Vicky Sevilla, la più giovane cuoca stellata di Spagna, racconta i suoi esordi in cucina fra turni interminabili e occupazioni faticose. Da addetta alla cella frigorifera a top chef: una carriera lampo.
La notizia
Una carriera iniziata inaspettatamente quando a soli 17 anni si trasferì dalla sua città natale, Quart de les Valls, a Formentera per capire cosa fare della sua vita. Le idee di Vicky Sevilla allora non erano per nulla chiare e, soprattutto, estremamente lontane dalla ristorazione.“Non avevo mai pensato di entrare in una cucina, quindi non sapevo stare ai fornelli. Non conoscevo Ferran Adrià. Non ero capace di preparare nemmeno un uovo al tegamino”, racconta oggi. Costretta a fare di necessità virtù per mantenersi sull’isola delle Baleari, la giovane Vicky trovò un lavoro come assistente cuoca.
“È stato davvero un inferno. Centinaia di posate al giorno da lavare e un capo che mi urlava continuamente contro facendomi stare male, ma devo ammettere che ho iniziato a studiare grazie a lui. Non volevo che nessun altro si permettesse di dirmi che non sapevo fare qualcosa. Dopo cinque mesi, sono passata da assistente a responsabile dello stoccaggio in cella frigorifera. Erano tutti molto severi con me, stavo in un frigorifero a -40 gradi tutto il giorno”, continua.
Una severità che, però, l’ha spronata a migliorare e a fare numerose esperienze, tra cui quella decisiva al fianco di Begona Rodrigo a La Salita di Valencia. Esperienze dure, che hanno portato Vicky a diventare la chef stellata più giovane di Spagna e ad aprire nel 2017 Arrels, un ristorante tutto suo a Sagunto. Se le si chiede come si comporta con la sua brigata, Vicky ha le idee ben chiare: “Non mi passa mai per la testa di essere dura con il mio team come lo sono stati con me. Esigo dai miei ragazzi esattamente quello che faccio io: voglio che si diano da fare, senza soccombere sotto la mole di incarichi.
Svolgiamo un lavoro duro, iniziamo presto e finiamo tardi e abbiamo mille cose a cui pensare in un lasso di tempo limitato, perché non prepariamo nulla che non debba essere mangiato in uno o al massimo due giorni. D’altro canto, è anche una professione che ti dona molte soddisfazioni”, confida.
Fonte: esquire.com
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Foto di copertina: Miguel Cinteros