La Michelin non è stata tenera con la famiglia Haeberlin, autentica istituzione della cucina alsaziana, francese, mondiale. Dopo oltre cinquant’anni di tripla stella, tramandata di padre in figlio, ha deciso nel 2020 che no, non era più meritata. Ma Marc, al timone da quarant’anni ed oggi detentore dei 2 macaron, continua sulla strada della continuità.
La storia
C’era una volta L’Auberge de l’Arbre Vert, aperto nel 1878 a Illhaeusern, nei pressi di Colmar, dai bisnonni di Marc Haeberlin, che portavano avanti anche un’azienda agricola; distrutto durante la seconda guerra mondiale e poi ricostruito con il nome “Auberge de l’Ill” sull’insegna, per differenziarsi dai tanti esercizi in zona. Un’eredità felicemente raccolta dai fratelli Jean-Pierre e Paul, rispettivamente in sala e in cucina.
La progressione è rapidissima: la prima stella arriva nel 1953, la seconda nel 1957, la terza nel 1967. Certo ai tempi la brigata è minima, appena un secondo con qualche apprendista, e la cucina più semplice: in carta sopravvivono potage e melone al Porto; mentre sulla stufa si affaccia lui, Marc, il figlio di Paul, esponente della quarta generazione degli Haeberlin, che già da bambino inizia a dare una mano a mondare. Il suo posto non se lo conquista per diritto ereditario, ma sul campo, partendo commis, diplomandosi all’alberghiero, poi sgobbando da Paul Bocuse, Lasserre, Gaston Lenôtre e i fratelli Troisgros.
“Non mi sono mai sentito costretto né forzato. Sono sempre stato attratto dall’ambiente della cucina, fin da bambino venivo a preparare le erbe o eviscerare i pesci”. Mentre la quinta generazione si scalda: se la sorella di Marc lavora in sala, la figlia con la nipote si occupa di amministrazione, il genero dirige l’albergo nel parco e i nipotini già cercano di mettere le mani in pasta.
La filosofia, ora che l’insegna conta due stelle (dopo aver recentemente perso la terza) resta quella della continuità: in carta sono intangibili i piatti d’antan come la mousseline di rane, il soufflé di salmone o il tartufo sotto la cenere, senza variazioni dai tempi di Paul, perché l’eco delle mode non arriva.
Del resto c’è chi viene appositamente per provarli e non accetterebbe rivisitazioni. “Voglio salvaguardare la tradizione della cucina francese e sono particolarmente attento alla qualità degli abbinamenti col vino, in virtù della magnifica regione vitivinicola in cui abitiamo”. È una terra ricca anche di selvaggina, ma Marc non si nega astici e sogliole, che magari sposa a ingredienti più umili. Come scrisse Gilles Pudlowski, in questo fiume tranquillo scorrono classico e moderno, con lo stesso tasso di felicità.
Foto di copertina: @Sandrine Kauffer
Fonte: guidemichelin.com