Non è senza preoccupazioni che Begoña Rodrigo ha quasi raddoppiato il prezzo del menu degustazione, incassando la solidarietà del suo pubblico. “Non si possono contenere i prezzi a spese dei collaboratori”, ha coraggiosamente rivendicato.
La notizia
Classe 1975, Begoña Rodrigo è chef del ristorante La Salita di Valencia, aperto nel 2005 e stellato 14 anni dopo. Completamente autodidatta, è balzata agli onori del food dopo aver vinto la prima edizione di Top Chef, quando già aveva trascorso decenni nella professione, cui aveva sacrificato come se nulla fosse ottanta ore a settimana. Fino all’apertura del suo primo locale con un capitale di 37mila euro, senza chiedere niente a nessuno. Oggi in Spagna è una celebrity, contesa da testate e congressi; ma la gavetta l’ha resa più saggia.
“Piacere a tutti non ha senso. La mia virtù maggiore è saper ignorare chi non mi è simpatico. Con gli anni ho imparato a relativizzare molte cose. Se oggi qualcosa non mi viene alla perfezione, succederà domani”, spiega a El Mundo qui. La pandemia poi ha cambiato il quadro, negarlo avrebbe significato perdere i collaboratori migliori alla prima occasione. “Non puoi fare prezzi contenuti a spese della squadra”, è convinta. Per questo con il fratello, direttore di sala del ristorante, ha alzato il prezzo del menu degustazione da 80 a 150 euro al momento di riaprire.
Una decisione che non è stata presa a cuor leggero, anzi con il concreto timore di una risposta negativa del pubblico, che si è mostrato invece solidale. La cucina, poi, si è orientata sempre più sul vegetale, anche grazie all’orto. In carta figurano piatti come la soppressata di verdure, il finocchio con meringa di gazpacho e la minestra di alofite, rigorosamente stagionali. Cosicché quando nel giro di qualche settimana raggiungono la loro forma migliore, vanno ormai sostituiti. “Il mio menu vegetariano è tale al 100% e sfiora il vegano”. L’idea è anzi quella di radicalizzare ulteriormente questa impostazione il prossimo anno. E l’acidità tiene banco, grazie agli agrumi e agli aceti prodotti dalla cuoca, profumati di chufa, lampone o maracuja.
“Per partecipare ai congressi gastronomici mi sono pagata tutto: albergo, aereo e biglietto. Cosa che non è toccata a nessun collega di sesso maschile. Siccome non hanno investito denaro, forse non capiscono quello che dico. Prima ai congressi vedevi i cuochi, ora no. Non c’è partecipazione agli interventi; forse il messaggio che lanciamo non interessa”, lamenta. Eppure il suo ristorante va a gonfie vele, grazie a una squadra affiatata composta da 32 collaboratori, alcuni dei quali la affiancano da quasi vent’anni. Arrivano da tutto il mondo, per sua soddisfazione; e anche i periodi di prova sono retribuiti. Perché tutti hanno qualcosa di buono: “è sempre bene prestare attenzione alla gente”, confida Begoña.