Che cosa combina Davide Scabin, geniale solista della cucina italiana, al Carignano di Torino e perché ogni suo menu è imperdibile: “Lasciamo ragionare la pancia, il nostro secondo cervello”. In tavola l’onnisenso del gusto, senza estetismi o vezzi effimeri.
Il ristorante
Se c’è stato un convitato di pietra nelle ultime guide food italiane, è stato senza dubbio Davide Scabin, fuoriclasse insediato da un anno presso l’hotel Sitea di Torino, che continua la sua rivoluzione lontano dai riflettori. “Dal prossimo anno vorrei riuscire a sbianchettare lo stesso termine ‘ristorante’, ma ancora non so come”, ringhia.
“Non cerco la spettacolarizzazione o l’effetto wow, se non in bocca. Non fornisco neppure le foto ai giornali: da quando è mancato Bob Noto, non c’è chi sappia interpretare i piatti. L’importante è lasciar fluire i propri sensi, poi puoi piacere o meno. Senza scegliere a mo’ di branco. Parliamo dei social: c’è una fascia di gourmet che sono costretti e ristretti. Ma a me non interessa, voglio uscire da questo pantano. Quando non canti nel coro, tanti pensano che la canzone sia stonata. Ma io preferisco essere dimenticato, anziché accomunato a qualcosa che non mi interessa più. È la pancia che decide: lasciamo ragionare il secondo cervello”.
Sui 5 tavoli del suo Carignano poggiano altrettante clessidre, per dipanare il filo conduttore del tempo (“Qui è tutto fatto al momento, è tutto tempo”). Il tema del menu degustazione (senza carta, ma si servono anche i vegani) sono Los Dias de Los Muertos, festa messicana già oggetto delle attenzioni di Disney in Coco. Mentre il titolo sui menu (presenti in 88 copie numerate, dai ricercati caratteri tipografici torinesi) è LGBT # 1 (acronimo di Long Gourmet Brainstorming Time).
“Il cibo come viatico per sfuggire al controllo del tempo lineare, permettendo al festoso di irrompere. Il mangiare come evento per far saltare il quotidiano, aprendo a una dimensione che sfugge a ogni categorizzazione. Nulla è quello che sembra. Benvenuti nei diasdelosmuertos”, si legge. Il prezzo è da tre stelle: 260 euro, più eventuali 140 per il pairing con tanta Francia di Nicola Matinata.
“LGBT” allude al motivo di fondo, comune alla festa, ovvero l’ambiguità: dopo il raccolto ciò che resta, sotto la terra nuda, sono solo le salme. Allora a fine estate si celebra la generosità della natura, un momento passionale in cui i vivi sono congiunti con i morti, il visibile con l’invisibile, il passato con il presente. “Perché io non classifico le emozioni: ho sempre tutto di fronte, i lutti al pari delle gioie”.
L'esperienza
Come nel caso del percorso precedente, inaugurato da una sontuosa lingua al Barolo, in procinto di passare al bistrot, l’esordio è classico: succulente costolette di agnello à la Villeroy, rigonfie di burro al tartufo, con printanière di 13 ortaggi al burro bianco, sul sottofondo scherzoso della Primavera di Vivaldi (RV269), dove la stagione è sinonimo di festa. Seguirà nel menu a venire una lepre à la royale “dogmatica sulla frollatura”, quasi che il classico serva a fissare il giusto standard per l’irruzione della creatività. A seguire lo schema è up and down, insomma a calare, seguendo la curva dell’appetito.
Lascia il segno l’arrosto di foie gras al pomodoro e basilico, ardito ossimoro che in bocca sorride grazie al perfetto bilanciamento del Tomato Combal Blend, il quale prendendo a modello il tabacco riequilibra lo zucchero della polpa con l’acidità dei semi e il tannino della buccia; per guarnizione un nido di basilico ripassato come spinaci; a chiudere il cerchio la scorza di limone. Un piatto dirompente, che trova il suo senso nel gusto.
L’ultima gioventù riunisce l’animella, ghiandola che scompare nell’adolescenza, e la triglia, pesce che nell’antichità si riteneva favorisse la disinibizione sessuale. Senza salse di troppo, solo un’alga, per una sensazione straniante sul confine fra le età. Mentre ostriche, banana verde e chorizo vira verso la fusion, proseguendo il ragionamento paradossale sul gusto.
Dopo il savarin è il momento di Cx5 + 9,3, variazione di una zuppa di cipolle con brodo freddo e caldo. Si tratta di un feticcio dello chef, dove il numero sta per il voto che si attribuisce, ancora distante dalla perfezione per colore, gusto e “voglia di vita”, dopo il simil parto dalla placenta della chiarificazione. Irrompe quindi il vegetale: la carnosa scaloppa di sedano rapa tostato, cotto intero in crosta di pane al sale, con gruè di cacao, caffè, rucola, mandarino e caviale; poi l’amaro degli asparagi e dell’avocado bruciati alla senape, prosieguo di riflessioni sparse a Rivoli (davvero notevole l’avocado).
In chiusura Parabris, grattachecca ispirata alla brina sul parabrezza di una notte invernale, e +1, ultima corsa a scelta fra dolce e salato, per spostare l’orizzonte un po’ più in là sulla linea dell’ambiguo: lo scampo con frappè di peperone, gelatina di fondo bruno e tartufo nero oppure il mango alla brace con piña colada smoothie, in attesa del cocktail El Charro Negro, simbolo della festività.
Contatti
Ristorante Carignano
Via Carlo Alberto 35, Torino
Tel: (+39) 011 51 70 171
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