Fabrizio Mellino riporta le tre stelle a sud, dove mancavano dal 2001. “Sono cresciuto con questo desiderio: non ho lavorato solo per me stesso, ma per dare lustro al territorio e questo ha fatto la differenza”.
Non si è fermato un attimo, Fabrizio Mellino: dopo la festa per la consacrazione dei Quattro Passi di Nerano fra i tre stelle, è già partito per Doha, dove terrà una serie di cene a quattro mani; poi ci sono le consulenze in Svizzera e a Positano. Trentadue anni e un entusiasmo trascinante, incarna una generazione di talenti made in sud che sta rivoluzionando la cucina italiana.
Le tre stelle Michelin sono anche il premio a una transizione generazionale virtuosa. Tu però non hai ereditato il tuo ruolo, ma te lo sei conquistato sul campo.
Ho frequentato il liceo linguistico, poi un giorno mio padre Antonio mi ha esortato a passare in cucina. Spesso si confrontava con gente del mestiere, che lo esortava a passare la mano, inserendo i figli. All’inizio per me era pesante, la cucina mi attirava per la possibilità di esprimermi creativamente, ma mi sembrava limitante e dubitavo che potesse rappresentare il mio futuro. Poi è successo che un giorno è passata Nadia Santini, avevano organizzato una festa in Franciacorta per Paul Bocuse e questi per ricambiare aveva messo sul piatto una borsa di studio presso il suo Institut di Lione. Mi è stata offerta e il 2 giugno sono partito con mio padre.
Lì ho realizzato in fretta quanto fossero avanti i francesi e mi sono deciso al 100%. Sono quindi partite esperienze con Alain Ducasse e Quique Dacosta, più un breve passaggio in Giappone. Da questi maestri ho conosciuto interpretazioni profondamente diverse del Mediterraneo: al Louis XV si avvertiva l’influenza della Turchia e del Maghreb, mentre a Denia c’era un tocco più asiatico, con tecniche coreane, giapponesi e anche greche.
Una formazione diversa da quella di tuo padre.
Lui aveva lavorato sulle navi da crociera fin da giovanissimo. Il mestiere gli era piaciuto, così pian piano aveva maturato il piano di risparmiare abbastanza da aprire un ristorante. Ma è un autodidatta.
Quando sei rientrato ai Quattro Passi?
Già durante il liceo in estate davo una mano, soprattutto in sala, dove i clienti americani restavano incuriositi dalla presenza di un ragazzino. Dai miei giri sono poi rientrato nel 2012. Sentivo che papà era fiero del mio percorso, ma in cucina ognuno ha la sua interpretazione, quindi non potevo cambiare tutto di punto in bianco. Mi sono mosso con discrezione, cercando di capire il cliente e integrarmi nella gastronomia campana, che non conoscevo bene a livello professionale.
Introdurre elementi estranei sarebbe stato un errore, ho preferito girare tutte le partite per ambientarmi fino in fondo. Qualcuno temeva che volessi prendere un’altra direzione, perché trascorrevo le giornate in cucina a fare le mie prove. Papà aveva già preso la seconda stella, quindi ci muovevamo con i piedi di piombo, senza mettere in discussione una linea che aveva sempre funzionato, rischiando di perdere clienti. Poi è successo che nel 2017 il sous chef ha deciso di lasciare insieme a parte della brigata, mi sono trovato a dover prendere il suo posto e ho formato una mia squadra di ragazzi che volevano far bene.
Ci sono piatti che hanno segnato uno spartiacque?
Mi vengono in mente il Giardino, che valorizza il pomodoro di Sorrento, e lo Spaghetto al pomodoro, con il datterino rosso e giallo, dove protagonista è l’olio. Perché se c’è un principio di individuazione nella nostra cucina, è la centralità dell’extravergine, inteso come ingrediente e non condimento. Io ho iniziato a girare per conoscere i fornitori e quando scoprivo di non essere il primo a passare, restavo un po’ interdetto. La linea tuttavia era sempre più nitida: tutto un discorso sulla dieta mediterranea, che facesse viaggiare l’ospite. Alcuni habitué storcevano il naso; in giro si aggiungeva, mentre io sottraevo. Mio padre tuttavia mi ha sempre appoggiato, quindi sono andato avanti.
Come vi dividete il lavoro oggi?
Lui è appassionato del mercato, quindi gestisce gran parte degli acquisti; poi ha carisma e ama stare a contatto col cliente, mentre io preferisco restare dietro le quinte con i ragazzi.
Cosa cambia con la terza stella?
Ancora non lo so. Ho girato molti tre stelle anche in Francia, sempre con grande rispetto; da appassionato ho letto tanti libri di cucina e di storia della gastronomia. Psicologicamente non cambia niente, io mi sento lo stesso. Ma capisco che è successo adesso, perché abbiamo raggiunto la maturità necessaria per una certa clientela. Siamo ancora un gruppo giovane, con mio fratello Raffaele in sala e la mia ragazza Annamaria al front office. Per noi è una bella scarica di adrenalina. Io mi sono sempre sentito libero di fare i miei piatti, ma nel tempo abbiamo immagazzinato le informazioni indispensabili per metterli a tavola nel modo migliore.
Ora tante persone si avvicineranno, partiranno nuove collaborazioni e sperimentazioni importanti. Ma la nostra cucina resterà improntata al massimo rispetto del territorio e a una filosofia che abbracci tutto il Mediterraneo, inteso questa volta in senso borbonico, con la Sicilia e ogni sua influenza.
Questa è la terza stella del riscatto, visto che mancava a sud dal 2001, quando la perse il Don Alfonso.
E ci riempie di orgoglio. La Campania ha dimostrato di avere grandi cuochi, in tanti tre stelle del mondo ho trovato uno di noi. Abbiamo ricevuto in dote dai nostri nonni una memoria sensoriale e un gusto innato, fin da bambini. Io sono cresciuto con il desiderio di riportare le tre stelle in Campania, non ho lavorato solo per ambizione personale e forse questo ha fatto la differenza.
Probabilmente c’era un po’ di prudenza da parte della guida, a causa dei problemi di costanza nei grandi alberghi delle zone turistiche. Ma quando sono tornato a casa, ho visto le cose più banali con occhi nuovi, perché magari mi erano mancati quel pesce o quel pomodoro, uno stupore che ho voluto trasmettere ai miei ospiti. Poi ho sempre fatto con piacere il mio mestiere e la serenità favorisce il raggiungimento di grandi obiettivi. Ogni mattina mi sveglio con la consapevolezza che devo migliorarmi e ogni sera mi chiedo in che cosa. Così nascono situazioni virtuose, tutto diventa sempre più esatto, ma in modo graduale.
Indirizzo
Ristorante Quattro Passi
Via Amerigo Vespucci, 13N, 80061 Massa Lubrense NA
Tel: 081 808 1271