Incoronata migliore cuoca del mondo nel 2022 da The World’s 50 Best Restaurants, Leonor Espinosa del ristorante Leo a Bogotà ha aperto la strada al revival delle tradizioni colombiane. Ma la gastronomia del paese è sotto scacco per la crisi economica.
La notizia
Leonor Espinosa, prima cuoca del mondo nel 2022 secondo The World’s 50 Best Restaurants, è innamorata della Colombia e della sua “cucina di ecosistemi”. “Quando ho iniziato a viaggiare, mi sono resa conto che si vive veramente di ciò che produce la terra, secondo il clima e l’ecosistema. Se vai sul Pacifico, si cibano di mangrovia, fiume, mare. Nella savana, nella zona degli allevamenti, regnano i latticini e sono il fondamento dell’alimentazione, come la famosa zuppa di formaggio di Sucre, Cordoba e Bolivar. La Colombia ha moltissimi ecosistemi, siamo i secondi al mondo. Per questo, come diceva il ricercatore Julian Estrada, siamo il paese delle mille cucine”.

A introdurla ai fornelli è stata sua nonna Elvia Hernandez, che resta un punto di riferimento fondamentale. “Non era una cuoca, ma comandava in cucina. Era una matrona. Aveva un seguito di aiutanti con un obiettivo: la sua casa offriva conforto a chi passava affamato e forniva anche cibo alle massaie che ne erano sprovviste per la povertà a Sincé. È la vera terra del realismo magico”. In quell’etica si radica il suo impegno per la salvaguardia delle tradizioni e per la sostenibilità, esercitato attraverso la fondazione FUNLEO.


“La mia infanzia sa di ricette fatte sulla stufa a legna. C’era sempre questo riso bianco, qualcosa che non posso dimenticare, gli umidi di anatra, pollo, la manioca. Prima di aprire Leo, cercavo di includere ricette tradizionali nei ristoranti dove lavoravo, ma la moda allora era la cucina asiatica e il cliente colombiano segue le tendenze. Da Leo però ho sviluppato un concetto culinario radicato nelle tradizioni, impreziosendole senza snaturarle. In America Latina hanno capito che ciò che è locale funziona e genera identità. Ma restiamo un paese in sviluppo, come le nostre menti. È più facile gridare al furto di ricette, piuttosto che capire il lavoro di cuochi come me”.

Nonostante il successo, anche la Espinosa è stata vittima della crisi pandemica, che l’ha costretta a chiudere il suo secondo ristorante Misia, consacrato alla cucina tradizionale, a causa dei costi troppo elevati. “Leo è una destinazione gastronomica che vive di un altro pubblico, ma non posso fare finta di niente. Ci sono tanti locali che vanno avanti con i clienti del posto. Le uscite al ristorante sono la prima spesa che viene tagliata e questo si riflette nei bilanci. Leo non è un ristorante accessibile, mi piacerebbe che lo fosse, ma rientra nella categoria del lusso. Non significa che io faccia soldi a palate. Compro prodotti locali, supporto i pescatori affinché mi forniscano i migliori prodotti, formo la mia squadra in modo che parli inglese, pago buoni salari. Siamo sessanta persone, ma a chi governa non importa”.

Fonte: Semana
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