Il ristorante Vite della Comunità di San Patrignano torna alle ambizioni originarie: al timone chiama uno chef che ha detenuto la stella Michelin per 8 anni a Vulcano, allievo dei migliori maestri del sud. Per un successo assicurato.
La storia
Sembrava che non potesse esistere posto migliore di quello: un ristorante stabilmente stellato in uno dei posti più belli del mondo, l’isola di Vulcano, all’interno di un resort chiuso per 5 mesi l’anno. Mentre raccoglieva i suoi allori, tuttavia, il palermitano Giuseppe Biuso conduceva una doppia vita: chef di successo nella sua Sicilia, ma anche marito e padre di due bimbi di 8 e 4 anni a Cattolica, durante il resto dell’anno. Ed è stato per riequilibrare lavoro e privato che infine ha deciso di cogliere un’occasione professionale ghiotta, continuando il suo sogno in Romagna, non senza dispiacere.
“È successo che durante una serata a quattro mani ho conosciuto il direttore della Comunità di San Patrignano e ci siamo scambiati il numero di telefono. Il progetto mi piaceva, ma aveva ancora qualche limite. Per esempio vi lavoravano tutti ragazzi interni, tranne lo chef e il suo secondo. Così quando quest’anno Davide Pontoriere ha lasciato, dopo avere incassato la stella verde, sono stato ricontattato, ma prima di accettare ho messo in chiaro le mie condizioni. Volevo squadre di professionisti (tranne i commis di sala e di cucina, che arrivano da fine percorso, ma casualmente già facevano questo mestiere nella vita) e determinati orari di apertura. Abbiamo raggiunto l’accordo, ho dato le dimissioni e finito la stagione a Vulcano, per iniziare qui il 15 novembre. Proprietaria è la Comunità, di cui sono dipendente, cosicché ogni profitto resta all’interno”.
Il ristorante
La struttura era del resto partita ai tempi di Muccioli con ambizioni di eccellenza: molto bella la sala, impreziosita da arredi spesso confezionati nei laboratori interni, come pure tante suppellettili; scenografiche la cucina totalmente aperta e la cantina al piano inferiore. Ma gli atout proseguono fuori: San Patrignano è praticamente un mondo conchiuso, dove si produce di tutto.
C’è il caseificio, pronto a soddisfare qualsiasi richiesta di Biuso; e c’è la norcineria (ma per ragioni etiche non si macellano più animali, la carne arriva da fuori). E poi c’è tanta terra, dove è stato facile ritagliare un orto per il ristorante, di cui Biuso ha stabilito le semine in vista della raccolta primaverile; i vini e l’olio. Tanto che nei piani c’è anche l’apertura, al massimo per il prossimo anno, di un secondo ristorante vegetariano, sempre sotto la sua supervisione.
Ma nella territorialità sopravvive qualche omaggio alla Sicilia: il cioccolato di Modica, i gamberi rossi, il sommacco, le mandorle; nell’alzatina degli amuse-bouche un arancino, in realtà composto di crema di broccolo e vino alla catanese, senza riso. Contaminazioni fra le quali si fa largo anche qualche divagazione esotica dovuta alla passione dello chef per le spezie e gli aceti. L’ospite ha la facoltà di scegliere fra 3 degustazione da 4, 6 e 8 portate, rispettivamente a 75, 85 e 95 euro, con l’alternativa di una piccola carta. Hanno seguito Biuso lo storico sous-chef Gianluca Sottile e il giovane sommelier ligure, che sta ripensando la cantina; mentre erano già in struttura il junior Marco Celentano e la pastry chef Ambra Serenelli.
I piatti
Gli appetizer serviti nell’alzatina confezionata in Comunità (il succitato “arancino”, la cialda di tagliatelle di calamaro, il tacos con sgombro marinato, il cono al baccalà, la crostatina di tartare di vitello e cajun) puntano sulla freschezza, per attivare la salivazione, e sul piccante. Seguono portate dove il vegetale è coprotagonista, studiate e riassaggiate per centrare una bontà ecumenica, libera dai vincoli delle rivisitazioni e del repertorio, tanto siciliano che romagnolo. Nel cestino del pane grissini, piada croccante e una pagnottella calda al lievito madre con il logo del ristorante, una foglia di vite, riprodotta con burro all’aglio nero.
Lo scampo, per dire, se la gioca alla pari con lo scalogno acidulo intero: proposto all’unilaterale, crudo/cotto, è servito con cipolla leggermente bruciata e salsa acidula al caprino fresco con asparago di mare, in bell’equilibrio.
Qualche signature è rimasto, per esempio il petto d’anatra affumicato in casa con pesce marinato, tamarindo per l’acidità agrumata e paprica affumicata, attorno allo specchio di salsa tahina siciliana, senza un protagonista nella girandola dei gusti. “Volevo un piatto complesso che abbinasse carne e pesce”, commenta Biuso.
Altro signature è il cannolo, in versione invernale con cialda di purea di fungo e isomalto, farcia di funghi misti, cardoncello, aneto, erborinato pungente e una spolverata di cioccolato di Modica, che porta una nota amara e aromatica senza spingere la dolcezza, sottolineando l’umami.
È ottimo lo spaghettone trafilato in casa con salsa di noci, chimichurri di ortica raccolta nella campagna del suocero, cannolicchi per la nota iodata e polvere di sommacco. “Volevo fare uno spaghetto goloso, ma non trovavo l’abbinamento per la salsa di noci. Una mattina raccogliendo le erbe ho trovato le ortiche, ho cercato qualcosa di minerale, i cannolicchi, e unito il sommacco per l’acidità”. Di fatto la frutta secca, vero grasso mediterraneo e in particolare siciliano, è un filo conduttore del pasto; la Romagna tuttavia è terra di noci, che portano col pesce a un esito da buridda cagliaritana. Piacevolissimo anche il risotto nato a San Patrignano, dai suoi prodotti: lo squacquerone affumicato e l’Aceto Balsamico, più il mandarino per rinfrescare con un richiamo alle origini e il guanciale della Comunità. Gusti semplici, centrati.
La frutta secca torna sotto forma di salsa di mandorle abbrustolite, che Biuso spolverizza di aglio nero e abbina a un’anguilla in doppia cottura al sidro e aceto di mele, in un piatto forse da alleggerire. Poi il sontuoso piccione con il petto quasi crudo ma compatto, passato al Roner e poi in carcassa al burro chiaro, le coscette spolpate in stracotto, impanate a forma di uovo nel nido di julienne di cavolo nero per l’amaro, il fondo ristretto alla melagrana e la barbabietola per l’ulteriore dolcezza, in chips e in crema.
Dopo il predessert di prezzemolo, carota e zenzero, in scivolata fra salato e dolce, la chiusura è a scelta. Per chi ama il cioccolato c’è la castagna con cachi e marron glacé; con l’alternativa di ananas, passion fruit e spuma di yogurt per che predilige frutta e dolcezza e della crème brûlée al formaggio di fossa e lampone per una lettura estrosa del territorio.
Nella piccola cremini al pistacchio e alla nocciola, choux al limone, meringhetta al mango, cremino caffè e mascarpone.
Contatti
Ristorante Vite
Via Monte Pirolo, 7, 47853 Coriano RN
Telefono: 335 540 4830