“Siamo le Alpi, siamo in debito con la nostra eredità naturale e culturale. Attraverso la mia cucina alpina, cerco di restituirle qualcosa, presentandola a tutto il mondo”. A Bad Ragaz lo chef Sven Wassmer lavora al ristorante perfetto, in armonia con l’ambiente e le esigenze di vita dei collaboratori.
Lo chef
Siamo a Bad Ragaz, ridente villaggio della Svizzera Orientale. In questo frastagliato e verdeggiante paradiso alpino, destinazione turistica non troppo inflazionata, opera un cinque stelle, il Grand Resort intitolato alla località. Che da qualche tempo ha un’attrattiva in più, oltre le montagne e gli standard di lusso: un ristorante a tre stelle Michelin, Memories, che dopo la consacrazione attrae foodies da tutto il mondo, tanto che la sua lista d’attesa è lunga diversi mesi.
Il merito dell’impresa va allo chef Sven Wassmer, considerato nell’ambiente un enfant prodige e un predestinato. Aveva solo 35 anni quando ha ricevuto la fatidica telefonata, età che ne fa uno dei più giovani tristellati di sempre e del mondo. Dal canto suo, Wassmer ringrazia la famiglia per la sua prima educazione gastronomica: in casa, racconta a Rolling Pin, andavano in tavola i vegetali freschissimi dell’orto con frutteto di proprietà, cucinati con amore. Cosicché già a 4 anni si sentiva attratto dal mestiere, aiutando la madre in cucina, per poi diventare rapidamente “chef salat”. Una vocazione che al momento di scegliere la sua strada, gli è stata rammentata, cosicché si è ritrovato apprendista e non ha più esitato.
“È stato subito fuoco e fiamme, perché potevo fare quello che amavo. Col buon cibo si fanno felici le persone ed era esattamente ciò che volevo. Mi ha soddisfatto e lo fa tuttora”. È seguito un primo hotel cinque stelle, scelto per avere un assaggio di tutto, dalla pasticceria al catering. Ma lì la giovane promessa ha realizzato che solo in un fine dining avrebbe potuto lavorare con prodotti di eccellenza, come bramava. E così sono arrivate le prime esperienze nelle alte sfere, da Andreas Caminada e non solo. “Il tono era severo, i tempi di lavoro interminabili e ogni tanto volava pure qualche piatto. Non sul pavimento”. Comunque il viatico per la carriera in solitario, intrapresa a Memories e Verve by Sven, il secondo punto di ristoro del resort, anch’esso stellato.
“In entrambi i ristoranti lavoro a un cibo sano e di pregio, preparato con i migliori prodotti regionali. Da Verve by Sven perseguiamo un lifestyle salutare con l’aiuto di consulenti alimentari, il focus è sulla Svizzera e anche oltre. La stella non era nei piani e ci ha sorpresi. Da Memories ci concentriamo piuttosto sulla cucina alpina, di cui sono specialista e che mi fa sentire a casa. Le Alpi si estendono attraverso la Germania, la Francia, l’Italia, il Liechtenstein, l’Austria, la Svizzera, Monaco e la Slovenia. Dal punto di vista culinario c’è una grande diversità e sorgono possibilità infinite, dai prodotti ittici a quelli del pascolo. Ma le montagne erano anche solcate da sentieri gastronomici ed è per questo che in diverse regioni si ritrovano piatti simili. L’eredità culinaria è per me il vero lusso. Chi non dimentica le sue radici, è sempre un passo avanti”.
La terza stella, racconta, non è stata una passeggiata: sono state tante le rinunce che ha affrontato, nei dieci anni in cui l’ha inseguita. E gli effetti si sono subito fatti sentire: nel giro di due ore dall’annuncio, il ristorante era prenotato per anni. La piattaforma è saltata e sono state necessaria tre persone per rimpiazzarla durante qualche mese. “La gente approdava in Svizzera solo per noi, da tutto il mondo. Mi sembrava surreale. Ci sono volute otto settimane perché assimilassi la cosa. Assicurare sempre una prestazione top con il tutto esaurito rappresenta un’autentica sfida”. Padre di due bimbi, Wassmer ha anche dovuto imparare a delegare, talvolta dire di no e perfino spegnere il cellulare, confidando nella sua squadra.
La stella verde è stata la benvenuta, ma per lui conta di più la sostenibilità sociale, ovvero creare un ambiente di lavoro armonioso, i cui orari siano conciliabili con la vita privata, anche per fidelizzare i collaboratori. “Mi assicuro che possano proseguire la loro formazione, li integro nelle decisioni e nei processi, lasciando loro tempo libero. Solo così possiamo andare avanti. Non credo tanto al bilanciamento vita-lavoro, quanto al bilanciamento di vita. Chi sente il proprio mestiere solo come lavoro, probabilmente ha sbagliato strada”.