Venti coperti o poco più, una stube del 1700 e un menu che fissa due regioni sulla stessa mappa sensoriale: al Suinsom dell’Hotel Tyrol Alessandro Martellini percorre nuovi sentieri di eleganza, affrescando sul piatto paesaggi variegati. Come sfondo, un nucleo famigliare a braccia tese che rinnova ogni giorno la sua promessa di ospitalità.
Selva di Val Gardena è l'"incrocio alpino" per eccellenza: un'allegoria turistica del transfer verso altre mete, che siano i sentieri isolati del Passo Sella o le piazze gremite di Bolzano. Sembra impossibile restarci per più di una settimana senza il chiodo fisso del trekking o dello sci, ma in fondo l'eccezione c'è, e va cercata dove meno te l'aspetti. Merito di due giovani con l'anello al dito e il pensiero libero, che giusto mezzo secolo fa davano all'ospitalità un valore diverso, applicandovi la formula della propria empatia congenita.
Fu proprio da questa base di folklore bonton che nacque il Tyrol: un rifugio fuori dal coro deciso a ignorare le sirene canterine del business locale. Ora che il tempo è scivolato via come il Rio Gardena, Frida Kasslatter e il marito Karl Malloyer sono ancora presenti in quel turbine di gesti non quantificabili che fissa l'albergo nella memoria di chi vi soggiorna. E l'accoglienza ne dà conferma, pronta a rifare ogni volta il nodo ai suoi cadeaux di benvenuto.
Lo chef e il Ristorante Suinsom
Se vi invitassero a cena in una stube del 1700, sorta di salotto ladino scaldato dalle nuance del bosco, vi aspettereste senz'altro una passerella di piatti tipici, tra fumi di polenta al sugo e qualche canederli in eccesso. Del resto, il Tyrol conserva da sempre -e continua a mostrare- il suo lato squisitamente nostalgico, ma è riuscito pian piano a fonderlo in una scocca à la page, restaurando gli spazi con mano lieve per salvare l'intimità del legno dalle insidie degli anni.
In struttura, quindi, non manca il rito del pranzo con fonduta di formaggi, vellutata di zucca e gnocchi di patate della Val Pusteria; tuttavia, il menu amalgama due trascorsi: quello della nuova generazione, incarnata da Bibiana Dirler e Maurizio Micheli, e quello dello chef Alessandro Martellini, insignito della stella Michelin per la cucina del Suinsom. È lui, negli ambienti old but gold dell'edificio, ad allentare la morsa della tradizione, spogliando però la tecnica dei suoi rami più intricati.
Un funambolismo tra la linea rigorosa dei maestri Stefano Baiocco, Enrico Crippa ed Antonio Guida e la dote innata di affrescare sul piatto diversi paesaggi in simultanea (oltre i profili gardenesi, vivaci scorci toscani per ricomporre il quadro delle origini). Alessandro cresce infatti ad Orbetello, e nel formarsi risale gradualmente l'Italia, con un climbing geografico-culinario che l'insegna evoca già nel concetto; vuoi perché Suinsom significa "in cima", vuoi perché il percorso fissa due regioni sulla stessa mappa sensoriale, dall'esplorazione della laguna nel grossetano alle erbe spontanee raccolte fresche oltre i 2000 metri.
L'Hotel Tyrol
Un passo indietro è necessario: lasciamo solo qualche istante la stüa avvolta nella penombra per abbozzare una panoramica del Tyrol, che all'arrivo restituisce l'immagine di un nucleo famigliare a braccia tese.
Capita quindi di venir accolti con assaggi di salumi e Schüttelbrot già dal check-in, come pure di sondare il "campo drink" con la cronaca diretta di abili bartender, che al Ty Bar passano in un attimo dai cocktail della casa all'immancabile compilation Iba; di perdersi inevitabilmente tra un tuffo nella piscina sotterranea in pietra Dolomia e un tour del "Paradiso delle saune" (dove quella finlandese in baita affianca la versione aromatica per l'"effetto foresta") o, ancora, di concedersi un varietà di piatti pescati a turno dalla carta del Ty Restaurant e del Ty Bistrot.
Degna di nota, però, è anzitutto la colazione, spesso poco caratterizzata nel panorama dell'hotellerie locale, nonché affollata da voci "standard" che tolgono un po' di magia all'insieme. Qui il rischio si dissolve in un convivio di torte, trecce a lunga lievitazione dallo strappo filante, sfoglie con crema e frutti di bosco, burri e confetture da abbinare alla relativa selezione di pani, più la performance live dello zabaione che rende giustizia alle uova nella loro appagante ricetta espressa.
