Non solo ristorante, ma anche galleria espositiva: The Manzoni è la tela bianca su cui risaltano le opere dell’artista londinese Tom Dixon, mentre la cucina a vista si affaccia su una sala dal forte impatto visivo. Ai fornelli Giuseppe Daniele, formatosi presso grandi chef come Antonio Guida, Niko Romito e Luigi Taglienti.
Il locale
A Milano, in pieno centro storico, a pochi passi dal Teatro alla Scala, dal 2019 ha aperto i battenti The Manzoni, molto più di un semplice ristorante: è piuttosto un laboratorio dinamico, un luogo di sperimentazione, creazione di energie e sinergie tra cibo, spazio, oggetti, sensazioni, gusti e ispirazioni, che trasformano ogni visita in un’esperienza completa a 360 gradi.
L’affaccio sull’esterno della via alla quale il locale deve il nome è discreto, tanto da passare quasi inosservato tra alcune delle vetrine più eleganti della città; ma è varcando la soglia che si viene colpiti da un contesto sorprendente, in cui tutto è studiato per invitare lo sguardo a soffermarsi, a rallentare, a volgersi attorno per cogliere la particolarità degli oggetti che popolano un ambiente vivo, capace di trasformarsi nel passaggio da una sala all’altra. Percorrendo il lungo corridoio che dal bar porta al ristorante vero e proprio, è impossibile non alzare gli occhi verso i lampadari che si susseguono sul soffitto come una costellazione di sfere dorate o verso i grappoli luminosi che risplendono alle pareti, creando un suggestivo gioco di riflessi e ombre.
Il design è ovunque. Infatti, oltre a essere un ristorante, The Manzoni è anche una galleria espositiva, o meglio: la tela bianca su cui risaltano le opere dell’artista londinese Tom Dixon, che ha firmato gli arredi del locale dando all’atmosfera un effetto ipnotico, poliedrico, multifunzionale e fuori dagli schemi, che tuttavia non ruba la scena al ristorante: il cuore del locale infatti resta la cucina a vista, attorno alla quale si sviluppano gli altri spazi e verso la quale lo sguardo è attratto fin dall’ingresso, in quanto punto focale di una prospettiva scandita dal susseguirsi punti luce e tavoli dalla mise en place minimalista, appositamente studiata per rendere protagonisti i piatti.
La cucina
La coerenza tra la cucina e il contorno emerge dall’essenzialità delle portate realizzate dallo chef Giuseppe Daniele (formatosi presso grandi chef come Antonio Guida, Niko Romito e Luigi Taglienti) insieme al sous chef Gabriele Fiorino e al pastry chef Halit Gajda: piatti ricercati, ma dai gusti semplici e riconoscibili, pensati per esprimere una cucina che è forza, movimento, evoluzione di un concetto, e capaci di regalare il piacere di sapori intensi e senza compromessi.
Una cucina che è al tempo stesso ricordo d’infanzia, narrazione di un vissuto fatto di pietanze autentiche, territoriali e tradizionali, valorizzate attraverso la capacità di ricreare e interpretare i prodotti della terra, trasformandoli in sinfonie che rimandano alla tradizione e, al tempo stesso, esprimono uno sperimentalismo audace fatto contaminazioni e capace di rivelare sorprese inaspettate.
Da non sottovalutare neppure l’opera del general manager Paolo Quadrini, del direttore di sala Franco Cozzo, del sommelier Gabriel Albuquerque e del barman Ralf Fortuna, che completano il team del locale e contribuiscono a definire la “cornice” in cui l’estro creativo può esprimersi per trasformare il pranzo o la cena in un’esperienza multisensoriale, leggera e giocosa, ma comunque di alto livello.
I menu e i piatti
A riassumere questa volontà e questa filosofia ci sono i menu, concepiti e presentati come veri e propri manifesti culinari, che seguono e assecondano i ritmi naturali delle stagioni. Il primo è stato Dynamo, che fin dal nome esprime l’idea della vita, del movimento e dell’accelerazione continua, che si autoalimentano e traggono energia da se stessi (proprio come fa la giovane brigata di cucina), ma soprattutto riflettono le vibrazioni della primavera, con piatti come gli asparagi bianchi, crema al parmigiano e nocciole o il filetto agli asparagi verdi; il branzino scottato, cavolo viola e spinaci saltati con uvetta sultanina o il filetto di scorfano in brodo, cipollotti bruciati e tartufo nero; questi si accostano poi a proposte “evergreen”, quali il risotto alla milanese con midollo scottato, il risotto all’astice e caviale o il carpaccio gamberi rossi foie gras e caffè.
