Il Sillon di Mathieu Rostaing- Tayard è un laboratorio artigianale dove azzerare quel che nel corso degli anni si dava quasi per scontato. Storia e pensiero del “genio ribelle” lontano dai riflettori che sta rivoluzionando la cucina francese.
Ritratti nell'articolo: Louis Triol per Cook_inc. 32
Sillon: l'avanguardia di Mathieu Rostaing-Tayard
Se il Sillon di Mathieu Rostaing-Tayard a Biarritz non fosse un ristorante, sarebbe…Un film d’autore. Con dietro la macchina da presa un vero regista, di quelli abbonati ai grandi festival cinematografici internazionali. Ma quasi mai vincitori delle Palme d’Oro, beniamini semmai della Settimana della Critica o del Premio Speciale della Giuria. Un Critic’s Choice quindi che, nel nostro caso, si tradurrebbe con Chef’s Choice. Ovvero, un ristorante off, fuori dai più battuti sentieri. Apprezzato, capito, condiviso in particolare – solo? – dalle migliori menti, le più aperte, del settore: i cuochi. La stampa e la pubblicistica (non si chiamavano un tempo così gli influencers d’oggidì’?) lasciamole allora in casa di riposo alla senilità che tanto loro confà.
Fact checked: il Sillon di Mathieu Rostaing-Tayard a Biarritz è una bella scommessa. Un laboratorio artigianale dove azzerare quel che nel corso degli anni si dava quasi per scontato (“il capitale d’esperienza” accumulato). Per ripartire da zero, o quasi. Lasciando dietro di sé l’epoca d’oro d’una bistronomia francese (2008-2018) che a Lione colse tutti di sorpresa. Rostaing ne ha viste di cotte e di crude. Non scese sulla pubblica piazza da concorrente allo sbaraglio. Prima di rivelarsi un morettiano “Sono un autarchico”, al 126 della rue Sèze di Lione, lui da solo in cucina con la sorellina in sala, il giovinotto frequentò solo nobile casate (Pierre Gagnaire, Nicolas Le Bec, Michel Portos). Per poi rimettersi in gioco nelle creative fucine di Massimo Bottura e Virgilio Martinez. Rientrato a Lione, il primo dei suoi pari a spingere la porta del neonato Café Sillon nella primavera del 2014, fu l’Australiano Ben Shewry del ristorante Attica di Melbourne.
A seguire, alla rinfusa, i Camanini Bros, Bertrand Grébaut di Septime, Inaki Aizpitarte dello Chateaubriand, Nicolai Nørregaard del Kadeau di Copenhagen, Lukas Mraz o Karime Lopez e Taka Kondo. Tutti confermanti la singolarità d’una cucina de marché, frenchy per estrazione, ma aperta all’altro da sé – perizia tecnica, pulizia estrema del gusto a tutto tondo o dall’acidità temperata, spezie e agrumi sognando il Giappone. Nel piatto, roba da una o due stelle Michelin dirette. Ma l’abito non fa mai il monaco. E il Vaticano pneumatico vide nel Café Sillon solo una erratica forma di apostasia.
Fu per questo che, nonostante le lodi d’un pubblico d’aficionados, di vinaioli irredentisti e di foodistas senza frontiere, nocciolo duro della sua clientela, Rostaing chiuse bottega nel 2018 per partire poi, con moglie e ragazzini , alla volta di Biarritz nei francesi paesi baschi? No, chef Mathieu, MRT per gli iniziati, è un surfista dichiarato, un amante dell’outdoor, dello sci di fondo e delle scarpinate montane. Scelse Biarritz per ritrovarsi in presa diretta “con la natura, i migliori prodotti del mondo, dell’oceano e del retroterra. E per abbracciare qui, lontano dalle abitudini metropolitane, un altro stile di vita, più rilassato. Costruendomi poco a poco un’altra clientela, diversa da quella di Lione dove, alla fine, avevo l’impressione di predicare solo a dei convertiti”.
Biarritz, dal Garage al Sillon
Sarà un El Dorado, una Conquista del (Sud) West francese condivisa da una generazione di nuovi arrivanti, eppure Biarritz non la si vince alla leggera. E’ una mitica stazione balneare fiera delle proprie agricole basche tradizioni, a un tiro di fionda dalla frontiera spagnola, ma con ancora un simbolico muro a separare le due sponde. “Sono arrivato qui quasi due anni prima dell’apertura del ristorante. Per cercare il luogo adatto dove aprire bottega ma soprattutto per frequentare la gente del posto, per farmi conoscere e accettare senza dar l’impressione di sbarcare come uno di quegli “urbani” che, in particolare dopo il Covid, si sono trapiantati a Biarritz per la straordinaria qualità della vita che offre. A condizione di poter permettersi gli affitti molto alti, tra i più cari di Francia. Con tutti i problemi di gentrificazione che ne conseguono.”
