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Terry Giacomello in ottima forma: al Nin la cucina ipertecnica che diverte l’ospite

di:
Marco Colognese
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copertina terry giacomello

Il ritorno del più ‘catalano’ tra i cuochi italiani: per Terry Giacomello la tecnica è al servizio del gusto, come dimostra il menu degustazione di Nin. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la genesi creativa dei suoi piatti, a iniziare da un’amuse bouche molto particolare.

C’è voluto un po’ di tempo, per ritrovare Terry Giacomello ai fornelli. Non che avesse mai smesso di cucinare e creare nuovi piatti, ma la sua assenza da un ristorante come chef dopo l’Inkiostro di Parma si era fatta sentire. Finalmente l’abbiamo ritrovato, più in forma che mai e con quel sorriso che non lo abbandona, in una nuova sede. Il luogo è Brenzone, sul lago di Garda, si trova all’interno del Belfiore Park Hotel e si chiama Nin.

terry giacomello ristorante nin
 
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E nin, nel dialetto dello chef che è originario di Montereale Valcellina nel pordenonese, significa bambino. È proprio uno spirito fanciullesco quel che anima la cucina insieme ipertecnica e giocosa di Terry Giacomello, il quale si diverte a far divertire i suoi ospiti. Figlio di un cuoco che tenta di dissuaderlo senza successo dall’intraprendere la sua stessa carriera, si innamora della cucina giovanissimo e frequenta l’alberghiero a Longarone.

TerryGiacomello
 
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Fa la tipica trafila delle stagioni, cucina a fianco dello zio, cuoco anche lui, in alcuni alberghi e poi ventenne inizia a muoversi e vede cucine di ogni genere, al Rosalpina con Niederkofler e a Venezia al Met con Fasolato in Italia; poi con i grandi di Spagna, da Andoni Luis Aduriz al Mugaritz e da Ferran Adrià a El Bulli (Terry è noto come il più catalano degli italiani), ma non mancano tra le sue tappe il Noma, il D.O.M di Alex Atala, Marc Veyrat e Michel Bras. Un percorso professionale notevole, per un cuoco che passati i cinquant’anni ha l’energia di un trentenne in ascesa e un’identità gastronomica forte e del tutto personale, con un’esaltante ricerca di originalità che gli fa dire: “La cucina dev’essere tua, non devi essere identificato come figlio di nessuno. Se copio non sono io”. Terry non propone una cucina tradizionale, perché è convinto che sia necessario divertire ed emozionare mettendosi sempre in discussione e rinnovandosi.

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Pasta in bianco

Tutto questo, naturalmente, provando e riprovando ma sempre con uno spirito che è anche gioco: “Mi diverto, sono come un bambino che gioca, prova e riprova e butta via fino a quando non trova quello che vuole. È che la creatività a volte è anche sofferenza, perché cercare qualcosa di nuovo non è assolutamente facile. Ci vuole tanto sacrificio, serve pazienza.” Nei suoi piatti si ritrovano aspetti che non possono non andare di pari passo in una grande cucina: sono infatti una sintesi perfetta di tecnica e gusto, non senza un’attenzione per i dettagli estetici anch’essa maniacale.  Come lui stesso afferma: “Non ha senso lavorarci tanto, se poi il gusto non c’è”.

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Ravioli d’alga con pâté di carciofo, aceto di riso, Floregano Koppert Cress e pomodoro d’albero

Giacomello fa foraging da prima che il termine fosse inventato ed è anche molto attento alla sostenibilità, soprattutto sul fronte della riduzione a zero degli sprechi. Allo stesso modo è alla ricerca continua di ingredienti nuovi che ne possano stimolare la leggendaria creatività. In relazione alla raccolta di piante alimurgiche, va detto che praticare il foraging nel modo corretto non è scontato e può causare danni all’ecosistema: ecco perché si tratta di una strada da seguire con coscienza e conoscenza. Allo stesso modo, esistono aziende che lavorano in modo etico e consentono di reperire ciò che un’attività di foraging dissennata non consentirebbe: un mondo non esclude quindi per forza l’altro. Con il suo storico sous chef Mirko Pacifico e una squadra di giovani molto motivati, da Nin Terry si muove a livelli molto alti. Nulla è casuale, nei due percorsi degustazione, a partire dagli amuse bouche, che giocano un ruolo fondamentale.

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L'amuse bouche di Terry Giacomello

A proposito di aziende in linea con una filosofia di cucina etica, in grado di produrre nel rispetto della Natura e della sostenibilità ambientale e sociale, Terry ha scelto di usare per uno di questi le Aikiba Leaves di Koppert Cress, originarie dell’Oceania e note anche come "dita di dama", "spinaci della giungla" o "gombo". Il nome scientifico è Abelmoschus e queste foglie sono molto ricche di proteine, di vitamine A e C, oltre a costituire un’ottima fonte di integrazione per una dieta vegetariana o vegana.

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akiba
 

Ci racconta lo chef: Ho usato il ‘rametto’ di Aikiba per la sua forma accattivante e per il suo sapore succoso e agrodolce, pensando di realizzare un’entrée servita nel ghiaccio in un piccolo contenitore di legno, con l’idea di una piccola insalata. La ricopro con tosatzu, un aceto di riso affumicato, una miscela di triphala e guarnisco con foglie insolite di tè, melissa, tagete, trifoglio rosso, fiore di erba cipollina, papalo e amaranto rosso.”

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E se l’inizio è questo, immaginate come si può proseguire...

*Inspired by Koppert Cress

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