Maria José Martinez è la chef del miele, ingrediente feticcio che arrotonda tutti i suoi piatti. Rappresenta anche l’emblema dell’impegno per la sostenibilità, che porta avanti in cucina e come divulgatrice dell’apicultura urbana. I prodotti di lusso? Per lei non hanno senso: “Mettere l’oro su una bistecca è follia”.
L'opinione
C’è Salt Bae che mette la sua foglia d’oro su una bistecca super esclusiva (per poi fare sconti del 30% agli studenti, suscitando polemiche sul web). E poi c’è Maria José Martinez, che preferisce impreziosire i suoi piatti con un altro oro, altrettanto brillante ma liquido e pieno di gusto: il miele. Nel ristorante Lienzo, una stella Michelin a Valencia, dove lavora col marito Juanjo Soria, rappresenta il filo conduttore del menu. “Il miele e le api mi hanno sempre resa felice. E ho potuto trasmetterlo in cucina, ciò che amo di più. Cucino ricordi”.Fin da piccola Maria José ne era golosissima; gli alveari erano una presenza familiare a Alhama de Murcia, nei cui pressi una scena di raccolta è raffigurata perfino nelle pitture rupestri, e lei suggeva il loro nettare come caramelle. Ma ben presto, captando i discorsi dei grandi, è diventata consapevole dei gravi pericoli che incombevano sulle api e quindi su tutta la natura. Il suo impegno lo ha sviluppato come divulgatrice e ai fornelli, inizialmente nei dolci, poi anche nel salato.
“Tutto è iniziato nel 2015, con il progetto messo in marcia dall’Osservatorio dell’Albero di Valencia per aiutare i pompieri ad allontanare gli sciami da determinati siti e creare un alveare municipale. Attualmente ne esistono 24 in diversi punti della città, un processo che bisogna sostenere, favorendo il ritorno all’apicultura urbana. In Francia e nel Regno Unito è qualcosa di normale. Oggi tutti infastidisce e impaurisce. Anche noi siamo un problema. Ma abbiamo bisogno delle api per l’impollinazione e per il contributo alla biodiversità, che ci consentono di vivere. L’apicultura è transumanza, aiuta a misurare la contaminazione dell’ambiente. Se nelle città ci fossero più api, saremmo più felici. Non sono mai state così necessarie”.
Gli ingredienti del menu sono tutti artigianali e di prossimità, ma il miele resta l’emblema della sostenibilità, in buona compagnia di propoli, cera e polline. “Voglio che quello che faccio serva a qualcosa, che l’ospite esca dal ristorante con un messaggio e si ricordi di me. Non sono nessuno, ma mi piace sensibilizzare sui temi in cui credo”. Oggi gli apicultori nelle campagne spagnole sono 35.300: troppo pochi e privi della giusta gratificazione per un lavoro fondamentale. Un barattolo, spiega la cuoca, non può essere venduto a meno di 10 euro, a causa dei costi per il trattamento degli alveari e per la pulizia della cera; inoltre mancano tutele, per esempio è possibile commercializzare come spagnolo un miele che per il 50% ha provenienza ignota. Una visione agli antipodi della gastronomia glamour.
“Rifuggo dal concetto di mettere una patina d’oro sul piatto. È molto elitista e non mi interessa. Che senso può avere placcare una bistecca? O gettare il sale in modo coreografico in tavola? Stiamo snaturando la gastronomia. Con prodotti quotidiani e di prossimità si può fare molto, l’importante è non rovinarli”.
Fonte: El Pais
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Foto della carne in copertina: @212 steakhouse Manhattan