In autunno è venuto Magnete, altra lista dal titolo emblematico che unisce piatti concepiti come “campi magnetici”, in grado di attirare prepotentemente l’attenzione del cliente e di renderlo più consapevole e meno distratto, nonostante gli stimoli provenienti dall’ambiente surreale e innegabilmente seducente che circonda il tavolo. Per riuscirci lo chef ha puntato sulla creazione di una sinfonia tra sensazioni tattili, visive, gustative e olfattive che si fondono in un “tutto” armonico, intenso e sorprendente per il palato: a partire dagli amuse-bouche, tra cui spiccano il mini taco croccante con tartufo nero e il bacio di dama salato con patè di fegatini, per proseguire con i sapori familari della zucca al forno con crema al parmigiano e tartufo nero o dei ravioli del plin con ripieno di faraona e champignon su crema di nocciola, ma anche con il tocco di una “selvaticità addomesticata” del capriolo con polenta fritta e spugnole con cuore di foie gras.
Ultimo in ordine cronologico: Ùl|tra (dal latino “oltre”,” al di là”, “più che”), il menu concettuale che punta a spingersi oltre la norma, per superare i limiti dei sensi e della ragione, con una selezione di piatti che puntano sì a catalizzare l’attenzione attraverso una presentazione estetica impeccabile e un cromatismo d’effetto, ma soprattutto che vuole scardinare le tradizionali coordinate gustative attraverso un uso straordinario degli ingredienti, capace di rendere il pasto un’esperienza edonistica e ammaliante. Il menu include così piatti provocatori come il carciofo arrosto, purea di melanzane, arachidi, confettura di pomodoro e vaniglia; i tortelli di anguilla, salsa alla pizzaiola e salicornia; il filetto di manzo, crema di topinambur e liquirizia e il filetto di manzo alla Wellington “bruciato”, patate croccanti e mayo al tartufo; l’uovo alla catalana e passion fruit e il pre-dessert giocoso e raffinato a base di sorbetto di cetriolo, zucchine trombetta marinate agli agrumi, crema di agrumi e cervella fritte.
Proposte decise ed essenziali, che esprimono un’idea chiara di cucina e spingono a perlustrare nuovi orizzonti del gusto, ma al tempo stesso concedono di trovare rassicurazione in alcuni signature dishes di chef Daniele, come gli gnocchi di spinaci, crema al cavolfiore e liquirizia, la triglia, crema di pane e cima di rapa e il galletto alla cacciatora con peperone arrosto, un piatto popolare ma prelibato, ispirato alla cucina dei nonni e alla tradizione delle Feste in sud Italia, o la lepre à la Royale, un piatto edonistico tipico della cucina d’Oltralpe, che testimonia una creatività caleidoscopica e mai fine a se stessa.
La cantina è all’altezza della cucina e include vere e proprie perle dell’enologia italiana ed europea, scelte e sapientemente proposte dal sommelier per accompagnare ogni piatto con un vino diverso in abbinamento, proseguendo dal piatto al calice l’idea di equilibrio dinamico che caratterizza ogni aspetto del The Manzoni. L’obiettivo, alla fine, è appagare e avvolgere tutti i sensi, stimolare la memoria, sedurre la mente ma anche invitare il pubblico milanese (e non solo) a rallentare e a prendersi il tempo per soffermarsi e godere dei dettagli e delle sfumature. Siano esse racchiuse nel gioco di consistenze, colori e contrasti tra gli ingredienti presenti nel piatto, nell’armonia del pairing o nell’atmosfera affascinante di contorno.
Indirizzo
The Manzoni
Via Alessandro Manzoni, 5- 20121 Milano MI, Italy
Tel: +39 02 8909 4348 / +39 334 896 3861