È incalzante la crescita di Valentino Cassanelli, che al Lux Lucis di Forte dei Marmi propone una cucina dalla giovinezza incline alla maturità, classica ma dritta nel concetto, con la complicità impeccabile di un altro fuoriclasse: Sokol Ndreko.
Il ristorante
Da una parte il profilo bianco e aguzzo delle Alpi Apuane, asserragliate come una falange, di fronte lo specchio calmo del mare e le cabanas immacolate, tutt’intorno l’infilata delle villette fra i pini e la campagna che sfuma in lontananza. Si intravede perfino la silhouette dell’Isola d’Elba, evanescente fata morgana, contrapposta a uno sperone di Liguria dall’ultimo piano dell’hotel Principe di Forte dei Marmi, dove ha sede il Lux Lucis. Un’esperienza quotidiana che Valentino Cassanelli, fra i talenti più convincenti della giovane guardia, ha eletto a tema della sua creatività.
Cassanelli ci aveva già abituato, in questi dodici anni di Versilia, alla corsa delle contaminazioni, spesso fomentate dai viaggi. Ora, nel menu “Orizzonti on the road”, cesella il paradosso di essere qui e altrove, sulla fune tesa di una traiettoria che non ha confini. Si sa: il linguaggio è tanto più poetico, quanto più è vago e impreciso. Ma l’orizzonte è per definizione quanto sfuma: quella vaghezza che in italiano (e solo in italiano) sta per grazia, desiderio, bellezza. Così come indefinito, recitano Leopardi e Calvino, è il riflesso della luce, con gli effetti materiali che ne derivano: Lux Lucis, per l’appunto. La luce della luce e i suoi volubili giochi.
Se la vaghezza è poetica, tuttavia, l’esattezza è implacabile. Soprattutto la sala e la cucina si incastrano al millimetro, come raramente accade in Italia, tanto che sarebbe quasi impossibile immaginare i piatti di Cassanelli senza il bicchiere scelto all’uopo da Sokol Ndreko. La simbiosi professionale fra i due, che hanno praticamente aperto il ristorante, è sempre più compiuta e si allarga oggi a nuove figure, come il sommelier Piero Ghiri, passato per il leggendario Merlo di Camaiore.
La cucina e i menu
La carta si chiama “Versilia in Movimento”, perché, spiega Cassanelli, la materia locale vi si contamina con spezie, culture gastronomiche e cotture esotiche. Poi ci sono diversi percorsi: Vegetalmente, dove le verdure sono interpretate in chiave salmastra, per trasmettere il timbro gustativo della casa; Litorale, con i piatti di mare, e Orizzonti on the road, appunto, che trasmette l’idea di un viaggio lento, dove l’alterità non è consumata salendo e scendendo da un aereo, ma approcciata pazientemente, mentre la materia piano piano si sposta. Costano rispettivamente 130, 150 e 190 euro, ma il consiglio è di non mancare il pairing a 75, 95 e 110.
Orizzonti si articola in una sequenza di attimi, dall’alba alla notte: haiku culinari che come nelle scorse stagioni seguono un tema, concatenando le corse a mo’ di concept menu. E l’impressione è quella di una giovane maturità sempre più sicura ed elegante. “Sono cresciute la consapevolezza del luogo e della materia prima, la confidenza con i fornitori e con la squadra, che è sempre più stabile. Non siamo più solo io e Sokol, attorno a noi si è formato un team molto forte.
Il gruppo è sempre più concreto, con una visione univoca, che ci consente di lavorare con libertà di mezzi e di pensiero. Gli stessi ospiti sono più consapevoli e questo ci aiuta. Non siamo più quelli che fanno cose strane al Forte: quando vogliono qualcosa di diverso, vengono da noi, sapendo che oltre all’immaginazione, troveranno l’aspetto confortevole e l’attenzione per il territorio, coerentemente con la nostra visione.
Il mio concetto rimane lo stesso da sempre, ma nei primi anni, quando ero più giovane, la mancanza di tempo e di staff poteva portare a gusti più dritti, perché dovevamo semplificare, elidendo elementi che potessero aggraziare. Oggi osiamo un po’ di più, ingentilendo e ammorbidendo. Ma il concetto resta sempre dritto”.
I piatti
Horizon è etimologicamente ciò che limita, insomma la norma del gioco. Ed ecco l’ossimoro di un’“Alba di mezzogiorno”, rivolta cioè verso sud. Si compone di olio di foglia di fico, pala marinata, verdure verdi, un raviolo di cacciucco con tanta triglia e un filetto di triglia in sashimi, per finire con il beurre blanc alla bottarga di tonno. Da una parte il territorio, dall’altra la Sicilia. In abbinamento Ndreko mesce un Riesling della Mosella Schwaab-Adams Wehlener Sonnenuhr Auslese 1983, che suggella il paradosso spaziale, tamponando la freschezza vegetale con la morbidezza del residuo zuccherino.
