Il segreto del successo di Eleven Madison Park? Un’“ospitalità irragionevole”, mirata a superare costantemente le aspettative degli ospiti, assumendosi pure qualche rischio. Oggi Will Guidara ne insegna le regole come consulente a tutti coloro che cercano di far felice il cliente, in ambiti lontani dal food.
Foto di copertina: @Nathan Rawlinson
L'opinione
Artefice insieme a Daniel Humm di un miracolo chiamato Eleven Madison Park, ristorante campione del mondo nel 2017, Will Guidara ne è stato direttore da quando aveva 26 anni, per un decennio abbondante. Ora che esercita come consulente, diffondendo il suo know-how in ambiti diversi dalla gastronomia, spiega il segreto del successo in un libro intitolato “Ospitalità irragionevole”: si tratta del costante superamento delle aspettative degli ospiti, in modo apparentemente “senza senso”.
Oggi è un modello di servizio che viene imitato nel mondo, almeno in determinate accortezze, che prima non esistevano. Anche se certi aneddoti restano difficili da emulare: per esempio quando sentendo alcuni ospiti lamentare, di dover partire senza aver provato il classico hotdog americano, Guidara è sceso in strada con due dollari in mano, suscitando grande sorpresa, come racconta un episodio della serie televisiva The Bear.
In seguito a quell’intuizione, nel ristorante è stata addirittura inventata la posizione del “dreamweaver”, sebbene qualche ospite preferisse farsi i fatti suoi. “Il mio maestro Danny Meyer ha sempre sostenuto che ogni uomo gira con un cartello, su cui è scritto ciò che vuole o non vuole. Chi è in grado di leggerlo, può reagire nel modo più opportuno. La forza della presenza non sta solo nel decifrare cosa si può fare, per procurare a qualcuno un’esperienza personale, ma anche nel capire se è il tipo di persona che lo desidera”, racconta a Rolling Pin. Certo può capitare di commettere un errore, ma meglio rendere felici mille persone e deluderne una ogni tanto, piuttosto che non tentare nulla.
“La vostra percezione è la nostra realtà”, recitava il mantra del ristorante. Anche nel caso dei clienti difficili, che per il cameriere appassionato possono rappresentare una sfida, a meno che non si verifichino abusi ai suoi danni. Ciò non significa che per Guidara la sala sia più importante della cucina, ma che entrambi gli ambiti devono essere curati con attenzione maniacale. A questo fine il mestiere deve finire più spesso sotto i riflettori, in modo da motivare i professionisti all’eccellenza.
E poi la crisi del settore. “Credo che in questo momento ci troviamo in una situazione difficile, perché con la pandemia gran parte del personale esperto si è allontanata. Adesso secondo me siamo nella fase della ricostruzione. So da molto amici, che dirigono ancora ristoranti, delle difficoltà nel reperire manodopera specializzata. Tanto che spesso devono formare i dipendenti sui fondamentali, mentre prima andava tutto più in fretta. Ma in fondo si tratta solo di investire sul lavoro, impiantare la giusta squadra e darle gli strumenti per eccellere. Dobbiamo ricominciare a formare. L’accoglienza è una forma di artigianato, esattamente come la cucina. Un muscolo che si può rafforzare, un sapere da esercitare. Oggi molti cuochi hanno capito che se non rafforzano il servizio e fanno propria la forza dell’accoglienza, non possono arrivare lontano. Non si tratta solo di ciò che è nel piatto, ma di tutto quello che gli gira intorno”.