Il Suinsom e i piatti di Alessandro Martellini
Non è impresa facile accaparrarsi un posto nel ristorante gastronomico di soli 22 coperti, tanto che gli ospiti abituali hanno ormai preso l'abitudine di alzare la cornetta con preavviso calcolato. Il merito va, oltre il backstage, alle premure della maître Alessia Visentin, abile "vestale" del Suinsom capace non solo di ritmare l'assaggio con proposte intonate al mood del tavolo, ma anche di tendere l'arco della sorpresa nelle piccole pause della cena, facendo magari uscire il filetto alla Wellington a metà cottura per anticipare il colpo di fulmine.
Va da sé che il pairing, anziché restar confinato nel range dei soliti nomi, tenti a tratti di aggiornare l'idea della viticoltura di prossimità, puntando su aziende particolarmente sensibili al territorio.
Nei due menu degustazione (In Cordata a 5 e In Cordata a 6), quel che precede i piatti fa già balzare i sensi sull'attenti. Ecco, dunque, arrivare un "fungo apparente" dove il micete è in realtà contenitore di 5 varietà diverse: alla base un parfait di finferli, cardoncelli e champignon con porcino, mentre gli shitake marinati richiamano la cupoletta soprastante e il pane aromatizzato alle erbe sembra muschio, pronto a screziare di verde i lievi cenni d'autunno.
S'intendono al volo anche il Foie gras con barbabietola e gel di carpione e la Mela con gel allo yuzu e shiso: l'uno profondo e vigoroso, l'altro fresco e tutto succo, per rifarsi il palato prima del carboidrato. Non il solito farinaceo strappa e mordi: la pagnottina servita calda ha una crosta sonora e una mollica un po' più acidula, spia del lievito madre quarantacinquenne che la brigata accudisce come un "figlio adottivo".
Dose multipla di burro della Normandia e il silenzio cresce in parallelo all'attesa, fino all'ingresso dell'Animella "cuore" di vitello, broccolo romanesco e crema di barbabietola fermentata. Il test del taglio conferma subito l'idea di morbidezza, grazie all'incubazione della carne in una coccola di olio e burro. Poi la salsa di acciughe di Cetara riconcilia il sale con la nota sweety dell'ortaggio; a vedersi è un incontro ravvicinato pascolo-scogliera, mai stati così uniti.
Domanda osé: può un fusillo calarsi negli abissi? Quello a base di lardo, seppia e salicornia pare riuscire a estrarre lo iodio da ogni specie, per farlo proprio con una sorta di osmosi marina: durante la mantecatura si tuffa dritto nel lardo, che arrotonda le diverse gradazioni di sapidità; poco dopo accoglie il mollusco, pronto a sguazzarvi dentro col suo jus e stendervi in cima veli sottili. Infine, quando meno te l'aspetti, irrompe sulla scena il selvatico della salicornia, e allora senti tutto il contrasto tra fondo vellutato e topping audace: l'onda vera, che può colpirti con uno splash o tenerti in un limbo galleggiante, lasciando però sempre un ricordo netto.
Dalla costa alla laguna è un attimo, sulle tracce dell'Anguilla alla griglia, barbabietola, scalogno e consommé di agrumi. Un secondo luccicante ispirato al premio dell'Anguilla D'oro, conferito ad Alessandro per la conquista dell'atteso macaron. Non è solo cibo; è memoria tra il liquido e il solido, con un fondo da inalare a piene narici prima di brandire il cucchiaio e addentare il trancetto tenero.
Maestoso pure, come da programma, il Filetto alla Wellington "mountain edition", un lingotto dorato che sigilla a dovere i succhi del ripieno, incorporando però frammenti di ecosistema. A rimpiazzare il manzo, l'agnello della Val di Funes, impreziosito da foie gras e jus di camomilla. Il morso si rilassa pucciando il boccone in una purea di patate della Val Pusteria e ortiche dell'Alpe di Juac.
At the end, Alessandro ci invita a lasciare temporaneamente l'età adulta per incontrare un dolce che azzera gli anni persi: una delle migliori Tarte tatin mai assaggiate, sontuosa nella sua limpidità. La "mela regina" viene avvolta in una spirale naturale che esalta il pomo Cosmic Crisp, colto solo in alta quota. L'esito? Polpa tesa e zuccheri discreti anche post-cottura, col gelato alla vaniglia che condensa i profumi di latte fieno. Niente pudore, per una volta, nel raschiare il fondo del dessert.
Indirizzo
HOTEL TYROL E RISTORANTE SUINSOM
Strada Puez, 12- Selva di Val Gardena (BZ)
Tel. +39 0471 774 100