“Solo la sostanza resiste”. Da quasi sessant’anni la famiglia Cerea vive il sogno a occhi aperti dell’eccellenza totale in quello che è il tre stelle più tre stelle d’Italia. Dimostra quanto possa scavare a fondo il comfort, fino al cuore dell’ospite e della materia.
Foto in copertina mobile: Fabrizio Pato Donati
Cosa sia davvero la sostanza, è un enigma che ha arrovellato per millenni i filosofi. La materia, certo, più o meno aristotelicamente coniugata alla forma; ma anche un’identità stabile e forte, radicata nella storia, la cui permanenza sia attestata nel sentire comune. Cade con improvviso tonfo filosofico nelle parole di Chicco Cerea, solitamente low profile, mentre ripensa alla storia della sua famiglia: “Solo la sostanza resiste”. Quella “sostanza” che è al tempo stesso l’eccellenza di una materia prima impareggiabile, che da sempre connota Da Vittorio, e un impasto di sogno, caparbietà ed instancabile dedizione al lavoro, connaturato al DNA della famiglia.
La storia
Quasi si commuove, il frontman dei fratelli Cerea, rievocando le tante profezie del padre, che nel 1966 con la moglie Bruna aveva portato per primo il pesce ai piedi delle Alpi Orobie in una trattoria rilevata con fatica, peraltro dopo un fallimento. E aveva rischiato perfino di chiudere, visto che lische e carapaci incutevano un certo timore, nell’epoca in cui la carne era diventata simbolo del benessere. Ma lui ci aveva creduto, così come aveva creduto in quella pasta al pomodoro, ispirata dai primi viaggi con la moglie in America e in particolare dalle fettuccine Alfredo assaggiate al ristorante. “Sono belle, sono buone. Ma ci vorrei l’olio e il pomodoro”.
Una scommessa che lo proiettava vertiginosamente ai giorni nostri, quando suona quasi banale il ripescaggio del quotidiano italiano. Eppure allora gliela rinfacciavano, in un contesto elegante e soprattutto a quel prezzo. Mentre oggi è un classico contemporaneo, imitato in tutto il mondo.
Fu Vittorio, continua Chicco, a sdoganare il catering e il banqueting, che oggi è un core business aziendale. Sebbene tanti lo reputassero quasi un disdoro (ma poi hanno cambiato idea). E poi l’ultima intuizione: la Cantalupa, aperta nel 2005 dopo la chiusura del ristorante bergamasco a causa della disputa con una banca. “Ha appena fatto in tempo a vederla, prima di mancare, ma ricordo che mi ha detto: ‘Non tornerei mai indietro’. Perché si era reso conto che solo così, in un posto più grande, saremmo rimasti tutti insieme in una nuova avventura. Tutto ciò che siamo adesso, è grazie a lui”.
L'"impero Cerea"
“Tutto ciò che sono” non si elenca in fretta: c’è il ristorante tristellato dal 2010, ospitato in quello che oggi è un Relais et Châteaux da dieci camere; ma ci sono anche lo storico caffè pasticceria Cavour 1880 in Città Alta, con altre camere; ristoranti a Shanghai, Parigi, St. Moritz, Portofino, Milano e Bergamo, per un totale di 9 stelle Michelin; e ancora le consulenze, il DaV Pastry Lab, l’Academy, gli eventi e “Vicook”, il secondo ramo d’azienda consacrato alla ristorazione collettiva delle mense. In tutto fanno 780 dipendenti, che arrivano al migliaio considerando anche l’estero.
Al centro, tuttavia, resta sempre lui: Da Vittorio, dove lavorano in pianta stabile Chicco, Bobo e il cognato Paolo Rota in cucina, coadiuvati dal secondo chef Giambattista Bergamelli; Rossella e il sommelier Fabrizio Sartorato in sala, con i due maître Nicola di Lisa e Alessandro Zana. Qui la sostanza inizia facendo la spesa con la manica larga del fondatore, uno che con Chicco si alzava alle tre del mattino per accaparrarsi al mercato i branzini più grossi e i carciofi più belli. “E li pagava anche il doppio, perché diceva: troverai sempre qualcuno disposto a riconoscerne il valore”.
Per quanto sfarzoso, è solo l’inizio di un gioco culinario altrettanto generoso, incline al classicismo eppure pienamente contemporaneo nelle tecniche e nei concetti, nei divertissement e nelle contaminazioni orientali. “Il futuro della cucina? Per me sta nel saper coniugare gusto e sapori con benessere e leggerezza. Ancor più dopo il covid, la gente ha bisogno di certezze”. Di fatto sono piatti in connessione sentimentale con l’ospite, dalla golosità talvolta irresistibile, che mostrano quanto possa essere vasta e articolata la tanto vituperata comfort zone, la quale certo ha i suoi steccati, ma può essere scavata nel profondo, fino al cuore.
I piatti Da Vittorio
Stuzzicano l’appetito e la curiosità gli aperitivi: l’uovo al tegamino con spuma dell’albume, il corallo ai gamberi, la ciliegia di foie gras, l’oliva sott’olio al ripieno di casoncelli. Ma a breve sarà possibile anche consumare una scelta di spiedini di carne, pesce o verdure sotto la tenda berbera nel verde, con l’accompagnamento di un cocktail approntato dal mixologist Alessandro Zana, responsabile dell’american bar.
Poi si fa sul serio con l’ormai classica rilettura dell’uovo dello zar, composta di scrambled egg di gallina, uovo di quagli poché, uova di salmone e caviale, panna acida e crema di patate. O il più sbarazzino tacos di kohlrabi con maionese al katsuobushi, fiori e insalatine raccolte a pochi metri nell’orto verticale allestito insieme a Planet Farm, dove la coltura idroponica consente la massima intensità e freschezza del vegetale, senza necessità di lavaggi che strapazzino le testure.
Quanto sia profondo il comfort, lo illustrano i deliziosi capelli d’angelo freddi al caviale, secondo la lezione marchesiana, la cui sapidità e bilanciata dall’acidità del gazpacho, che spariglia. Oppure la pizza di tonno: la migliore ventresca del mondo alla brace, servita con crema di pomodoro fermentato dentro una finta cornice di crema di pane, per riprodurre sensazioni napoletane.
Ancora sostanza nello scampo siciliano gigante alla brace, servito con spuma di miso per la sapidità sulla dolcezza, brunoise di barbabietola e gel di katsuobushi. Perché l’oriente è da tempi non sospetti sulla bussola di Chicco, più che mai ora che fa la spola con i ristoranti in Cina. Italianissimo, poi, il risotto con ragoût di faraona e scaloppa di foie gras su base parmigiana, più una spolverata di ginepro: una golosità irresistibile, prima dell’immancabile carrello dei formaggi e del baba perdu, con la sua spadellata di frutti rossi della bergamasca.
Contatti
Da Vittorio
Via Cantalupa, 17- 24060 Brusaporto (BG)
T. +39 035.681024