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New York Times, parlano i grandi cuochi: “Questo è il mestiere più difficile per fare soldi”

di:
Alessandra Meldolesi
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COPERT1

Il New York Times misura la febbre ai grandi cuochi d’America: ecco cosa pensano del presente e del futuro della ristorazione.

Non sono stati tempi facili per la ristorazione, né in Europa né tantomeno in America: la pandemia, l’inflazione, la contrazione del mercato, la fuga della manodopera e il clima di guerra hanno messo a dura prova gli chef, che si sono trovati a dover assorbire le trasformazioni dovute ai movimenti del #metoo e di Black Lives Matter. “La cultura e l’economia del loro business sono cambiate, in certi casi drasticamente”, scrive sul New York Times Julia Moskin, che è andata a intervistare 30 professionisti di fama. Gli spunti di interesse non sono mancati, ecco quelli di 5 top chef.

DAVID CHANG (MOMOFUKU)

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Andrew Beze

“Durante la pandemia, il primo anno cercavamo solo di calcolare gli aiuti, rivolgendoci a un gruppo di persone al Congresso e al Senato. Nessuno si interessava seriamente a tutti questi ristoranti indipendenti, tanto attenzionati dalla stampa, dal momento che non sfamano molte persone. Penso che abbiamo semplicemente bisogno di una valutazione onesta del settore nel suo complesso, riguardo ai soldi che si possono fare. Direi che c’è un tasso di abbandono intorno al 90% dopo 5 anni. Se accadesse in qualsiasi altro ramo del commercio o del management, tutti si chiederebbero di che razza di industria si parli. Nei prossimi dieci anni scopriremo molte cose. Perché è una branca tutta nuova, anche se il business è antichissimo. Alcuni ristoranti di lusso potranno far pagare 2500-3000 dollari a testa. Quello che la gente oggi spende per vedere Taylor Swift”.

DAVID UTTERBACK (YOSHIMOTO)

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“Gli ospiti mi domandano dei miei figli, se faranno i cuochi o gli chef. E io rispondo loro che se finiranno nella ristorazione, avrò fallito come genitore. È il modo più duro per guadagnarsi da vivere. Nonostante l’aumento dei prezzi, non riusciamo ancora a racimolare abbastanza perché io vada in pensione. Quando avrò 65 anni, non potrò fare il cuoco di linea 12 ore al giorno. Ho già tutori per la schiena, il braccio e il piede. Mi sento un Iron Man a pezzi, che cerca di tenere tutto insieme. Alla mia età, 42 anni, devi avere un ruolo manageriale, lontano dalla linea. Devi aver smesso di cucinare. Se non hai elaborato una exit strategy, resterai inchiodato per sempre”.

ANA CASTRO (LENGUA MADRE)

ana castro
 

“Ho sopportato abusi, e dopo un paio di mesi ho iniziato a dispensarli. Attualmente ho un po’ di cattiva reputazione per essere meschina con i clienti, a volte. Qualcuno ha paragonato l’anatra che gli sembrava poco cotta a un’esperienza alla Jeffrey Dahmer. E ho indottrinato questa donna come non avevo mai fatto. Ho avuto una cattiva recensione su Resy, perché credo abbia scritto. Ma sinceramente non mi interessa”.

GEOFF DAVIS (BURDELL)

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Amir Aziz

“Sei obbligato fare una certa cifra per ogni coperto. Quindi se hai antipasti a 40 o 50 dollari e hamburger a 19, e un terzo delle persone prende quest’ultimo, stai perdendo un sacco di soldi. La gente nuova passerà a provarti se sa che c’è. Ma se 50 persone ogni sera fanno quella scelta, ti stai cannibalizzando. Nessuno dice che un paio di Jordan o una borsa di Hermès costano troppo, quando la loro produzione viene qualche penny al dollaro. E questo non ti salva la vita, non procura lavoro alla comunità o un posto dove festeggiare il tuo compleanno o un anniversario. In un ristorante italiano puoi fare pagare 25 dollari per un piatto di polenta, ma se metto del macinato di avena a 14, la gente si infuria. Stiamo scherzando: qual è la differenza fra una ciotola di congee e una di risotto? A San Francisco mi sono fatto strada da Aqua a Fifth Floor, a Cyrus. Tante urla, tanto burro. Un tipo di ristorante che non potrà più esistere nel 2024. Ho chiuso con l’ultra fine dining. Ho realizzato che ero l’unico nero a lavorare in quelle cucine e che difficilmente c’era qualcuno simile a me in sala. Penso anche che gli ospiti siano diventati molto meno comprensivi rispetto agli inevitabili errori. La gente è sconvolta quando le cose non vanno come vorrebbe. Vorrei chiederle: ricorda il 2019? È normale. Un piccolo gruppo di esseri umani sta cercando di offrire i suoi servizi a tutti, non solo a lei”.

ERIC HUANG (PECKING HOUSE)

eric huang
 

“Un tempo ero un lavoratore essenziale, giusto? E tutti lasciavano mance generose, dicendo che la ristorazione è la spina dorsale della nostra economia. Oggi, solo tre anni e mezzo o quattro dopo, siamo tornati alla lamentela generale su un dollaro di mancia sullo schermo. Nessuno può più essere lo chef di un solo ristorante. Devi avere un brand, devi continuare a nutrire la bestia, mentre mantieni i dipendenti e mandi avanti la baracca. Cucinare è l’ultima delle mie responsabilità quotidiane. Si tratta di inviare modelli di pagamento e di pagare bollette, mentre si cerca di capire come immagazzinare l’immondizia nei weekend festivi. Puoi risparmiare molto riducendo il livello dei servizi, come abbiamo fatto. Ma il lusso è ancora un aspetto del mangiar fuori che la gente gradisce. Quindi come al solito la classe media ci andrà di mezzo. Perché il ristorante medio sarà ancora a pieno servizio, ma i prezzi non saranno alti abbastanza per pagare qualsiasi cosa. Fare uno stage in Europa richiede un immenso privilegio. E lavori gratis a Copenaghen o San Sebastian, in pellegrinaggio gastronomico, che è poi quello che ci è stato detto di fare. Ma lavorare da Eleven Madison Park 80 ore a settimana per il salario minimo richiede supporto. C’è una ragione per cui queste cucine sono piene di ragazzi bianchi, atletici e belli, sostenuti dalle famiglie”.

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