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Antoine Chépy: lo chef che ha lasciato l’alta cucina per aprire un ostello sostenibile

di:
Francesca Feresin
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copertina antoine chepy

Da Arotzenia si sperimenta un modello economico alternativo, con prezzi giusti ed un menu definito dal prodotto, di stagione e proveniente da un’area di circa 200 chilometri.

La storia

Cos'è un vero ristorante? La risposta a questa domanda tormenta da sempre lo chef francese Antoine Chépy, non particolarmente amante di quell’ostentazione che contraddistingue i locali della costa basca dove ha iniziato la sua carriera. “A chi do da mangiare, con questi menu da 100 euro?", osserva Chépy nel salone del suo ristorante Arotzenia, nella cittadina francese di Urruña. Lo ha aperto nel 2021 con la sua compagna, la brasiliana Bianca Muller, ex avvocato di una multinazionale di San Paolo, e con il sostegno dell'Ostello Associativo Etxeberria, da lui creato per promuovere la cucina tradizionale e sana che proviene da produttori locali. L'associazione conta oggi circa 800 persone, in maggioranza residenti. “Ci sono persone che scoprono il nostro progetto e vogliono aderire, ma non vogliamo che sia una bolla. I partner devono essere passati di qui”, spiega Chépy.

antoine chepy
 

Il posto, all'interno di una tradizionale dimora basca tra Hendaye e San Juan de Luz, in realtà non è niente di eccezionale. Passando di lì, anche se ci si ferma a provare i loro deliziosi porri con vinaigrette all'uovo (8,50 euro), il loro stufato di patate e porri (7 euro) o la loro piperrada (11 euro), è difficile comprendere quale rivoluzione si nasconde dietro Arotzenia. “Non abbiamo bandiere, né dogmi. La gente viene e se chiede gli spieghiamo, ma non vogliamo niente, né che qualcuno si converta. I 20 euro che spenderete andranno direttamente ai produttori. È un'azione diretta”, spiega Chépy. Ma torniamo alla sua domanda iniziale, cos’è un ristorante?

arotzenia urrugne
 

Il primo esemplare della storia con questo nome, situato a Parigi, probabilmente in rue du Louvre, fu opera di un certo Boulanger che, nel 1765, incise sulla sua attività una frase tratta dal Vangelo: “Venite ad me, omit qui stomaco laboratis, et ego restaurabo voi”, ossia:” Venite a casa mia, uomini deboli di stomaco, e io vi ristorerò". Così il “ristorante”, entrò all'Accademia di Francia nel 1835 con il significato che gli diamo oggi. Ma per Chépy la gastronomia è diventata un parco di divertimenti, e il capitalismo ha devastato un concetto che ormai vive di spettacolo e, come quasi tutte le imprese, di affitti esorbitanti. È stata la sua conclusione dopo 12 anni di lavoro nell'alta cucina, in ristoranti premiati con stelle Michelin come l'Hôtel du Palais di Biarritz, ma dove, a suo avviso, la qualità si basa sul savoir faire, non sui prodotti.

antoine chepy chef
 

Ciò che rifornisce oggi i ristoranti è la filiera industriale. Ora sembra che basti caricare un paio di foto su Instagram con il tuo amico contadino, con cui in realtà lavori un prodotto o due, per definirti rappresentante di un’alimentazione sana e locale. La mia intenzione è fare il contrario: una catena agroalimentare contadina e regionale”, spiega Chépy, la cui idea ha ricevuto il sostegno di clienti come Anne, una vicina che gli ha prestato 10.000 euro senza interessi per lanciare questo progetto, all'interno di un ex ostello familiare chiuso nel 2019. Chépy e Muller hanno già ripagato la quasi totalità di questi debiti. Ad Arotzenia i profitti del ristorante vengono reinvestiti nel miglioramento dei locali. Gli associati, che pagano un contributo compreso tra 10 e 15 euro all'anno, contribuiscono con il loro denaro all'acquisto di materiale, come un nuovo frigorifero, ma anche alla celebrazione di concerti e azioni che cercano di creare legami tra vicini e preservare una cucina tradizionale in un'atmosfera popolare.

