L’effetto esponenziale della Brexit sulla crisi del personale: dall’Inghilterra arrivano le testimonianze dei ristoratori provati dalla carenza di staff. Il desiderio di molti? “Chef e camerieri italiani”.
In copertina lo staff di Padella Pasta- foto da Instagram
La notizia
Negli ultimi anni - specialmente post Covid - la difficoltà a reclutare personale qualificato è un problema che riguarda l’intero settore dell'ospitalità a livello mondiale e, nella capitale britannica, la Brexit ha amplificato la questione. Da sempre, a Londra, la maggior parte degli operatori di sala e di cucina, infatti, proviene dall’estero. Fin da subito a lanciare il grido d'allarme per l’impatto di questa decisione nell’ambito ristorativo sono stati i proprietari dei numerosi locali italiani d’oltremanica, che ritengono un valore aggiunto avere dipendenti provenienti dalla terra di cui celebrano la cucina.
“Negli ultimi anni il numero di persone che cercano lavoro a Londra provenienti dal resto d'Europa è diminuito drasticamente. Non possono più venire qui a lavorare. Per me è stato difficile assumere i membri della squadra. Non sono riuscita ad assumere nessun italiano da quando lavoro qui. Ad oggi tutti i nostri camerieri sono giovani inglesi. Non sarà corretto dirlo, ma non sono così bravi come lo erano gli italiani e gli spagnoli. Gli inglesi vivono tutti a casa dei genitori, quindi non devono trovarsi un alloggio e non necessitano dello stesso stipendio, inoltre non hanno alcuna passione per questo lavoro. Molte persone che se ne sono andate durante il Covid non sono potute tornare. È un vero peccato. Mi piaceva lavorare con tante persone diverse provenienti da tutto il mondo e con background diversi”, racconta al MailOnline Nicola Mewitt, da un anno manager del ristorante Padella a Borough High Street.
Per lungo tempo molti giovani italiani vedevano nel Regno Unito l’occasione per imparare l’inglese e per lavorare nei ristoranti interpreti della cucina della loro terra d’origine; la Brexit, però, ha cambiato le carte in tavola. Oggi il personale straniero deve guadagnare almeno 38.700 sterline per poter ottenere un visto di lavoro. Questo salario è insostenibile per molte aziende del settore, costo a cui, poi, si aggiungono le elevate spese amministrative per ottenere un visto lavorativo. Anche Domenico Quintiero - originario della Costiera amalfitana, a Londra da dodici anni - responsabile operativo di 'O ver a Southwark, sottolinea la criticità della situazione. E’ convinto, inoltre, dell’importanza di avere in sala e in brigata persone di origine italiana per offrire una vera e propria esperienza “Made in Italy".
Nonostante il suo locale goda di una situazione di privilegio, infatti, commenta: “Noi abbiamo una sponsorizzazione, quindi riusciamo ancora a trovare personale, ma è molto difficile. Abbiamo tanto personale italiano, ma non basta. Facciamo fatica ad assumere tanti italiani come prima. Per noi è fondamentale avere un team che conosce i prodotti che utilizziamo. Sono favorevole all'assunzione di persone di tutte le nazionalità, ma per la maggior parte è difficile comprendere cos’è la mozzarella di bufala se non l’hanno mai assaggiata e non sono mai stati in Campania”.
Nonostante le numerose proteste, tuttavia, al momento non sembra prospettarsi nessuna soluzione per l’annoso problema. Le attuali stime, infatti, prevedono che i 120.000 posti attualmente vacanti nel settore dell’ospitalità britannico saranno in netto aumento nei prossimi tempi.