Per capire la Biarritz in divenire, e il Sillon con lei, meglio assicurarsi l’alloggio prima ancora del vitto. In città l’offerta non manca. Ci sono alberghi, pensioni, hotel per turisti (o per surfisti: il Palmito a due passi dalla spiaggia non é male), grandi palazzi principeschi, memori dei fasti passati della storica destinazione balneare. Costa basca o costa azzurra? Biarritz fu per un secolo il dopolavoro ricreativo ad uso esclusivo delle classi agiate, un po’ come ai tempi della controversia Tirreno versus Adriatico. L’hotel che a noi più piace, dove scendiamo appena troviamo asilo, si chiama il Garage. Un tempo rimessa per le vetture dell'Hotel Regina appena di fronte, fa faville – come l’insigne vicina – nel portfolio dell’Experimental Group. Che dopo aver rivoluzionato l’universo dei cocktail, si è lanciato con altrettanta balda creatività nell’hôtellerie.
Se al Regina Experimental il lusso si coniuga con un’atemporale attualità (tra i tanti confort moderni al suo interno c’è persino la fresca cucina per tutte le stagioni dell’allievo di Jamie Oliver, Grégory Marchand, già stellato nel suo “Frenchy” parigino), al Garage la giovanile clientela si compiace all’agio nell’inclusiva atmosfera a misura umana. Tanto trendy, tanto boutique. Curate nei minimi dettagli, con letti XXL, materassi da principessina del pisello, coltri e lenzuola di primissima qualità, le 27 stanze e suite, costose ma non totalmente carestose (per riprendere la celebre espressione di Guy Savoy) offrono un comfort state of the art, accoglienza di nicchia e bonus per il The & Simpatia. Scollinare dal Garage verso il Sillon è passeggiata di qualche minuto appena, incrociando sul cammino surfisti con tavole a spalla, maratoneti della corsa mattutina, ciclisti elettrizzati. A Biarritz capita d’abbracciare tutte le stagioni in 24 ore: le avverse per placare gli ardori del sole, il profondo verde della campagna vallonata e le onde che cavalcano incessanti l’orizzonte.
Sillon: l'esperienza (non solo) gastronomica
La cucina di MRT si iscrive giustamente in questo perpetuo movimento. Senza regole ne percorsi obbligati. Alla carta, col menu degustazione o al bancone dove si accede senza previa prenotazione, il Sillon gioca sul concreto e sull’astrazione, il vicino e il lontano, l’istinto e la riflessione. La natura – tutta la ricchezza del circondario ma stravolta da una perpetua ricerca della freschezza, dell’intensità modulata. Se spezie, chillies e agrumi punteggiano ogni piatto non è tanto perché il Peperoncino d’Espelette, prodotto tipico della regione è. Ma per moltiplicare l’aromaticità, per cogliere appieno tutto quel che è a portata di mano.
“Si parla tanto del cambiamento climatico. Noi qui lo viviamo al quotidiano. Nei paesi baschi gli agrumi esotici oramai crescono come a cinquecento chilometri più a sud, ci son dei giovani che hanno incominciato da qualche stagione a coltivare addirittura del the. Fra un po’, oltre al boom del vino, vedrai che si finirà per raccogliere pure del caffè. Tutti questi prodotti hanno una loro legittimità, alla pari della vera pesca ragionata. La concorrenza per i prodotti d’eccellenza? Dalle nostre parti è senza tregua. Non ti fa specie, per questi tempi che si straparla di chilometro zero, di dovere precedere l’alba per arrivare sul porto di Saint-Jean-de-Luz prima che i cuochi di Elkano intercettino, appena accostati i battelli, i migliori rombi dell’oceano? Che poi rivendono nel ristorante in Spagna come se fossero stati pescati a San Sebastian nelle acque loro?”
Il mattino ha l’oro in bocca. Quando vittorioso riesce ad aggiudicarsene, MRT i Rombi se li ingrazia cuocendoli alla perfezione sulla brace, con dolcissimi peperoni gialli allo zafferano, vongole e bergamotto, suggello citrico d’una sferzata iodata. Fosse per noi, i dieci con lode pioverebbero a catinelle. Ma lo chef se ne fotte, e alla grande, di passare per il primo della classe (di ferro la sua: é quella del 1982).
Lui, il Sedano rapa, talmente carnoso che sarebbe ad hoc per un piatto principale, lo concepisce invece soffice e fondente in una entrée con finocchio marino e cozze della baia di Groix al burro salato di fieno affumicato. Una circonstanziata carrellata di pura pirotecnia, di che annunciare il prossimo abbraccio Mare & Madre Terra d’un Porcino gigante accarezzato dalle fiamme della brace con alghe confitte e fritte, pomodori essiccati di Mendigorria e ventresca e cuore di tonno rosso di linea. Prodotti eccelsi da altro mondo, che portano con sé la visione d’un altro mondo.
A quelli che da decenni continuano a far gli smargiassi dispensando a più non posso cucchiaiate di caviale per impreziosire prodotti di bassa estrazione, MRT oppone l’esperienza fatta evidenza: la cultura della bassa ha per lui altrettanta nobiltà di quella di più alta estrazione. Perché importunare Beluga o Oscietre quando aglio e bottarga bastano per sublimare a meraviglia un Piede di porco, mellifluo e croccante senza alcun hic, quasi una basca epifania di ritorno dai mercati di frattaglie nel Vietnam? Capolavorissimo a dir poco.
