Nonostante l’annosa crisi del settore primario, ci sono giovani che tornano ai lavori rurali. Succede anche in Spagna, dove capita che una ragazza di ventotto anni si senta realizzata fra le pecore. “È un lavoro ben retribuito, che mi lascia tempo libero per i miei hobby. Troppa gente non vuole sporcarsi le mani”.
La storia
A ventotto anni Erika Garcia ha già lasciato alle sue spalle due possibili vite. Prima voleva intraprendere gli studi per diventare tecnico di gestione aziendale, ma non ci è riuscita per motivi familiari. Ha quindi dovuto iniziare subito a lavorare come cuoca, ma la retribuzione era insoddisfacente. “È saltata fuori la possibilità di fare la raccolta delle noci e dopo un paio di giorni, mi hanno offerto di passare nell’allevamento. Al termine di una prova di 15 giorni, non mi sono più mossa”, ha raccontato a Siete Canibales.
Sono ormai due anni, infatti, che lavora come allevatrice presso la Dehesa di Los llanos, vicino ad Albacete, nella comunità autonoma di Castiglia-La Mancia. Si tratta di un’azienda agricola estesa su 10mila ettari, che produce vino, olio extravergine, miele di rosmarino e lavanda, noci e conserve di pernice rossa; soprattutto alleva ovini e produce Queso Manchego col latte di pecora sotto la direzione di una maestra casara, Paqui Cruz.
Sono 5500 le pecore di razza manchega che Erika cura con affetto, tanto che a volte ci scappa pure qualche bacio, e munge con l’aiuto di quattro colleghi. La sveglia è puntata alle 5, per essere nel giro di due ore fra le greggi belanti, fino alle 3 del pomeriggio; ma in certi periodi ha dovuto anche staccare, perché ogni pecora va munta due volte al giorno, compresi i festivi e il fine settimane. Per quanto non siano tutte rose e fiori, la natura continua a entusiasmarla. “Ci vuole forza per mungere le pecore e anche una certa destrezza. Bisogna conoscere gli animali, saperli trattare. Non tutte le pecore sono uguali, alcune si muovono molto e ho già ricevuto qualche calcio”, scherza.
“La gente non sa quanto sia bello lavorare con gli animali. Può darsi che non ami la campagna o che le sembri troppo dura. Non è facile relazionarsi con le pecore, ci vuole forza. Oltre a mungere, io alla fine devo pulire la sala, raccogliere gli escrementi. Poi nel pomeriggio, alle tre, si prepara il pagliericcio. I miei amici dicono che non li invoglia. Ma è un lavoro come tutti gli altri; se non vuoi studiare, devi guadagnarti da vivere. A tanti però non piace sporcarsi le mani. Portiamo i guanti e c’è la paglia, ma la gente esagera”.
Per quel che la riguarda, non ha intenzione di guardarsi intorno o cercare altro: è un lavoro ben retribuito, che le lascia tempo libero per andare in palestra e coltivare i suoi hobby. Certo le piacerebbe mettersi in proprio, ma per quello occorre un capitale di partenza che non è facile raggranellare.