Proseguono le ricerche del grande chef basco sull’inoculazione di muffe negli alimenti, al fine di creare nuove sensazioni di straniamento, che giocano spesso e volentieri col comfort di accostamenti noti.
L'idea
Ci sono cuochi che surfano le tendenze. E ce ne sono altri che agitano lo specchio liquido del food, creandole ex novo e spingendole sempre più a fondo, laddove si agitano correnti invisibili. È il caso di Andoni Luis Aduriz, che sulle muffe e sulla connessa sensazione di disgusto lavora da tempi non sospetti, affacciando l’ospite sul precipizio dell’incommestibile e suscitando vertigini destabilizzanti.
Il prequel è stata la fetta di panbrioche inoculata datata 2014, che pareva ricomprendere il suo stesso formaggio, il celebre pan azul poi farcito di acciughe. Il sequel la mela del peccato del 2017, cotta nella calce viva, infusionata nel lattosio e inoculata di spore, vellutata sopra una morbida farcia di arancia e bergamotto. Piatti ormai entrati nella storia non solo dell’avanguardia, ma della cucina tutta.
L’idea, viene spiegato sul sito del Mugaritz, è quella di utilizzare la tecnica ancestrale della fermentazione, che significa trasformare e decontestualizzare, in forma controllata nell’ambito di un laboratorio di ricerca e sviluppo. Attraverso gli enzimi così liberati (batteri, lieviti, funghi) si accede dal conosciuto alla soglia dell’inimmaginabile, guadagnando in profondità e complessità, fino al confine del putrido se non addirittura del “morto”. Fra le diverse tecniche in uso figura l’inoculazione del penicillium roqueforti o candidum, intrapresa nel 2015, nonostante la difficoltà di introdurre gli ospiti a nuove dimensioni, familiari unicamente a pochi “nerd” della cucina. Ma in questo caso fortunatamente scatta il riferimento condiviso del formaggio, che si tratti di blu o di coste fiorite, capace di instaurare un codice per la comunicazione.
In un primo momento si è quindi trattato di ottenere spore utilizzabili in cucina, grazie al Laboratorio Arroyos in Cantabria, che tuttora rifornisce il ristorante garantendo la massima sicurezza. Poi si sono scatenate le sperimentazioni. Ne è nato tutto un filone creativo, che potrebbe suscitare repulsione, mentre per lo chef rappresenta un potente stimolo alla riflessione e alla creatività. Muffa e putrido assumono sembianze stranianti e provocatorie, che però in bocca svelano seduzioni organolettiche talvolta addirittura e paradossalmente comfort. Tutta una serie di UFO (Unidentified Food Object) che continuano a perturbare il sonnolento mondo del food, fino all’ultimo degustazione.
Foto dei piatti: @José Luis Lopez de Zubirìa
Foto dello chef: @Alex Iturralde