antoine chepy e la moglie Arotzenia Emmanuelle Fere
@Emmanuelle Fére

Questa avventura gli è valsa il ruolo da protagonista nel libro “De la terre à l'assiette" (Dalla terra al piatto ), del giornalista francese Quentin Guillon. Con Arotzenia come protagonista, Guillon prova a spiegare quali sono le minacce alla sicurezza alimentare in Francia, un Paese dove l'autonomia alimentare delle 100 principali aree urbane è ridotta al 2%, ovvero il 98% del cibo consumato viene importato da altre regioni o all’estero, secondo uno studio pubblicato nel 2017 dalla società di consulenza Utopias. Le esperienze originali di personaggi come Chépy e Muller e la rete che hanno costruito intorno a loro, con produttori indipendenti come Château Tour Blanc, uno dei primi vigneti delle Landes ad adottare l'agricoltura biologica nel 2001, dimostrano che è possibile realizzare modelli alimentari alternativi, apparentemente idealistici. Il sogno di Chépy arriva così in alto da riflettere sulla sicurezza alimentare sociale, immaginando ristoranti di cibo sano dove si paga in base al proprio reddito. Un'idea ancora lontana, ma che questo chef evoca con i suoi coetanei e gli altri partecipanti agli incontri sulla sicurezza alimentare organizzati dal Comune di Urruña. "L'obiettivo è che i nostri agricoltori e i nostri appezzamenti alimentino le mense dei nostri bambini e degli anziani entro settembre 2024", afferma la deputata del consiglio comunale, Marie-Christine Elizondo, nel libro di Guillon. Con le città vicine come Hendaye e Biriatou, i comuni stanno cercando di trovare un modo più efficiente per produrre le migliaia di pasti offerti da asili nido, scuole e residenze.

arotzenia ristorante piatto
 

Da Arotzenia è il prodotto a dettare il menu. Chépy e Muller acquistano quanto disponibile, tutto di stagione e proveniente da un'area di circa 200 chilometri. I piatti vengono venduti ad un "prezzo giusto", che per loro non significa economico. “Il prezzo giusto è quello che permette a tutti gli anelli della catena di avere una giusta remunerazione”, dicono. Il commensale — preferisce non chiamarli clienti — paga tra i 20 e i 30 euro per un pasto sano: stufato di verdure, zuppa di pesce, insalate originali, caviale di melanzane, verdure ripiene. Il piatto più accessibile si aggira sui 6 euro e quello più il caro è 22. Un bicchiere di vino, da vigneti biologici, tra 3 e 4 euro. "Ciò che mi preoccupa è il valore nutrizionale dei miei piatti", dice il cuoco. Chépy lavora quasi senza intermediari e acquista personalmente i suoi prodotti. Durante il pasto, indica l'origine di ciascuno sulla tavola, e sono per lo più baschi. Le acciughe provengono dalla Cantabria. Il formaggio proviene dalle pecore che suo fratello alleva nella stessa zona. In un angolo della stanza ci sono i sacchi di riso e fagioli che gli vengono portati due volte l'anno dalla Navarra. Sono ammesse solo alcune eccezioni, spezie, caffè e qualche vino, proveniente dalla Borgogna.

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Al loro fianco lavorano due giovani, interessati allo sviluppo sostenibile e all’ospitalità. Lo stipendio più basso è di 1.000 euro, il più alto, quello di Chépy, 1.500 euro, e di tanto in tanto un altro cuoco trascorre qualche giorno con loro per imparare. Fanno un turno unico - quest'estate lo hanno spostato al pomeriggio -, e introdurranno un altro servizio se riusciranno ad avere più commensali per assumere una seconda squadra. "Tra tre anni potrò dirvi se abbiamo raggiunto il secondo obiettivo del nostro esperimento: un modello economico che funzioni, con una tesoreria al passo con i tempi." In Arotzenia i passi si fanno poco a poco, con la speranza di affermarsi come luogo di riferimento nei Paesi Baschi e magari servire da ispirazione ad altri anticonformisti.

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