erano 150, 200, perfino 250 persone davanti alla porta ogni mattina. Qualcosa di sfidante. Ci hanno urlato in faccia, sputato addosso quando eravamo senza, sono spuntati imitatori e avvocati. Ma devi mostrarti ai tuoi ospiti, con la pioggia o col sole, anche prima che varchino la porta”. Da allora la squadra e la produzione sono cresciute abbastanza, da soddisfare una fila che persiste imperterrita. La ricetta è rimasta invariata, ma la produzione è cresciuta a diverse centinaia di pezzi al giorno. Ogni cronut al bancone resta comunque di giornata, appena fritto e passato nello zucchero, farcito e glassato. Ogni mese poi c’è un gusto nuovo, destinato a non ripetersi.

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Il successo è stato tale, che ben presto si è stretto l’assedio di investitori e industrie alimentari, intenzionati a moltiplicare i negozi, anche in franchising, e produrre su vasta scala la specialità già brevettata. Ma il pasticciere ha respinto le sirene del facile guadagno. “Mio padre lavorava in fabbrica. Conosco quella vita. Non l’ho mai voluta per me stesso. Ero felice nel mio piccolo laboratorio a Soho e con le altre specialità in vendita in carta, come DKA [Dominique’s Kouign Amann]. Abbiamo un detto: ‘Non lasciare che la creazione uccida la creatività’. Non permettere mai che un’opera ti impedisca di progredire”.

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