“Ricordo futuro” è invece un signature della casa: lo Sgombro al caffè con panna cotta di lumache, mela cotogna fermentata e caviale, leggermente rivisto nella preparazione del pesce, non più passato sui chicchi di caffè, ma marinato e poi arrostito sulla pelle, con l’aggiunta di poca polpa nella panna cotta a legare. L’abbinamento è un folgorante sidro di pere Poiré di Bordelet, carico di aromaticità e dolcezza ma solo all’olfatto, con la bollicina che finisce di pulire la grassezza del pesce azzurro, in liaison con la mela cotogna. Perché un menu che esplora gli orizzonti chiede di spaziare fra le provenienze e le tipologie più varie. Si chiama “Litorale” lo scampo reale cotto e crudo, ovvero scottato all’unilaterale, servito con hummus di ceci, altro ingrediente tipico per esempio della cecina, cipresso per il balsamico del primo entroterra e cialde di pomodoro per la leggera acidità e il calore dell’estate, più una classica salsa montata. L’identità della Versilia in un morso elegantissimo.
“Scoglio di levante” segna poi il passaggio ai primi. Si tratta di mezze maniche al tamarindo con i tipici murici alla marinara. “Da anni cerchiamo di contrastare la dolcezza degli amidi con l’acidità del liquido di cottura, in questo caso un brodo di tamarindo, dal PH simile al pomodoro, che fa sì che la pasta stessa abbia un gusto duplice. La guarnizione sono murici alla marinara con salsa all’aglio e un’emulsione di fegati e scarti al brodo di tamarindo”. Il pesce nero, o morone, è un feticcio della casa. In “Profondo” il pesce pelagico viene preparato “alla brace mediterranea”, ovvero marinato nel miso con l’aggiunta di sambuco, polline ed erbe bruciate a equilibrare, poi finito alla piastra e alla brace. Il contorno sono vegetali stagionali nella loro semplicità: cetriolo marinato, portulaca o erbe spontanee, pomodoro.
Segue “Rurale”, il maialino di cinta senese con agresto di mango e peposo di cinghiale. “Racconta la ruvidità dell’entroterra toscano, nel prodotto e nella citazione del peposo, antica ricetta variata con un fondo in parte di cinghiale. Diventa nostra attraverso l’agresto, ricavato dal filare di vite dei Bagni Dalmazia, le cui uve acerbe sono sottoposte a marinatura, macerazione ed estrazione, poi stoccate ed emulsionate con polpa di mango maturo”.
“Salmastro” è un piatto composto di farro della Garfagnana cotto in brodo di manzo ridotto e miso, mantecato al Parmigiano e sormontato in contrasto da una canocchia cruda condita con olio al limone e pepe Sansho, più bottarga di diaframma di manzo e limone bruciato. “Struttura e freschezza, salmastro di terra e di mare: il timbro della mia cucina”. E qui tocca alla birra Testa di Luppolo, un’Ipa locale, anche per contenere il tenore alcolico. La dolcezza del farro, contrastata dalla sapidità delle cicale, è ripresa dalle note di cereale, mentre l’agrumato rimbalza il limone e la cremosità lavora.
Chiude il salato “Un viaggio lontano”, piccione cotto in carcassa, poi finito sulle erbe mediterranee, la cui dolcezza è contrastata da una salsa “genovese” alla cipolla di anemoni di mare arrostiti, più salsa verde di erbe mediterranee e olio alla ‘nduja per il piccante e il grasso animale. Il predessert “Brezza”, servito su un cucchiaino di marmo locale, verticalizza base semifreddo al mascarpone, aria di acqua di mare al limone ed erbe di mare e caviale, per una passerella fra salato e dolce.
Prima di “Notte marina”, finti sassi di cioccolato Angiolini con sale di Volterra, pinoli di San Rossore, salicornia, limone bruciato e basilico, per una sensazione di spiaggia dopo la grigliata estiva. L’abbinamento è un drink ispirato al classico binomio cioccolato-rhum. Ndreko non trovava il giusto vino, ma ricordava un rhum giamaicano che richiamava nettamente la foglia di banana. “Il tenore alcolico, però, è oggi sotto gli occhi di tutti, quindi ho pensato di aggiungere un liquido che rendesse il distillato più versatile e fluido nella beva, nello specifico un tè verde della Via del Tè, con cui la collaborazione è rodata, per non aggiungere tannini al cioccolato. L’estrazione dolce avviene a temperature controllate, sviluppando note di castagna cotta e concettualmente di marron glacé. Dolcezza, ma anche struttura del distillato a pulire”.
Chiude la piccola di “Siamo alla frutta”, macedonia di elaborazioni in chiave antispreco comprendente chips di quinoa e ananas, bonbon di melagrana e rosa, tartufino di banana, cremino di pinolo e lampone.
Contatti
Ristorante Lux Lucis | Principe Forte dei Marmi
Viale Ammiraglio Morin, 67 – 55042 Forte dei Marmi (LU)
Tel. +39 0584 783636
Sito Web: principefortedeimarmi.com