Classe 1995 e circondato a sua volta da un nugolo di ragazzi nati negli anni Novanta, il giovanissimo Martin Lazarov ha trovato terreno fertile per esprimersi nell’ex residenza del principe Nicolaci, ora sede del San Corrado di Noto. I suoi piatti, freschi nel concetto ma già maturi nell’impostazione.
L'hotel
Noto è una meta ambita: patrimonio Unesco e capitale internazionale del barocco, è un luogo dal fascino fuori dal tempo, di quelli che connotano la peculiare bellezza di una regione come la Sicilia. Il San Corrado di Noto si trova defilato rispetto alla magnifica cittadina, in una posizione beatamente isolata e perfettamente integrato nella campagna che lo circonda.
In passato residenza nobile e masseria di proprietà del Principe Nicolaci, ora è uno splendido resort che comprende ventisei suite ciascuna con il proprio patio, due delle quali con piscina privata dotate di tutti i confort. Così come le otto ville, nel verde tra alberi di olivo, palme e aranci, tutte con piscina propria e un patio ancora più grande. Se naturalmente non mancano palestra, un’ampia spa e campi da tennis, non è distante il beach club che si raggiunge con pochi minuti di navetta, per rilassarsi sulla spiaggia privata di sabbia bianca e godere di un mare dall’acqua trasparente.
Sul lato nord del resort, invece, c’è una spettacolare piscina piuttosto fuori dal comune come la “One Hundred Blue”, lunga appunto cento metri e ispirata alla forma delle vasche d’epoca classica degli antichi Greci e Romani. Non manca un’altra piscina, anch’essa molto ampia, su cui si affaccia l’Hostaria Casa Pasta, governata da Mattia Lorenzo, classe 1994, dove si possono gustare piatti ispirati alle ricette tipiche dell’isola ma anche ottime pizze.
A capo della struttura una manager di grande esperienza come Rita Pili, già al Relais San Maurizio in Piemonte. Direttore del progetto food & beverage è invece il giovanissimo chef Martin Lazarov, classe 1995, il quale è circondato a sua volta da un nugolo di ragazzi nati negli anni Novanta, come il maître e sommelier Benito Scatà, con un passato di prestigio che l’ha visto anche al Duomo di Ciccio Sultano per un paio d’anni: “Ho frequentato il liceo scientifico bilingue, la vocazione per le lingue mi ha portato al turismo e all’accoglienza, ma ricordo di essermene definitivamente innamorato un capodanno di tanto tempo fa, facendo servizio e iniziando poi a girare tra poi realtà molto diverse tra loro dalla più semplice al fine dining di alto livello. E oggi siamo qui con Martin e più di quaranta collaboratori, incluso Lorenzo Breda, classe 96, assistant maître, veneto, studi a Pollenzo e con un futuro brillante davanti a sé”.
Quel che accomuna tutte queste persone, al di là della grande professionalità, sono il sorriso sincero e l’amore per un mestiere difficile, ma comunque pieno di soddisfazioni come il loro. Ecco perché qui al San Corrado si percepisce un’atmosfera che completa il lusso del luogo con quello dello star bene. Poi c’è lo stesso sentimento d’amore, quello verso la cucina, che Martin Lazarov prova fin da piccolo: “È così da sempre, da quando stavo con mamma in cucina: su quella che sarebbe stata la scuola da frequentare, non avevo dubbi e non ho mai avuto nessun cedimento, perché è una cosa che sento mia”.
Lo chef
La dedizione per il lavoro è forte lo porta a muoversi in contesti piuttosto differenti tra loro: su tutti spicca l’esperienza da chef privato:” Mi è capitato di andare in case prestigiose, come quella dello stilista Valentino, responsabilizzandomi con famiglie importanti, sempre senza grandi squadre. Per me è stato un grande privilegio: ho avuto a che fare con grandi personaggi che in fondo vogliono assaggiare cose tipiche, pure, senza stravolgimenti. Ci si arriva con il passaparola: tanti anni fa ero il secondo chef in un ristorante a Fossano e mi è arrivata la proposta della famiglia Garavoglia del Gruppo Campari. Non è semplice ma allo stesso tempo, se uno vuole fare grande ristorazione non deve perdersi queste esperienze. È un mondo molto attraente, con un grande valore aggiunto: devi saper fare tutto, dall’uovo alla benedict alla pasta con le vongole e avere lo stesso ‘ospite’ sempre, a colazione, pranzo e cena. Non hai la possibilità di dire no, non hai mesi per viaggiare, né puoi approcciarti ad altre cucine, a differenza di qui che siamo in un’associazione come Relais et Chateaux e nei periodi di chiusura possiamo spostarci ovunque: ci sono persone che andranno a New York, a Parigi, in Perù…”
Al Principe di Belludia, ristorante gastronomico con legittime e ben fondate ambizioni della struttura, Martin si esprime con una cucina che vuol essere molto personale e allo stesso tempo è declinata al plurale, perché lui crede profondamente nel valore della squadra, incluso il personale di sala, non concependo una divisione che troppo spesso crea disarmonie: “Qui vorremmo essere noi, a riuscire. La cucina richiede molto studio e io sono fondamentalmente tecnico, perfezionista. Ho bisogno di trasmettere qualcosa di mio e dei ragazzi. Quindi tutto è espresso, non ci sono cotture in sottovuoto. Anche gli amuse bouche vengono finiti al momento.”