E’ proprio questo che si viene a cercare al Sillon. Un dotto gioco naturale con i sapori. Una Triglia da antologia alla pasta di peperoncino Takanotsume con la freschezza silvestre della maggiorana per innervare la salsa al vino rosso, evidente clin d’oeil ai civet di lepre d’altri tempi. O, all’aurora dell’autunno, un’Anatra Kriaxera 100% DOC, maturata sine die e servita con fagioli, prugne e basilico che un estrattivo succo di capperi al pepe verde trasforma in una vibrante ode all’eterna primavera basca.
Poi, dopo le Noci verdi alla meringa con sorbetto di crescione, ecco la Mela Cotogna glassata, con cascara (grani di gucce di caffè), zafferano e sorbetto speziato al fruttatissimo peperoncino Aji Mango. Di che strappare, non il premio del dessert dell’anno, piuttosto quello del quinquennio.
Biarritz: oltre la cucina
Paese che vai, usanze che ritrovi. “Nonostante il suo nuovo profilo, Biarritz resta una città poco avventurosa a tavola. Della mia clientela solo il trenta per cento è composta da locali, tutti gli altri sono parigini o stranieri vacanzieri.” Compresa però la permanente delegazione di artisti, scrittori o musicisti, di passaggio in zona o iscritti al catasto tra i neo-residenti. Come Bryce Dessner, il chitarrista de The National, che tra due tournée ha fatto eletto il francese Paese Basco, per almeno sei mesi all’anno, la sua nuova patria d’adozione. “Tanti musicisti bazzicano per il Sillon, compreso Woodkid. O i Daft Punk venuti in incognito senza caschi da robot, che ovviamente non ho riconosciuto, ma la mia squadra in cucina invece sì” dice MRT precisando immediatamente. “Questo passaparola lo devo in particolare a David Chalmin, un chitarrista multistrumentista e compositore. Nonché produttore d’eccezione che accoglie nel suo studio di registrazione, a dieci minuti da Biarritz, il fior fiore della scena attuale. Una sera che era venuto a cena, quando gli proposi di organizzare insieme una performance musica/cibo sotto l’egida di GELINAZ!, lui che è svezzato alle sperimentazioni più radicali ha accettato senza esitare.”
Fu l’otto ottobre scorso più una rave che l’ennesima “quattro mani”. All’aria aperta, sotto il sole cuocente da fine estate nella campagna basca, un happening di suoni e sapori per una sessantina di spettatori, barbecue e sintetizzatore modulare. Cinque ore non stop, il pubblico deambulante liberamente per il prato o allungato nelle sedie a sdraio con un casco HIFI incollato sulle orecchie, tra fumi e brezze sonore, melopee, folate drone e musicali iterazioni non idiomatiche. I musicologi definirebbero tale pratica artistica dell’”instant composing”. A giusto titolo: “Abbiamo fatto dell’improvvisazione totale, David attentissimo ai miei gesti, sulla griglia, ai fornelli, per accordare i suoni col suo modulare. L’intento era di titillare lo spazio-tempo, alla maniera delle performance fiume di La Monte Young. Neanche un solo istante pensai di proporre dei piatti-piatti, magari rielaborati dalla carta del mio ristorante. Ho invece optato per degli studi, sette variazioni intorno a dei prodotti – seppie, cipolle, alici – presentati sotto digressive forme, cotti, crudi, fermentati, mai uguali.”
Non sta a noi dirlo, fu un happening davvero di sospesa, abrasiva poesia. Al quale si prestarono con diletto, tra il pubblico, artisti, designers, musicisti e reporters brasiliani, italiani, inglesi, indiani. Compresa l’americana Marti Buckley, collaboratrice regolare da San Sebastian del New York Times. Ma zero spettatori o giornalisti spagnoli. A quanto pare il Muro cadde solo a Berlino nel 1989.
Lunedi 13 Ottobre 2023. Nell’Uber che ci conduce verso il simposio Food on the Edge alla periferia di Dublino, Luis Andoni Aduriz, l’immenso chef del Mugaritz a Errenteria, concede volentieri: “Ne ho sentito parlare, però al Sillon di Mathieu Rostaing non ci sono ancora stato. Conosco male la scena del paese basco francese. Non si può dire che ci sia molta comunicazione tra le due sponde. A San Sebastian, la settimana scorsa, abbiamo festeggiato un quarto di secolo del nostro congresso, Gastronomika, un tempo chiamato Lo Mejor de la Gastronomia. Io quest’anno ci sono andato a ritroso, è sempre lo stesso modello con i soliti nomi, le stesse facce. Vorrei parlarne col nuovo direttore, perché visto anche che oramai è ufficiale l’arrivo tra qualche mese d’Inaki Aizpitarte - lascia lo Chateaubriand a Parigi per aprire con sua moglie Delphine un ristorante a Saint-Jean-de-Luz- mi sembrerebbe più che decoroso accogliere nel 2024 una delegazione di quel che più interessante sta prendendo piede nella parte francese della nostra comune regione.” Solo i sordi non tendono le orecchie.
Fotodi copertina: @Papier Magazine
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