Il ristorante di punta del mondo Peq Agri, tra sostenibilità e stelle (rossa e verde): una magnifica vista sul golfo di Andora e la cucina green di Giorgio Servetto, fortemente legata all’autoproduzione.
*Contenuto con finalità promozionali
La vista sul golfo di Andora, da Terrazza Praiè, una volta ammirata, diventa un ricordo indimenticabile. Vignamare, nomen omen, si trova proprio qui ed è un ristorante davvero particolare. Incastonato tra i vigneti di Colla Micheri, porta il nome del vino di punta della cantina Lupi, parte del sistema Peq Agri che abbiamo già avuto modo di raccontare.
Lo spazio dedicato all’alta ristorazione è il risultato di un progetto architettonico molto particolare che abbraccia e si fonde con la natura circostante. In origine, negli anni ’70, era una cisterna di cemento per l’acqua d’irrigazione, poi inutilizzata e in stato d’abbandono. Oggi, è un elegante luogo d’accoglienza, caldo e intimo che vanta uno spazio dehors spettacolare con vista impareggiabile sul golfo di Andora e sulle montagne. Al ristorante si può accedere a piedi o in kart elettrico attraverso un vialetto tra i filari delle vigne di Vermentino.
Qui Giorgio Servetto, cuoco ligure di lungo corso che ama visceralmente la sua terra, ha saputo creare un ambiente gastronomico di notevole fascino.
Lo chef e il ristorante
Parte presto, la carriera di Servetto: “Mi sono affacciato a questo mondo a 14 anni, all’alberghiero di Finale Ligure. La fortuna più grande è stata avere come professori degli chef che operavano anche sul campo come Mauro Poliotto, il quale, lavorando prettamente per ristoranti d’hotel di un certo livello, si è sempre battuto per dare un’istruzione all’avanguardia. Poi ancora Gianluigi Strobino, capo partita da Paul Bocuse e sous chef del Louis XV di Alain Ducasse a Parigi. Era la metà degli anni ‘90 e conoscevo già la tradizione del territorio, ma quando incontri questi personaggi ti rendi conto che la cucina è un’altra cosa.”
La prima esperienza significativa Giorgio la fa alla Fornace di Barbablu a Sant’Ermete, con un approccio diretto ai prodotti e alla qualità anche con grandi numeri, a fianco di Giuseppe Ricchebuono; poi passa all’Antico Genovese a Varazze, dove scopre i segreti dei salumi. E inizia a prendere consapevolezza dei princìpi fondamentali che contraddistinguono la sua cucina: “Oggi dimentichiamo troppo spesso che questo mestiere non è solo trasformare in piatti le materie prime, ma serve capire l’origine dei prodotti e la loro specificità, saper fare ben i conti e analizzare i dettagli.”
Torna ancora alla Fornace per rivoluzionarne il format con Ricchebuono: “Facevamo numeri importanti, fino a settecento persone nei quattro giorni d’apertura ma Giuse ha voluto cambiare e curare le cose nel dettaglio; era il 1999 e nel 2001 è arrivata la prima stella dopo grandi sacrifici sia economici che professionali, perché non è semplice passare da centinaia di coperti a trenta, con uno scossone di investimenti non da poco.”
Classe 1975, Servetto a 24 anni è già docente all’Istituto Bergese di Sestri: “Ma coniugare ristorazione e insegnamento si è ben presto rivelato un compito troppo arduo e ho capito che dovevo fare una scelta precisa.” Lasciato l’insegnamento, apre un suo locale, U sciarattu, ad Alassio e subito dopo la Locanda dell’Asino con Gianni Gaibisso per perfezionare la sua ricerca di uno stile di cucina orientato alla genuinità del prodotto e a una visione intransigente della qualità: “Un lavoro sempre più attento sulla materia prima e una collaborazione sempre più stretta con i piccoli artigiani locali, grazie anche alla grande intesa e sensibilità con Gianni, un vero gourmet”.
