Solo gli stupidi non cambiano idea. Mollie Engelhart, chef di un ristorante vegano a Los Angeles, con due spin-off in California, annuncia la conversione all’agricoltura rigenerativa e l’ingresso in carta di carne, latticini e uova selezionati. Di fronte agli attacchi, si giustifica: “Lo sto facendo per il pianeta”. Ma molti esercizi simili hanno già chiuso.
La notizia
Nessuno se lo aspettava, in un ambiente che non brilla certo per elasticità. Mollie Engelhart, chef di Sage Vegan Bistro a Los Angeles, ha annunciato in un video sul profilo Instagram aziendale che il suo locale è prossimo a cambiare offerta e tornerà a servire carne, latticini e uova. Un’apostasia bella e buona, discussa nel dettaglio da Business Insider.
Engelhart ha raccontato di avere aperto il suo locale a Echo Park nel 2011, pensando che la cucina vegana potesse servire a salvare il pianeta, ma di avere negli anni cambiato idea. Il nuovo ristorante si chiamerà Sage Regenerative Kitchen & Brewery e supporterà piuttosto pratiche di agricoltura rigenerativa. “Significa che passeremo da un menu completamente plant-based a proteine di alto livello, provenienti solo dalle migliori e più rigorose aziende agricole rigenerative”. Si tratta in pratica di tecniche volte a combattere il cambiamento climatico restaurando la fertilità del suolo e catturando CO2, anche se non tutti gli scienziati concordano sulla loro efficacia a tal fine.
“Abbiamo l’emozione di annunciarvi l’evoluzione di Sage nel primo ristorante rigenerativo di Los Angeles, a supporto delle aziende agricole rigenerative e biologiche, che sono alla testa del movimento agricolo rigenerativo, per riportare la vita nel suolo e guarire la terra. Il nostro menu conterrà proteine rigenerative e cereali dei nostri nuovi partner”, ha insistito la cuoca. “Avremo anche nuovi eccitanti piatti plant-based, preparati con ingredienti bio locali”. La svolta cadrà nel mese di giugno, con l’archiviazione del vecchio menu.
Eppure la fortuna aveva arriso al Bistro, presto replicato a Culver City e Pasadena, contribuendo a diffondere il verbo vegano fra una folla di nuovi adepti. “Per qualcuno questo sembrerà scioccante e persino sconvolgente, ma guardando agli ultimi sette anni della mia vita, nel momento in cui sto passando all’agricoltura rigenerativa per servire ingredienti della migliore qualità ai miei ospiti, mi rendo conto che ho iniziato a imparare così tanto sul suolo e sulla natura”, ha proseguito. “Penso che l’agricoltura rigenerativa sia il prossimo passo e per compierlo, deve entrare nel Zeitgeist e nelle nostre conversazioni quotidiane. Questo è il mio modo di contribuire, offrendo opzioni alla gente”.
Le reazioni virulente, cui la chef aveva detto di essersi psicologicamente preparata, non sono tardate. In particolare la fondazione per i diritti degli animali PETA l’ha accusata di green e humane washing, poi sono piovuti gli attacchi di colleghi e influencer vegani, scandalizzati a dir poco. Ma Engelhart tira dritto: “Lo sto facendo per l’umanità e per la terra”. Il sospetto tuttavia è che a motivarla siano piuttosto considerazioni finanziarie, visto che il ristorante non risulta in attivo dal 2020. “I miei locali hanno lottato per sopravvivere, come tanti altri dopo la pandemia”, ha ammesso. Di fatto non sono pochi quelli che hanno già chiuso o cambiato offerta negli ultimi anni.