Appennino Food Group orchestra una cavalcata entusiasmante nel sottobosco italiano con la cucina dei fratelli Cerea. “Da noi il tartufo è tutto l’anno, anche se ora si vende meglio. Ma quando Luigi Dattilo ci fa provare una varietà diversa, Da Vittorio è sempre una scoperta”.
La "Verticale di tartufo" di Appennino Food Group Da Vittorio
Il tartufo, si sa, non invecchia: non è un salume da stagionare in cantina, ma si mangia fresco, per quanto non acerbo. Che cosa vuol dire, allora, “verticale di tartufo”? Non si tratta, come nel vino, di un affondo temporale per misurare eventuali terziarizzazioni, bensì di scendere nel sottobosco a profondità crescenti, dove si collocano tipologie ben diverse. Per ultimo il bianco, che può essere scavato fino a un metro. Dicembre, poi, è l’unico mese in cui siano presenti contemporaneamente le cinque tipologie principali, con il bianco in questi giorni al top, considerato il ritardo della stagione, e il nero che inizia a spingere.
C’è il raro tartufo macrosporum, nero con sfumature rossicce, poco commercializzato perché di piccole dimensioni, ma pregevole per l’aroma distintivo di pepe. C’è l’uncinato spiccatamente nutty e c’è il nero pregiato, che può presentare note di brandy e di cioccolato amaro. Ma sorprendentemente condividono tutti la stessa molecola del bianco, il famoso bismetiltiometano, associato a bouquet e consistenze diverse.
Per il terzo anno Appennino Food ha chiesto a Chicco e Bobo Cerea di interpretare i suoi preziosi funghi ipogei, questa volta per un pubblico misto di colleghi chef e giornalisti, che ha trovato sul tavolo sotto una cloche l’assortimento, con l’attrezzo per affettare di fianco. E l’esito è stato strepitoso: un classicismo canaglia, creativamente al servizio del più evanescente dei feticci. Perché il genio è nelle narici, come scriveva Friedrich Nietzsche.
Il lavoro è stato su schemi rodati, che hanno prodotto un esito quasi musicale. Come una serie di variazioni virtuosistiche sul tema tartufo/lattico-caseario o tartufo/umami-animale, ricorrenti eppure sempre diverse e incalzanti su un sottofondo appena accennato di dolcezza. Coerenza, non ripetizione, perché giocare efficacemente sul noto può essere più impegnativo che inoltrarsi nell’ignoto, dove si stupisce a colpo sicuro. E con una leggerezza pari ai petali di rosa, che ha solleticato il palato, nel mezzo delle coreografie di sala, che da sempre contraddistinguono lo spettacolo Da Vittorio.
“Noi il primo ottobre partiamo ogni anno col menu tartufo, in concomitanza con l’inizio della raccolta del bianco, poi usiamo anche il pregiato. Ma tanti piatti sono stati creati appositamente per l’evento, nell’entusiasmo di confrontarci con i nostri colleghi”, racconta Bobo Cerea. “Abbiamo scelto la tipologia secondo la ricetta: il bianco e il pregiato con le loro sensazioni intense sposano piatti più strutturati. Il primo si usa sempre a lamelle, il nero dipende. Se va mangiato finger può essere più ergonomico grattugiato; inoltre appena scaldato nel burro nocciola, sprigiona appieno le sue note di terra e appunto di nocciola. E si può inserire anche nelle farce. Al ristorante stiamo usando diverse varietà, fra cui un bianco dolce che viene dall’est e sa di miele. Ci ha molto colpito e lo riprenderemo, perché ci piace far conoscere nuovi prodotti e siamo sempre curiosi di provarne. Non è facile per vari motivi trasmettere agli ospiti l’idea del tartufo tutto l’anno, di fatto la vendita maggiore è in stagione. Ma quando Luigi Dattilo ci fa assaggiare qualcosa di nuovo, ogni volta è una scoperta”.
Per cominciare, quindi, gli appetizer: la finta castagna di foie gras e il mini hamburger al tartufo bianco; la tartelletta con finanziera e salsa mornay al brumale; il sashimi di branzino, sedano rapa e nocciole all’uncinato ripassato al burro nocciola, unico assaggio di pesce in un ristorante che resta votato al mare. “Ma nel menu tartufo ora abbiamo un king crab con foie gras e purea di castagne che piace tantissimo”. La tartare di vicciola (fassona piemontese alimentata a nocciole) è stata servita su base di pasta sfoglia e cipolla fondente, con salsa al Beaufort per la sapidità e riduzione di Marsala a riequilibrare in dolcezza, più il tartufo macrosporum per il tocco speziato.
A seguire il tartufo bianco con il “caffellatte”, ormai un signature: un finto cappuccino di brodo di patate arrosto, spuma di Robiola ai tre latti e tartufo bianco, con brioche e crema pasticciera al nero. “Perché ci piace accostare due tartufi, diventa un sapore unico, terroso e quasi indistinguibile”. Non senza un omaggio ad Alain Chapel.
Sontuoso a seguire il risotto alla parmigiana con pernice (cotta alla bergamasca insieme a costine, pancetta, salvia e foie gras, coperta di stagnola come faceva la nonna e dimenticata a bordo stufa), jus de la presse delle carcasse e una coltre di tartufo bianco. Seguito dalla crespella alla fonduta di Fontina e Parmigiano per un tripudio di consistenze, rivisitata in forma aperta: viene servita rovesciata, con une besciamella profumata all’aglio e salvia, la fonduta e il Parmigiano Croccante per il crunch. In un boccone la storia della cucina (omaggio a Marchesi e al suo raviolo aperto); la modalizzazione del consumo, con l’ospite che gioca e si sporca; la coreografia immersiva di sala, nella porzionatura della fonduta e nella chiusura a fagottino.
Nuvola e tartufo uncinato è un primo di raviolini del plin dal ripieno classico, saltati al burro e Parmigiano, su base mirepoix di sedano rapa, castagne e funghi, sotto una coltre mista di Parmigiano e latticello per l’acidità.
Di nuovo sontuoso il Roll di panbrioche con faraona, foie gras e tartufo nero pregiato, altra ricetta inedita la cui preparazione inizia il giorno prima dalla farcia, avvolta nella carne disossata col tartufo e poi nella pasta. Viene affettato in sala dagli chef e servito con purea di broccoletti, crema di fegatini, fondo delle carcasse.
Per dessert il latte con tartufo brumale, intermedio fra l’uncinato e il melanosporum: una spirale di gelatina di latte, gelato al Mascarpone, spugna di latte e cialda croccante di latte, praticamente monoingrediente, scelta nonostante la temperatura fredda, per la delicatezza sul tuber.