Parlando con Giorgio Servetto ci si accorge di avere di fronte uno chef di grande creatività e curiosità, dedito alla ricerca continua, grande appassionato di vino e molto dinamico: “Serve avere elasticità, sete di conoscenza e non rimanere ancorati alle proprie idee. Confrontandosi, la mente si apre ad orizzonti inesplorati. Mi piace dedicare momenti alla scoperta di cose nuove, incontrare grandi maestri e conoscere da vicino i produttori. È un continuo imparare. Con impegno, volontà e sacrificio si arriva sempre all’obiettivo. È stato ed è un viaggio bellissimo.”
Prima di arrivare al Nove di Villa La Pergola, dove conquista una stella rossa Michelin nel 2021, parecchi stage importanti, anche con Enrico Bartolini e Gaetano Trovato. Infine, arriva a Vignamare, dove in brevissimo tempo ottiene prima la stella verde Michelin nel 2023, a soli sei mesi dall’apertura, e poi nel 2024 arriva la stella rossa che suggella la prima tappa di un percorso che si prospetta importante.
“Ho sposato subito questo progetto, si trattava di fare cucina di alta qualità e di ricerca con un format diverso. Qui il lusso sta nella semplicità estrema e, allo stesso tempo, ho a disposizione materie prime di altissimo livello, prodotte in modo naturale e a vero kilometro zero. Il Vignamare è inoltre parte di un progetto eco-sostenibile a tutto tondo e posso disporre di attrezzature che mi aiutano a fare il mio lavoro al meglio. Ho sposato in pieno la filosofia di Peq Agri che in qualche modo mi riporta alle origini, dato che i miei erano contadini e a Sassello avevamo una tenuta. Qui posso finalmente realizzare quello che ho da sempre dentro di me. Abbiamo tre ettari di orto e si può tranquillamente dire che è il ristorante a essere al servizio dell’agricoltura e non viceversa. Trasformiamo quello di cui si prendono cura ogni giorno le persone che lavorano con noi, e tutto viene riutilizzato e adattato per essere consumato.
Un’altra cosa importante per me è avere avuto la possibilità di conoscere gusti veri, come il latte appena munto o il burro di malga. Qui ogni giorno sperimentiamo e creiamo sapori e gusti sempre diversi, con i salumi, i formaggi, gli ortaggi. Lavoriamo per tentativi e ovviamente commettiamo degli errori perché lavorare a diretto contatto con l’orto significa anche imparare a conoscere e riscoprire meglio la terra e la sua composizione, la stagionalità e adattarsi ai cambiamenti climatici. Niente viene dato per scontato, si parte dalla tradizione millenaria di questa terra e si sperimenta, si crea, si innova, giorno dopo giorno. Alla fine, il risultato dà sempre una grandissima soddisfazione.”
La cucina, a Vignamare, è decisamente originale: l’autoproduzione raggiunge il 75% del fabbisogno, si utilizzano carni e prodotti derivati da galline, conigli, capre, pecore e arriveranno presto anche manzi e maiali. Oltre a questo, la carta dei vini prevede solo bottiglie delle cantine del gruppo, tutte liguri, che sono Lupi, Praié, Guglierame e Berry&Berry, ma è comunque piena di sorprendenti chicche enologiche: “All’inizio non ero convinto perché la trovavo una scelta limitante, ma mi sono dovuto ricredere.”
I piatti
Partendo dal fatto che il menu del Vignamare cambia costantemente a seconda del ritmo delle stagioni e dei prodotti disponibili nei loro orti, i piatti assaggiati durante la nostra visita ci hanno convinto, dall’inizio alla fine.
Siamo partiti con una variazione sul carciofo, cotto a vapore e poi fritto per preservarne la croccantezza, e un gusto che ricorda la nota di nocciola da crudo, il cremoso ottenuto dal carciofo stracotto e brasato e infine una farcia con il vegetale alla brace: “Per ricordare il barbecue e le giornate calde primaverili sotto Pasqua, quando mangiavamo capretto e carciofi. Ho voluto trasmettere i diversi tenori di gusto che questo magnifico ortaggio molto versatile può vantare”, ci spiega Giorgio.