Ed è saggio, Martin perché, quando gli si chiede quali siano gli obbiettivi più importanti, afferma che prima di tutto vengono la soddisfazione dell’ospite e che “i ragazzi siano soddisfatti, felici, che vedano un futuro in quello che fanno, un percorso da seguire. Una delle cose più belle per me è percepire un clima sereno in cui tutti sono concentrati e guardano dalla stessa parte, non perché è un mio obiettivo ma perché ci credono e ci tengono. Sappiamo che quella del cuoco è una figura particolarmente stressata: io ho vissuto anche in cucine dove si viveva male, avevi paura di parlare e di esprimerti. Dal momento in cui noi abbiamo l’opportunità di creare una cucina diversa, perché non farlo?”.
I piatti
Se la cantina, a cura di Scatà, è già sulle trecentocinquanta etichette e sta crescendo, anche la cucina è una di quelle che già ora si presentano solide e in prospettiva è destinata a farsi conoscere ad alti livelli. Abbiamo assaggiato il menu a mano libera, divertendoci parecchio. A partire dagli amuse bouche, non scontati. E quindi ecco un crostaceo cotto alla perfezione, l’astice blu, plancton marino e beurre blanc: viene preparato in un court-bouillon con zenzero e basilico e servito con alga Kombu. Alla base del piatto il plancton marino; il dressing avviene in sala con del beurre blanc.
Se è golosissimo il blue lobster bao, sono davvero notevoli anche gli Agnolotti del plin, maialino nero dei Nebrodi, Ragusano DOP e tartufo nero ibleo: la pasta è naturalmente fatta in casa. 33 tuorli d’uovo vengono lavorati con burro al tartufo e jus di vitello, alla base del piatto la spuma al formaggio e sopra il tartufo. Spaghettoni, peperone, caviale e gambero rosso di Mazara del Vallo: gli spaghetti sono mantecati in estrazione di peperone, burro di peperone e crema di aglio nero; infine l’aggiunta di caviale Oscietra e una brunoise dello stesso crostaceo.
Molto interessanti nella loro spinta vegetale le Trottole di Gragnano IGP del Pastificio dei Campi, mantecate con burro al peperone, con jus di verdure ed estrazione di spinaci e sedano rapa. Perfetta l’esecuzione del succulento Piccione, ostrica Gillardeau e pak choi: il petto del volatile viene cotto espresso a bassa temperatura in infusione di latte, panna e pepe nero e poi glassato con il suo succo. Il pak-choi viene saltato con una vinaigrette in stile giapponese con salsa di soia, olio e aceto tosazu. La coscia viene disossata, riempita con i fegatini. Impanata e fritta, è accompagnata da una maionese d’ostrica montata à la volée.
Dulcis in fundo arriva Agrume, cocco e capperi, piccolo capolavoro di tecnica pasticciera con alla base dulce de leche di cocco, biscuit alla vaniglia, agrumi pelati a vivo, cedro marinato nel Pernod, capperi di Salina pralinati, foglie di cappero, spuma al melograno, gelato al sesamo nero e cialda croccante d’arancia. E a proposito di tecnica, è impeccabile anche il soufflé. Classico, alla vaniglia, per bilanciarne la temperatura viene completato con gelato al Grand Marnier. È accompagnato con una millefoglie di pasta sfoglia alternata con crema chantilly al limone, carpaccio di fragole caramellate con sciroppo d’acero e aceto di riso, con un dressing leggero di riduzione al balsamico. Di questi ragazzi sentiremo parlare.
Indirizzo
Il San Corrado- Principe di Belludia