A seguire, il pansotto riscaldato, la cui sfoglia è realizzata con sedano rapa, farcita di prebuggiun (miscela di erbe selvatiche ed aromatiche), Parmigiano Reggiano e ricotta di pecora. Viene adagiato su un ragù vegetale base a granaccia e una besciamella di topinambur: “è un ricordo della mia adolescenza che ho voluto trasformare in piatto quasi interamente vegetale. La domenica, Maria, mia madre, ne faceva sempre delle produzioni esagerate, così che i pansotti potessero essere riscaldati per la sera o il pranzo del giorno dopo. E con una leggera tostatura in padella erano più buoni e gustosi che preparati al momento”.
Riuscito anche il piatto sulla gallina ovaiola ormai non più produttiva, bollita in modo da ottenerne un fondo bianco e una carne gustosa, condita con tartufo e ripassata a vapore. Viene servita con salsa verde, verdure crude, cotte e in agrodolce. A completare, una gelatina del fondo stesso a ricordare l’aspic. Un eccellente piatto al 100% con prodotti Peq Agri sono i bottoni di asparagi: “Riassume il lavoro che facciamo in azienda, perché utilizziamo ortaggi della nostra Asparagia, presidio Slow Food. Uso una pasta cotta per confezionare il ripieno di asparagi al verde appena scottati e conditi con il nostro parmigiano di capra, aglio e prezzemolo. Poi li passo a vapore e li tosto in padella. Ad accompagnarli è una sorta di zabaione salato, montato con un fondo bianco aromatizzato con la nostra pancetta affumicata. Schiuma di aglio ed emulsione di santoreggia completano con una nota ligure. Guarniamo infine con asparagi arrosto e peperoncino.”
Buonissimo anche lo gnocco di triglia, alla cui base c’è un impasto classico con patate quarantine ed erbe liguri; la farcia è composta da ragù di triglie e dalle stesse crude. La salsa è un ristretto di triglia alla livornese, guarnita con le sue carni appena scottate in salamandra. “Questo piatto è un omaggio ai ricordi d’infanzia e a mio padre quando si andava a pescare e al ritorno preparava la sua mitica zuppa.” Ingegnosa invenzione il Rossini vegetale, in cui lo chef ha usato tutti gli ingredienti originali, ma sostituendo filetto, fegato grasso e fondo: “Abbiamo una bieta passata al burro, un crostone croccante, il filetto è sostituito da un tournedos di rapa cotta alla brace ed asciugata in forno, il fegato grasso da una scaloppa di avocado e il fondo da un ridotto di verdure profumato al Cervo Rosso, il nostro Petit Verdot. Sale Maldon e petali di tartufo a guarnire.”
Di grande succulenza capretto e radici, un altro ricordo della vita in famiglia: “Quando si preparava il capretto da fare alla brace, la pancia veniva staccata per fare una cottura a parte e rendere le costine più semplici da mangiare. La stessa veniva poi cotta in umido e girata in fricassea: in genere era l’ultima portata di Pasqua.” La pancia a Vignamare viene servita cotta a secco a bassa temperatura, il che la rende morbida e fondente; viene farcita con la spalla cotta del capretto in fricassea e poi tostata in padella. A completare, la coscia confit, il pâté di frattaglie al tartufo, un fondo della carne al limone, purea di scorzonera e radice amara arrosto.
Si conclude in bellezza con Dolce sa essere l’ape, che Servetto ci racconta così: “è un omaggio e un manifesto di sensibilità verso un insetto a cui dobbiamo la vita sul nostro pianeta. Alla base un crumble al burro di cacao e polline, una gelée di asparagi e rapa rossa, un gel di finocchio selvatico, uno di camomilla e uno di limone. Infine, un chutney di carote allo zenzero e una cheesecake di ricotta di capra (o pecora) autoprodotte, e la raffigurazione delle api ottenute da una bavarese al miele e pasta di mandorle.”
Contatti
Vignamare- Peq Agri
Strada Castello 20- 17051 Andora (SV)
e-mail: vignamare@peqagri.it
Telefono: 351 713 5050